Gianfranco Rotondi

«E’ tempo di avviare un cantiere politico di Centro, che si contrapponga ai populismi presenti nel Paese. Ad Avellino, invece, c’è bisogno di un governo di emergenza, per arrestare il declino della Città». E’ quanto sostiene Gianfranco Rotondi, vicecapogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati e presidente nazionale della federazione della Dc.

In quale direzione sta andando il centrodestra?

«Sono uno di quelli che non parlano più di centrodestra. Prendo atto che è difficile mantenere un’alleanza tra due forze politiche, Forza Italia e Lega, che sono una all’opposizione e l’altra al governo del Paese, anche se poi sui territori collaborano, ma soltanto per conquistare assessorati. Il rapporto è oggettivamente conflittuale. In Città come Avellino, dove non si è mai governato semmai può essere più fluido. E’ evidente, quindi, che lo scenario politico italiano sia da riorganizzare».

Quali sono le prospettive di Forza Italia?

«Credo debba sviluppare una nuova intesa tra forze affini, di impronta moderata. Altrimenti la coalizione non sarebbe più di centrodestra, ma di destra con un’ancella di centro».

Alle europee si profila una lista con il simbolo del Ppe. E’ cosi?

«Lo schema è quello del Partito popolare europeo, fortemente caratterizzato sui valori dell’Europa e della moderazione, il contrario della Lega. Una lista di Forza Italia e Udc-Dc».

In uno scenario politico in forte evoluzione, quanto sarà considerata appetibile dagli italiani una simile proposta elettorale?

«L’appetibilità dipenderà dal coraggio di Berlusconi di andare avanti fino in fondo lungo questo percorso e di essere pronto a rompere con i vecchi schemi. E’ un errore tentare di distinguere tra due diversi populismi, quello di destra della Lega di Salvini e quello di “sinistra” del Movimento Cinque Stelle di Di Maio».

Berlusconi è ancora in grado di proporsi come leader di un’area politica e di conquistare i consensi degli italiani?

«E’ la migliore stagione per Berlusconi. Sta dicendo cose quanto mai sorprendenti ed appropriate. I dirigenti politici che si vedono in giro, poco più che ragazzotti, non sono in grado di stargli dietro».

In questa partita che ruolo può giocare la cultura cattolica, la componente politica della Dc?

«La Dc è un tutt’uno con questo cantiere di Centro. Una nuova aggregazione, che sia in grado contrastare l’antipolitica e ridare una speranza al Paese. Penso che via sia un ampio spazio politico di fronte a noi. Il Pd si presenta come il partito della sinistra Dc, ma non riesce ad offrire risposte al popolo delle partite Iva del Nord e ai giovani del Mezzogiorno in cerca di una prospettiva».

E’ possibile, dunque, una convergenza con le forze moderate del centrosinistra?

«Ritengo che l’elettorato di Renzi non voterà questo Pd. Ma per conquistarlo servono idee nuove. Il nostro gruppo parlamentare in questi anni si è rinnovato per il 70%, ma non è stato un elemento sufficiente a farci guadagnare consensi. Bisogna cambiare il messaggio».

E sul piano locale? Cosa si aspetta dalle amministrative di Avellino?

«Avellino è una città con una storia particolare. Ha avuto sempre governi Pd e di centrosinistra. Si è parlato in passato del mio esodo, dimenticandone però la ragione. La proposta di rinnovamento che ho avanzato è stata respinta rabbiosamente dal popolo delle clientele, cresciuta con demerito all’ombra di quel sistema politico, che ad un certo punto ha deciso di sostenere il M5S».

Secondo lei, dunque, il sistema di costruzione del consenso non è cambiato?

«Oggi chi vota Grillo non lo fa più per ottenere favori, ma per contendersi il reddito di cittadinanza».

Quale può essere l’alternativa?

«L’alternativa è la politica. C’è bisogno di un progetto amministrativo capace di guardare in maniera pragmatica e lucida al futuro di Avellino e dell’Irpinia, andando oltre il già visto e senza timori di superare gli steccati degli schieramenti. La Città richiede risposte ai problemi. Serve un governo comunale di emergenza, capace di arrestare il declino del capoluogo».

Quali sono le priorità su cui intervenire?

«Il tessuto urbano è impresentabile: cantieri aperti per decenni, servizi inefficienti, macchina amministrativa inadeguata, qualità della vita scadente. Occorre una svolta. Che può essere costruita soltanto se viene fuori una rabbiosa voglia di rivincita dei più giovani, affinché gli venga restituita la città, una città nella quale riconoscersi e di cui essere orgogliosi».

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