Ettore Scola, cinque anni fa l’addio al maestro gentiluomo

Il 19 gennaio 2016 è morto a Roma il regista che ha catturato sulla pellicola l'essenza della società italiana novecentesca, cogliendola nelle sue pieghe e contraddittorie sfaccettature

Con la morte di Ettore Scola, il 19 gennaio di cinque anni fa, l’Italia non ha perso solo uno dei suoi grandi maestri del cinema, ma un po’ della sua capacità di osservare se stessa consapevolmente. Nelle sue opere l’Italia sapeva guardarsi allo specchio. Scola rappresentava ogni volta ciò che il Paese era diventato in quel momento, senza dimenticarne i tratti identitari, la poesia, l’umanità, l’origine.

Ettore Scola (10 maggio 1931 – 19 gennaio 2016)

Nato a Trevico il 10 maggio del 1931, Ettore Scola è morto nel 2016 dove ha vissuto per tutta la vita fin dalla prima adolescenza, nella Roma capitale di un’Italia stratificata sulla sua ultramillenaria storia ma alle prese con le strettoie della contemporanea modernità. Il suo irpino retaggio è certamente stato per lui fonte di preziosa ispirazione, sia per il percorso di uomo che di artista, . Ma nel suo racconto per immagini le atmosfere familiari rassicuranti finiscono per diluirsi nella solitudine urbana, acuita dal peso della condizione sociale. L’agiatezza non necessariamente semplifica la vita dei suoi personaggi che, benestanti o poveri, si ritrovano gravati dal fardello di un tempo che cola via.  A Roma, la sua città d’adozione, nell’Europa che lo ha amato, come nella Los Angeles, dove è stato quattro volte in corsa per un Oscar, Ettore Scola è stato un intellettuale capace di catturare sulla pellicola la società italiana del ‘900, cogliendola nelle sue pieghe e contraddittorie sfaccettature. Con Ettore Scola il 19 gennaio 2016 è scomparso un vero italiano, un uomo capace di raccontare criticamente il contesto identitario di una comunità generosa ma anche impietosa, che sa includere, quanto sa spietatamente emarginare.

CINQUE ANNI DOPO. Ancora stordita dai postumi di un Natale funestato dall’emergenza sanitaria, l’Irpinia stenta a riconoscersi in questa signorile figura di intellettuale, che come altri illustri figli di questa terra ha trovato modo di servire la Repubblica lontano da qui. Ettore Scola ha contribuito ad affermare la cultura cinematografica italiana nel mondo, portando sul grande schermo il tratto comune di una identità italiana che in definitiva non distingue tra Mezzogiorno e Settentrione, tra momenti diversi della storia, ma accomuna generazioni diverse eppure simili. L’Italia si è inchinata alla grandezza del suo sguardo, commemorandolo come un padre nobile dell’arte. Ma quanto manca oggi la sua capacità di raccontare la nostra storia contemporanea, viene da chiedersi. Chissà come risuonerebbero nell’austero appartamento di via Scipione l’Emiliano 45, nel quartiere di Prati, i palpiti di una silente Roma immobilizzata dal lockdown? E come li percepirebbe l’ormai anziano Carletto? L’erede diretto del nonno Carlo, festeggiato per i suoi ottant’anni nell’epilogo de La Famiglia ambientato nel 1986, a tavola inforcherebbe gli spaghetti con accanto un libro o uno smartphone?Oltre quelle eleganti finestre, quale Italia coglierebbe lo sguardo acuto ma talvolta indulgente del grande maestro? Cinque anni dopo, il vuoto lasciato da Ettore Scola è forse ancora più grande.


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