Crolla l’occupazione nelle costruzioni, nel 2018 persi 1200 posti (3800 dal 2008)

INTERVISTA A GIOVANNI LO RUSSO FILCA CISL DI AVELLINO: dall'aprile al settembre dello scorso anno licenziato lo stesso numero di operai edili che aveva perso il posto nei dieci anni precedenti. L'appello alle amministrazioni che verranno elette in primavera: rilanciare gli investimenti pubblici in infrastrutture e e manutenzione urbana

L’edilizia resta il settore più critico dell’economia, che attualmente paga il prezzo più alto del crollo economico originato nel 2008, e che continua ad essere vittima dei gravi ritardi accumulati dal Governo che ha bloccato le maggiori opere pubbliche, della farraginosità della burocrazia che congela i cantieri invece di sostenerli nel completamento, e della politica istituzionale che ha smesso di “prendersi cura” del patrimonio edilizio e ambientale, lasciando tutto nell’abbandono. Negli ultimi dieci anni la Cassa Edile di Avellino registra un dimezzamento dei lavoratori presenti nel settore: da 6500 agli attuali 3200. E’ fra il 2017 e il 2018 che si registra l’indebolimento maggiore, con una mannaia che si è abbattuta fra l’aprile e il settembre del 2018, con la perdita di mille e 200 lavoratori in meno. Ne parliamo con Giovanni Lo Russo, responsabile della Filca Cisl Avellino, che evidenzia le storture acclarate in città e chiede un impegno concreto e diretto della politica e dei prossimi candidati a Palazzo di Città.

Lo Russo, la condizione del comparto edile in Irpinia è in linea con l’andamento nazionale, da addebitarsi alla crisi economica del 2008. Come si è evoluta negli ultimi 10 anni?

“La crisi economica è partita dal mercato immobiliare americano nel 2004- come sappiamo- e acclarata in Italia nel 2008. Dopo 10 anni il settore non ha avuto segnali di ripresa, e le politiche interne lo hanno indebolito maggiormente”.

Cosa è successo?

“Prima della drastica riduzione dei fondi agli Enti Locali, la manutenzione e i lavori pubblici rappresentavano voci di spesa nel bilancio. Non mi riferisco soltanto agli edifici pubblici, alle strade, ma anche ai fiumi. Ricordo i lavori effettuati per mitigare il rischio idrogeologico a Quindici, San Martino Valle Caudina, Cervinara. La Regione, il Governo e i Comuni investivano nella messa in sicurezza, quindi nell’edilizia. Oggi tutto questo è venuto a mancare e si attende il crollo dei ponti, piuttosto che la prevenzione. Stesso discorso vale per le Autostrade: dei 30 viadotti presenti sulle nostre autostrade, soltanto la metà sono state manutenute”.

Anche l’imprenditoria privata pare essersi dileguata.

“Non ci sono più gli imprenditori edili; le difficoltà per costruire sono enormi a causa non solo della crisi economica, ma soprattutto per la farraginosità della burocrazia. Avellino è un esempio eclatante di questa decadenza: ci sono decine e decine di stabili di cui possiamo ammirare soltanto la struttura, che stazionano incompleti da anni, e che a causa di impedimenti burocratici e mancanza di liquidità non possono essere completati, e quindi venduti. Rispetto al passato, oggi è impensabile investire sul mattone. Così nel tempo, nessuno ha più cercato di costruire, nè di acquistare terreni per edificare”.

Avellino ha anche un’enorme ferita aperta dai cantieri delle opere pubbliche, che tengono in ostaggio l’intera trama urbana.

“Negli ultimi sei anni, le imprese prendono le concessioni, avviano le recinzioni e sono costrette a congelare l’andamento dei lavori, a causa della burocrazia, della Procura della Repubblica e del fiume per ipotesi di inquinamento. Nessuno considera invece che l’inquinamento non arriva soltanto dal traffico delle auto, o dalle polveri sottili dei cantieri, ma soprattutto dalle fonti di riscaldamento nelle abitazioni private”.

