Giuseppe Gargani

«Per la prima volta in una competizione elettorale, sulla scheda sarà presente il simbolo del Ppe. Un argine alla deriva demagogica e democratica del Paese, provocata da Lega e Cinque Stelle». A parlare è l’ex eurodeputato, Giuseppe Gargani.

Un’aggregazione dei Popolari per le prossime elezioni europee. E’ la nuova sfida lanciata da una parte del centrodestra e del centro. E’ così?

«L’obiettivo a cui stiamo lavorando per le europee è una lista unitaria con il simbolo del Partito popolare europeo, che veda la presenza di Forza Italia e della federazione Dc-Udc. Stiamo aspettando il benestare del Ppe, che solitamente non partecipa alle competizioni elettorali direttamente con le proprie insegne. Ma la situazione particolare che si registra in Italia e più in generale nell’Unione giustifica ampiamente una tale scelta. E’ l’occasione giusta per far conoscere adeguatamente il progetto politico».

In tempi di diffuso euroscetticismo è una scelta di campo.

«Non c’è dubbio. L’Europa è un’intuizione che va rafforzata. Il processo di costruzione dell’aggregazione è lungo ed articolato. Da questo governo però arrivano ogni giorno attacchi, che non aiutano. Non è affatto una novità che servano interventi per rendere l’Unione più rispondente alle esigenze dei cittadini. La sovranità dei singoli Stati, cosa diversa dal sovranismo di Lega e M5S, deve però confrontarsi con la sovranazionalità».

Quello che state compiendo è un primo passo per costruire una nuova casa dei moderati?

«E’ sicuramente la prima tappa di un percorso. Non saprei dire se sia giusto definirla casa dei moderati. I Popolari di Sturzo portavano avanti un’idea piuttosto di rottura rispetto al panorama politico dell’epoca ed in qualche modo anche noi oggi. Siamo però moderati rispetto agli slogan e alla visione del leghismo».

Un fronte per contrastare l’antipolitica ?

«Per superare il clima di odio e di contrapposizione che hanno generato ed alimentato i movimenti dell’antipolitica. Con il voto di protesta non si risolvono i problemi. Ma il continuo discredito delle istituzioni e della democrazia della rappresentanza, ci stanno spingendo in una direzione pericolosa. C’è quindi bisogno di una risposta adeguata, di un progetto lucido e lungimirante».

L’ipotesi di un autonomismo differenziato, così come viene proposto da alcune Regioni del Nord, potrebbe essere una premessa alla disgregazione del Paese ed un elemento di penalizzazione per il Mezzogiorno?

«Non sarebbe soltanto l’ennesimo incidente di percorso, ma una vera e propria croce per il Mezzogiorno e per la coesione del Paese. Finora la proposta è passata sotto silenzio, ma finalmente ci si è accorti del rischio che si sta correndo. Sarebbe la fine di quasi 200 anni di storia italiana. Verrebbero azzerate conquiste importanti ed il concetto stesso di solidarietà sociale e politica. Un deciso arretramento per tutti».

Quale potrebbe essere la risposta a queste spinte?

«Serve un fronte comune, anche al di là delle scadenze elettorali e degli schieramenti politici, capace di individuare una strategia democratica condivisa. A reagire non deve essere soltanto la politica più avveduta, ma l’intera classe dirigente ed ancor più il mondo della cultura».

Come pensa che andrà a finire?

«Sono fiducioso. Mi sembra che anche il governatore della Campania, Enzo De Luca, sia pronto a dare il suo contributo, richiedendo strumentalmente al governo nazionale l’autonomia differenziata. Almeno mi sembra che questo sia lo spirito che anima la sua istanza».

Non c’è il rischio che così si legittimino le richieste di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna?

«Credo sia il contrario. Un’autonomia differenziata generalizzata significherebbe depotenziare il disegno di chi vuol creare un’Italia a due velocità. Più autonomia per tutti, significa annullare l’effetto della proposta e quindi, probabilmente, bloccare il processo».

Veniamo alle amministrative di Avellino. La lista Ppe potrebbe essere costruita anche sui territori?

«Direi di sì. Come ormai vado dicendo da tempo, quando sulla scena politica nazionale si registrano problemi e confusione, è dalla periferie che possono venire le risposte. Una presenza della lista alle elezioni comunali di Avellino, ma anche nei principali centri chiamati al voto, rafforzerebbe il progetto. Pure sui territori c’è bisogno di alternative democratiche e di proposte chiare ed adeguate, interpretate da candidati competenti ed affidabili».

 

 

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