Enrico Borghi

Enrico Borghi: “Lo sviluppo delle aree interne priorità del Governo”. La nomina di Enrico Borghi a Consigliere per la Montagna del Ministro per gli affari regionali e per le autonomie arriva nel momento più importate per le politiche sulla montagna, le aree interne e più in generale sulla ruralità. L’esponente della Camera, interlocutore diretto del tavolo del progetto pilota dell’Alta Irpinia per la costruzione dell’Azienda Forestale, si ritrova a riprendere il lavoro di chi ha inaugurato le politiche di coesione come Fabrizio Barca, e a cedere il testimone della guida della Fondazione a Marco Bussone, già presidente dell’Uncem. Sia come delegato per le aree interne nel Governo Renzi e Gentiloni, sia come Presidente della Fondazione Montagne Italia, Borghi è stato presente nelle comunità che si misuravano con lo spopolamento e, oggi assume un incarico di Governo in una fase cruciale soprattutto nel Mezzogiorno e in Campania, ma soprattutto in Alta Irpinia dove il 2020 sarà l’anno del giudizio per queste politiche in quanto si spenderanno le risorse. Intanto la questione delle Piccole Italie, così come l’ha definita Borghi nell’intervista rilasciata a Nuova Irpinia, punta a superare la “questione meridionale” a vantaggio di quella “territoriale”, e incassa la convergenza degli indirizzi di Governo. A Vallo della Lucania infatti, appena pochi giorni fa, il Premier Conte ha promosso la Strategia nazionale per le Aree Interne da azione sperimentale a politica strutturale, per sanare le fratture territoriali del Paese.

On.le Borghi lei ha ottenuto la nomina come Consigliere per la Montagna del Ministro per gli affari regionali e per le autonomie. Quale sarà la sua funzione nella strategia politica delle aree interne?

 

“Il lavoro sulle aree montane ricomprende il tema della Snai- Strategia Nazionale per le Aree Interne-, che per competenza di impostazione è affidata al dicastero della coesione territoriale ma che per quanto concerne l’attuazione -oggi suo aspetto più delicato- coinvolge Regioni ed Enti Locali, rendendo naturale la funzione del Ministro degli Affari Regionali e Autonomie. Penso che la Federazione delle Aree Interne, ad esempio, debba essere incardinata qui per associare e coordinare tutti i livelli istituzionali coinvolti nel luogo naturale della cooperazione istituzionale”.

 

Lei ha maturato grande esperienza sugli Enti Montani, dall’Uncem alla Snai e fino alla Fondazione Montagne Italia. Qual è lo stato dell’arte sulla politica degli enti montani? E quale deve essere l’orizzonte?

 

“Penso che ci lasciamo finalmente alle spalle una stagione pessima, durata un decennio, nella quale in troppi facevano l’equazione montagna=spreco. Complice le superficialità di alcune letture e la demagogia imperante, abbiamo perso di vista il ruolo e la natura vera dei territori e dei loro enti locali, che si volevano bruciare nel sabba della Casta. Dentro questo clima, abbiamo fatto alcune riforme positive, ma inattuate dal precedente Governo (penso alla legge sui piccoli comuni, al testo unico sulle foreste, al collegato ambientale), e altre che sono superate dal nuovo contesto politico (prima fra tutti, la legge Delrio)”.

 

Quindi come se ne esce? 

“Dobbiamo ricostruire la trama dell’architettura istituzionale delle montagne, per attuare una politica organica e non occasionale. L’orizzonte non può che essere quello dello sviluppo sostenibile e della green economy, per i quali i territori montani sono grandi serbatoi”.

 

La manutenzione boschiva rappresenta uno strumento necessario alla prevenzione del dissesto idrogeologico e degli incendi

In Campania gli enti montani vivono una fase di grave criticità, caratterizzata dall’esiguità dei fondi assegnati e dalla precarietà degli idraulico- forestali. Senza trascurare una debolezza strategica nella pianificazione di governo del territorio. Lei cosa ne pensa?

 

“Penso che la Campania, grande regione del Sud, in questi anni di grande difficoltà istituzionale ed economica, abbia dato segnali positivi sulla tenuta delle istituzioni (il lavoro fatto sul rinnovo del contratto degli operai forestali ne è una dimostrazione) e sull’attuazione della Snai, con l’individuazione di quattro aree pilota nelle quali vi sono potenzialità significative. E sono certo che sarà essere la protagonista per l’intero Mezzogiorno della stagione di riforme e di politica organica che stiamo pensando e che vogliamo attuare con i territori”.