L’edilizia infatti sta dedicando ampio interesse all’efficientamento energetico delle abitazioni private.

“Anche questa politica è stata indebolita. In realtà oggi la percentuale del bonus concesso ai privati per l’efficientamento energetico consente di abbattere i costi solo del 30 per cento, e non più del 75 per cento, come accadeva per il primo anno in cui è stata introdotta questa misura”.

Anche l’edilizia popolare è ferma?

“L’Iacp- Istituto Autonomo Case Popolari- è stato assorbito da un ente regionale, e manca una reale pianificazione delle politiche abitative. In questi giorni si parla della consegna degli alloggi fra Via Morelli e Silvati e via Francesco Tedesco, che sono stati progettati almeno 20 anni fa, e che oggi di certo non risolvono la questione”.

Anche la Provincia ha tra le sue prerogative quella di dedicarsi all’edilizia.

“Se la Provincia di Avellino pianificasse la messa in sicurezza degli edifici pubblici di sua competenza con interventi di efficientamento energetico avremmo risolto molte questioni. Manca la politica della cura, della manutenzione e a tutt’oggi manca un programma concreto da parte di chi avanza le candidature per amministrare la città”.

Poi c’è il nodo della Lioni Grottaminarda, che in caso di un pronunciamento positivo in seno al Consiglio dei Ministri, passerebbe alla Regione Campania. Intanto lavoratori e imprese stanno pagando un prezzo altissimo per questa sospensione.

“C’è stata da poche ore un’assemblea con le imprese che lavorano alla Lioni- Grotta, e l’unica azienda che è ancora in vita è la Saf 3, anche se ha i conti correnti pignorati dai fornitori, che l’azienda non paga da marzo. Si ha come l’impressione che la politica tenga in ostaggio l’opera e i lavoratori, fino alla data del 26 maggio, per poi prendere una decisione. Intanto l’opera sta morendo”.

In alcuni tratti si riescono a intravedere dei presidi di operai.

“Si tratta di operai che non lavorano, ma presidiamo semplicemente il cantiere: sono stati disposti da Italiana Costruzioni, Condotte, Saf3 e Marina Costruzioni. Tutti procederanno al licenziamento e proclameranno la resa, in assenza di un committente e di un decreto”.

Questo significa che le sue aspettative sulla presa in carico del cantiere da parte della Regione campania sono tiepide?

“Se il Governo dovesse affidare la titolarità dell’opera alla Regione, saranno necessari almeno sei mesi prima che il cantiere possa ripartire, per consentire la messa in esercizio di tutti gli incartamenti burocratici. Ma nel frattempo il piccolo imprenditore sarà fallito, e si dovrà procedere a rinnovare le procedure”.

Qual è la composizione delle imprese edili in provincia di Avellino?

“In Irpinia abbiamo due o tre grandi imprese, ovvero con numero maggiore di 50 dipendenti che concorrono alle gare d’appalto nazionali; soltanto il 10% sono di medie dimensioni, ovvero con numero maggiore di 15 dipendenti e più del 50% sono tutte piccole, con 5 dipendenti. La maggior parte di queste che prendono appalti come carpenteria o movimento terra, entrano come subappaltatori, oppure fanno cooperazione e gestiscono ‘in condominio’ all’interno di un unico progetto”.

I fondi europei obbligano gli enti locali ad indire gare d’appalto, e anche l’affidamento diretto dei lavori è una pratica ormai desueta. 

“L’appalto con un importo inferiore ai 250mila euro può essere fatto in maniera diretta da un Comune, ma a causa dell’impoverimento dei bilanci, tutti i lavori pubblici vengono effettuati grazie alle progettazioni europee, che quindi sono soggette a gara. I Comuni affidano in via diretta solo i lavori di somma urgenza e di piccola entità”.


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