Basso: allarme Pnrr, siamo già in ritardo con i progetti

Intervista all'imprenditore appena rientrato da New York dove ha promosso il brand dell'Irpinia. «Imprese locali in salute, ma per crescere l'economia della provincia di Avellino ha bisogno di investimenti in servizi e infrastrutture»

Con il presidente Sabino Basso, proprio in questi giorni rientrato da un viaggio negli Usa per promuovere il brand Irpinia, parliamo dello stato di salute dell’economia locale in questa fase post-Covid, e sulle strategie da mettere in campo per ripartire. Un’intervista che assume un doppio valore, visti i successi delle aziende che fanno capo a Basso, e vista la sua nomina alla guida della Fondazione Sistema Irpinia.

Sabino Basso, amministratore della “Basso Fedele & Figli”

Partiamo dall’analisi del momento attuale. In che stato di salute si trovano le aziende irpine dopo due anni di pandemia e dopo lo scoppio della guerra in Ucraina?
“Devo dire la verità: le aziende della provincia di Avellino godono nonostante tutto di buona salute. Hanno reagito bene al biennio 2020-2022. Qualche azienda è stata sostenuta dagli aiuti di Stato, qualcun’altra ha trovato al proprio interno le risorse per resistere, ma, in generale, penso che non stiamo messi poi così male. Certo, in questi ultimi anni sono lievitati tutti i costi di gestione, non ultimi quelli dell’energia e dei trasporti, ma parallelamente anche il fatturato è cresciuto. Il costo dell’energia sicuramente ha avuto, e sta avendo un  un impatto molto pesante, ma credo che il Sistema Irpinia stia reagendo bene”.

Per esempio Lei come ha dovuto riorganizzare le aziende del gruppo Basso per affrontare la crisi? E su quali direttive le sta indirizzando adesso?
“Rispondo per le mie aziende, ma non solo: un po’ tutti siamo sempre in costante evoluzione. Sia noi che gli altri ci siamo trovati di fronte alla necessità di dover adottare un continuo adeguamento, al di là della crisi strutturale. In ogni caso, se vogliamo riferirci solo agli ultimi anni, al Covid e alla guerra, devo dire che non siamo stati costretti a fare grandi cambiamenti al nostro interno: come tutti ci siamo organizzati per rispondere al meglio all’emergenza del momento e ora stiamo continuando per la nostra strada”.

L’impatto della crisi è imputabile anche al governo? Per esempio poteva essere gestita meglio la tegola del caro-energia?

“Ma no, non dipende dal governo. E’ inutile nascondersi dietro a un dito e fare finta di non vedere: in questo caso è inutile fare finta di non sapere che in queste cose il vero peso preponderante è quello da sempre esercitato dalla grande finanza. E contro di loro c’è poco da fare”.

Più in generale, quali strumenti ha a disposizione l’Irpinia per rilanciare la propria economia? Su quali settori puntare principalmente? 
“Il settore principale per l’Irpinia credo che resti ancora quello industriale. E ci sono settori che secondo me potrebbero incidere positivamente sull’economia locale: credo che si debba puntare ad un’innovazione in agricoltura, e sul turismo. Si tratta di settori, e mi riferisco in particolare al turismo, che attualmente possiamo dire siano molto poco sviluppati, prossimi allo zero. Sono quindi questi gli asset da valorizzare e che potrebbero dare risposte positive e margini di miglioramento. Al contrario, l’unico settore che forse è uscito più penalizzato da questa fase è il commercio: con il boom delle vendite online ha avuto una pesante batosta, e per di più credo che si sia ormai innestato un processo irreversibile”.

Quanto e come si deve investire sulla formazione dei giovani?
“Tantissmo. A paroitre dagli Its dopo il diploma. E’ un’attività fondamentale per far riflettere i giovani sulle proprie abilità e sulle proprie inclinazioni. E’ la strada maestra per guardare al futuro e per garantire un rilancio del tessuto economico. Gli Its sono vitali. Più ce ne sono e meglio è. E chi li frequenta poi trova un lavoro”.