 

Le aree montane coincidono con la definizione ormai abusata di “aree interne” caratterizzate da grave spopolamento e crollo demografico. In che modo la montagna potrà trasformarsi da criticità a punto di forza? Quale programmazione prevede?

 

“Noi dobbiamo puntare decisamente ad avere nel nuovo periodo di programmazione dei Fondi di Coesione dell’Unione Europea 2021/2027, un fondo specifico che riconosca le peculiarità dei territori di montagna in attuazione dell’art. 220 del Trattato Costituzionale dell’Unione. La nuova politica di coesione europea, se vuole orientarsi sugli obiettivi della sostenibilità ambientale evocati dalla Commissione Von der Leyen, deve affiancare alle politiche di sostegno per le aree urbane e metropolitane anche una linea specifica per le aree interne, rurali e montane. Con i ministri Boccia, Provenzano e Amendola abbiamo già iniziato a lavorare nei quadro dei negoziati in corso a livello europeo, e l’Italia sosterrà con forza questa esigenza. Così potremo avere le risorse per mettere in campo azioni innovative contro lo spopolamento e il crollo demografico, incrociando le potenzialità ambientali e produttive delle montagne con la società della digitalizzazione che abbatte il gap delle distanze. Ma per farlo servono investimenti. Noi inizieremo a metterli in campo, ad iniziare dalla legge di bilancio 2020 che raddoppia i fondi per le aree interne e istituisce un capitolo per la perequazione infrastrutturale”.

 

Sulle politiche per la montagna lei è stato un avanguardista che l’ha portata a costituire addirittura una fondazione. Quale è stato lo scopo? Quali risultati ha registrato?

 

“Lo scopo era -ed è- quello di costruire gli strumenti per mettere gli amministratori locali, Sindaci in testa, in condizione di governare i processi di cambiamento che stiamo attraversando. Far crescere il potenziale umano, la conoscenza, l’innovazione, il capacity building come premessa per avere classi dirigenti adeguate e non rassegnate. Abbiamo lavorato sui “Rapporti annuali” per la montagna, e abbiamo incrociato potenzialità che in modo sussidiario ci hanno chiesto un aiuto, come in Alta Irpinia. E’ una strada che penso potrà avere ulteriore successo in futuro, e che credo debba essere perseguita per dare piena consapevolezza ai livelli di democrazia più vicini al cittadino che il loro ruolo è quello di lavorare per la crescita e lo sviluppo sostenibile”.

 

Progetto Pilota Alta Irpinia. Ciriaco De Mita ed il Presidente della Fondazione Montagne Italia, Enrico Borghi, durante la assemblea con i sindaci dell’Area Pilota a Nusco, il 22 giugno 2019

La Fondazione Montagne Italia è capofila di un partenariato pubblico- privato teso a costruire l’Azienda Forestale dell’Alta Irpinia, in seno al progetto pilota della Strategia Nazionale per le Aree Interne. Qual è il potenziale che ha intravisto nella Campania interna?

 

“Sul piano ambientale, forestale, culturale un patrimonio rilevantissimo. Se coniugato con la costruzione di efficaci e moderni meccanismi di governance, e una consapevolezza del progetto, potrà dare quei risultati che tutti ci attendiamo”.

 

Con la nomina a consigliere del Ministro, lei ha rassegnato le dimissioni dalla presidenza di Montagne Italia, per cedere il testimone a Marco Bussone. Ha suggerito indirizzi politici al nuovo presidente? Collaborerete in futuro?

 

“Le dimissioni mi sembravano doverose, visto il suo assunto. Con il presidente Bussone condividiamo l’idea che la partita del riequilibrio territoriale e del ruolo delle nostre comunità locali è arrivata al suo momento decisivo. E crediamo entrambi che la “questione territoriale” debba diventare una questione nazionale, attuando politiche in grado di garantire il diritto di opzione e la libertà di scelta di vita. Per farlo, servono luoghi nei quali riformulare le prospettive all’interno di una visione del bene comune. Per questo, sia con lui che con gli amministratori dell’Alta Irpinia (che ringrazio per la fiducia e la collaborazione di questi anni, con in testa il Presidente De Mita dal quale abbiamo sempre molto da apprendere) non solo non ci perderemo di vista, ma al contrario rafforzeremo impegno e lavoro per fare di queste “Piccole Italie” un contributo decisivo per salvare l’intera Italia dalla stagione del rancore e della decrescita”.

 


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