“Nina” Vico Storto Concordia 10, di Adelia Battista. Letture

La scrittrice descrive in questo bellissimo libro, pubblicato dalla casa editrice Dante e Descartes di Napoli un mondo fatto di povertà, in cui l’ingiustizia la fa da padrona e costringe alcuni ragazzi, pur dotati di voglia di studiare, a rinunciare ad andare a scuola, per poter aiutare la famiglia

Nina Vico Storto Concordia 10, di Adelia Battista. Una vicenda che ritorna dal passato e illumina con la sua luce densa di malinconia, ma anche di desiderio di rinascita la nostra realtà, in cui ci dibattiamo alla ricerca di un punto fermo, da cui ripartire per dare un’altra possibilità alla nostra esistenza. E’ proprio questa la speranza, anche se inconsapevole, della piccola Nina, il cui canto per lei diventa un inno alla vita, il momento in cui “la gioia e la tristezza sono gemelle”. La scrittrice descrive in questo bellissimo libro, pubblicato dalla casa editrice Dante e Descartes di Napoli, con un linguaggio intenso, un mondo fatto di povertà, in cui l’ingiustizia la fa da padrona e costringe alcuni ragazzi, pur dotati di voglia di studiare, a rinunciare ad andare a scuola, per poter aiutare la famiglia. E’ una realtà, in cui i valori hanno un’importanza fondamentale e non vengono mai dimenticati, nonostante le difficoltà incontrate nelle curve pericolose dell’esistenza.

Nina Vico Storto Concordia 10, di Adelia Battista

Il personaggio di Rosa, reca in sé l’immagine di un abbraccio del cuore: alla morte di sua figlia Carmela, chiede l’affido dei nipoti, ma ha difficoltà con i vari documenti e la burocrazia e si affida a Giovanni, che conosce sin da quando era un bambino e si occupava di lui nei momenti in cui sua madre andava a lavorare. Egli aveva avuto la possibilità di studiare ed era diventato un avvocato: ha serbato per lei sempre una profonda gratitudine e Rosa non si vergogna di confessargli che non sa leggere. Giovanni  si sente il cuore colmo di felicità, alla decisione del giudice di affidare a Rosa la custodia delle sue nipoti, che è stata “un miracolo in così breve tempo”. Struggente è la descrizione dell’uscita di Nina e Teresa dall’orfanotrofio per essere affidate alla nonna materna: la vita delle due bambine  era stata piena di sofferenza e di violenza da parte del padre, abbruttito dall’alcol e che alla fine era stato rinchiuso in carcere. L’unica luce nella loro vita era stata Rosa che si erta sempre occupata di loro . L’incontro con la nonna è pieno di affetto: lei ha portato in regalo per i bambini orfani dell’istituto le zeppole che aveva preparato, perché nel suo grande cuore vi era posto per tutti, soprattutto per chi ne aveva maggiormente bisogno e la sua generosità si esprimeva in piccoli gesti che avevano un valore autentico. i due bambini più piccoli, Vincenzo e Pasqualino, sarebbero stati adottati da un’altra famiglia e lei è rassegnata a questa separazione, anche se avvertirà sempre dentro di sé il dolore di “non sentire più le loro voci”: nessuno prima di allora aveva separato i quattro bambini o le  “creature” come le chiamava con maggiore tenerezza. Affettuosa è l’accoglienza delle due bambine da parte della gente del vicolo, espressione del valore della condivisione, in una condizione di miseria unita ad un grande segno di dignità. Le bambine sono molto diverse tra loro. Nina è più timida, non parla volentieri e si dedica a creare bambole di pezza, tuttavia ha sempre un peso sul cuore, quando pensa a sua madre, che era solita recarsi a messa la domenica e per lei era un modo per sentirsi e in pace e in un certo senso protetta dalla cattiveria del marito. Carmela era rimasta sola, aveva rotto i rapporti con la sua famiglia di origine a causa di lui e faceva enormi sacrifici, ma soprattutto proteggeva i figli dalla violenza inaudita del padre, che li maltrattava continuamente. Carmela era costretta dal marito ad uscire per strada anche sotto la pioggia per chiedere l’elemosina, non riusciva a reagire, perché era terrorizzata dal suo sguardo maligno e dall’ansia per i suoi figli. Le continue privazioni la indeboliscono e la fanno ammalare, viene ricoverata per una polmonite che non le darà scampo. Alla morte della madre, Teresa si era presa cura dei fratelli e Nina era molto legata alla nonna materna che si era sempre sacrificata per loro. Il triste destino di Carmela segue le tracce di quello di sua madre Rosa, che era sempre stata trattata male da tutti, ma con impegno e determinazione aveva ottenuto un lavoro da lavandaia ed aveva potuto rendersi in qualche modo indipendente e contribuire alla famiglia:  con i suoi risparmi si era anche occupata del corredo delle sorelle. La sua fermezza, anche in mezzo alla miseria, l’aveva resa più forte: avrebbe potuto “perdersi”, ma aveva scelto coraggiosamente di non avere a che fare con persone senza scrupoli. Rosa si sente protettiva nei confronti delle sue nipoti e il timore per il loro futuro, la preoccupa e quando Teresa e Nina cominciano a diventare più grandi e potrebbero divenire preda di persone malvagie, lei dice alle ragazze di comportarsi bene altrimenti “pare brutto”. Il fascino del lusso delle case in cui portavano la biancheria lavata e stirata fa sognare loro una realtà diversa, ma lo sguardo attento della nonna le guida verso un futuro, in cui ognuna riesce ad esprimere le proprie passioni: Teresa sa ricamare, Nina sa cantare e si accontentano di ciò che hanno. Alla fine vi è un momento in cui Nina è in pericolo: è scappata di casa e vaga di notte, finchè viene fermata dalla polizia e portata in questura. Pregnanti sono le sue parole, quando, al momento della firma, Nina scrive il cognome della madre e, all’osservazione del brigadiere che le fa notare che il suo cognome era diverso, lei dice :”Na vota era Bottone”, una breve frase in cui è racchiuso tutto il disprezzo verso suo padre.

Ilde Rampino


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