Come si concretizza l’impegno della Fondazione Sistema Irpinia? Cosa ha fatto in passato e quali strategie può mettere ora in campo, con quali priorità?
“Questa Fondazione è stata una grande intuizione dell’ex presidente della Provincia Biancardi. Ha realizzato un’operazione di grande mportantza per il nostro territorio. Ora c’è il presidente Buonopane, che vuole rilanciare la Fondazione: purtroppo era nata proprio in un momento sfortunato, proprio in concomitanza con l’esplosione del Covid. E inoltre, a dicembre scorso, ha dovuto scontare anche la triste scomparsa della presidente De Matteis. Ora, finito il Covid, stiamo ripartendo praticamente da zero. In questa fase ci stiamo occupendo di strutturare la Fondazione, poi potremo metterci al lavoro con le idee giuste per farla andare a regime. La nostra princpiale occupazione sarà quella di dare voce al territorio e alle sue eccellenze. Dobbiamo ‘comunicare il territorio’. Il nostro obiettivo sarà quello di attirare turismo in Irpinia e di far rimanere queste persone da noi più tempo possibile e portandole in più luoghi possibili, mettendo a loro disposizione una vasta gamma di eventi, appuntamenti, territori ed eccellenze. E di eccellenze ne abbiamo parecchie, dal vino all’acqua ai tartufi. Queste unicità devono fare da motore attrattore, aggiungendosi ai ‘Cammini’ che già ci sono, come le Via Fancigena, e al turismo religioso. Bisogna mettere a sistema tutte queste risorse”.

Il Pnrr: sarà in grado di produrre effetti positivi sul tessuto economico della nostra provincia? In quale direzione vanno i progetti che si stanno presentati? Quale Irpinia si sta disegnando? Si tratta di progetti sulla tutela dell’ambiente? Sul trattamento dei rifiuti? Sulle nuove tecnologie digitali?
“Se il Pnrr avrà effetti positivi sul nostro territorio dipenderà dalle istituzioni. Dipende soprattutto dalla velocità che ci stanno mettendo a presentare questi progetti e dalla visione in base alla quale si stanno muovendo. Ricadute positive non si avranno certo se si limitano a portare avanti progettini sul rifacimento dei marciapiedi o per la realizzazione di rotonde o piazze. Non ho idea di quali tipi di progetti siano stati presentati fino ad oggi e quindi non posso prevedere in quale direzione andrà questo sviluppo, ma credo che al momento il primo obiettivo è quello di sbrigarsi: secondo me siamo già in ritardo”.

Come giudica le prime mosse del governo Meloni?
“Ottime. Sta mettendo in campo tutte cose interessanti. Credo che in questo momento bisogna evitare le critiche e le strumentalizzazioni, perché ritengo che non servono a nessuno”.

Stesso discorso per il superbonus? 
“Questa misura ha avuto il merito di aver fatto sviluppare l’economia edilzia, ma la percentuale del 110% non sta né in cielo né in terra. Sarebbe stata molto più giusta e adeguata una percentuale del 70-75 per cento. Spararla così in alto, al 110 per cento, è stato senza dubbio un grande benificio per le banche, che hanno fatto utili del 20 per cento e oltre”.

Quale collaborazione virtuosa si dovrebbe attivare con i nostri rappresentanti istituzionali, a livello nazionale e locale? Cosa chiedere e cosa aspettarsi?
“Noi di solito siamo abituati a puntare il dito verso la politica, verso lo Stato… però non ci chiediamo mai cosa facciamo noi per lo Stato. Lo so che sembra un discorso generico, ma va inteso come modello di comportamento. Chiaramente noi dobbiamo fare qualcosa per lo Stato e lo Stato deve fare qualcosa per i cittadini. Bisogna ricalibrare questa abitudine per me sbagliata”.

Quali segnali coglie dalle nuove generazioni che stanno prendendo le redini delle più importanti aziende irpine? Hanno reagito bene alla crisi? 
“Non ho dubbi sul fatto che le nuove generazioni saranno meglio delle vecchie. Probabilmente hanno meno ‘fame’ di chi le ha precedute, perché sono nate e cresciute in un contesto economico più agiato, ma che ben vengano le nuove generazioni. Vanno incoraggiate e spronate a fare sempre meglio”.


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