Gaetano Altieri, della Uilm Avellino

«Non ha senso fermare un’opera in corso di realizzazione, come la Lioni-Grottaminarda. Quello sì che sarebbe uno spreco. Se si vuole creare sviluppo servono infrastrutture. L’Iia può diventare il fulcro del sistema produttivo dell’area, ma fino ad oggi non ci sono concrete novità». A parlare è il segretario provinciale della Uilm, Gaetano Altieri.

Gaetano Altieri, della Uilm Avellino

La Fca è sempre più al centro delle vertenze del lavoro. Allo stabilimento di Pomigliano d’Arco l’altro giorno si è registrato uno sciopero nel reparto stampaggio indetto dalla Fiom Cgil. Ma tra i sindacati ormai è scontro aperto. Che cosa sta succedendo?

«Di fronte alla possibilità di una riduzione delle ore di cassa integrazione, la Fiom ha deciso di indire l’agitazione. Una scelta che non abbiamo condiviso, perché secondo noi pretestuosa. La flessibilità dell’orario di lavoro, ripartito su 18 turni, finito al centro della contesa, è ormai previsto da contratto. In altre situazioni, poi, potrebbe creare nuova occupazione. Riscontriamo, dunque, un irrigidimento che soprattutto in questa fase non serve e non paga. Un atteggiamento già visto ai tempi del referendum sull’accordo di Mirafiori, la Fiom era schierata per il No, ma vinse la linea dell’intesa (il Sì raccolse il 54,7% n.d.r.)».

Non c’è il rischio che con l’eccessiva disponibilità dei sindacati all’accordo, anche nelle fabbriche con un alto livello di organizzazione dei lavoratori, vengano annullate tutte le garanzie, come di fatto è ormai successo in questi anni nel mondo del lavoro?

«No, non credo affatto. In questo caso stiamo parlando di un criterio già accettato ovunque».

Lo stabilimento della Fca a Pratola Serra

Sul rinnovo del contratto non c’è una linea unitaria. Ma che prospettive intravede?

«Siamo purtroppo arrivati a questa divisione, ma siamo fiduciosi che si giunga ad un’intesa. Il punto centrale per noi è l’innalzamento dei salari minimi, che sono rimasti fermi all’ultima contrattazione. Dobbiamo quindi verificare il piano industriale dell’azienda. Va compreso fino in fondo quale futuro si intende tracciare».

I nodi centrali restano gli investimenti che il gruppo intende effettuare e, almeno per l’Irpinia, la missione da assegnare allo stabilimento di Pratola Serra. Non è vero?

«Sì, sono le priorità assolute. Abbiamo chiesto massima attenzione ai vertici societari. Oggi quello di Pratola Serra resta uno stabilimento a regime dimezzato. Si lavora soltanto 10 giorni al mese. Ci auguriamo che il motore diesel possa mantenere le quote di mercato e conquistarne di nuove con le versioni ecologiche. Ma ciò non basta a garantire un futuro produttivo a pieno regime. Bisogna puntare sull’elettrico o sull’ibrido».

Parliamo di infrastrutture. Il blocco dei lavori per la realizzazione dell’asse Lioni-Grottaminarda ha determinato la mobilitazione dei sindaci del territorio e dei sindacati.

«Abbiamo lanciato un appello al governo per individuare delle soluzioni ed attendiamo che riprendano i lavori. Oltre 200 operai impegnati nei cantieri sono rimasti senza stipendi. Non ha senso poi fermare un’opera in corso di realizzazione. Diventerebbe l’ennesima incompiuta. Questo sì, sarebbe uno spreco di denaro pubblico. Occorre un po’ di buon senso».

Si tratta di un’opera utile allo sviluppo economico delle comunità locali. E’ d’accordo?

«Non c’è dubbio. Si trova in un’area strategica per la crescita economia e direttamente a servizio della Stazione logistica e dello snodo dell’Alta capacità. Senza infrastrutture è impensabile lo sviluppo del sistema produttivo. E’ certamente un’opera utile al territorio».

L’area industriale della Valle Ufita è uno dei tre insediamenti irpini inseriti nella Zona economica speciale.

«Su questa zona convergono una serie di strumenti che se effettivamente attivati e supportati da una strategia complessiva e da interventi mirati possono creare lavoro e nuove economie. Ma serve necessariamente una rete stradale e ferroviaria adeguata. L’intero sistema troverebbe nell’Industria Italiana Autobus di Flumeri un baricentro di grande rilievo, se la vertenza avviata darà i frutti sperati e se le promesse del governo saranno mantenute».

C’è un piano di interventi che si spinge fino al 2021. Ma cosa c’è di concreto?

«Impegni tanti, ma di concreto ancora nulla. E’ un dato di fatto che la produzione è ferma e non ci sono le condizioni per una ripresa a breve. Le linee guida sono condivisibili, ma servono investimenti per mettere in sicurezza lo stabilimento, a cominciare dal tetto dal quale piove nell’interno. E poi si attende da tanto tempo che arrivi la linea di produzione. Servono, insomma, gli impianti e i lavoratori vanno messi in condizione di lavorare. Tutti i piani di rilancio finora presentati contenevano questi stessi obiettivi, ma poi non c’è mai stato nessun risultato. Ci rendiamo conto che l’assorbimento degli operai non potrà che essere graduale, ma oggi siamo di fronte ad una scatola vuota». (Leggi l’articolo)

Resta poi la questione societaria. Si attende un nuovo investitore.

«Manca ancora il quarto socio, che assumerà un ruolo strategico. Non appena possibile verificheremo l’affidabilità della compagine societaria. Questa fabbrica ha grandi potenzialità, ma la vertenza è tutt’altro che risolta. Non si comprendono, quindi, i toni trionfalistici di Maraia. Sono del tutto infondati. Il problema potrà considerarsi risolto nel momento in cui si ricomincerà a lavorare».


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