Il latte è una delle risorse eccellenti italiane oggi al centro di una vertenza nazionale

“Prendiamo esempio dai produttori vinicoli, che stabiliscono autonomamente il prezzo delle bottiglie e danno il giusto valore alle loro produzioni”. Così Roberto Rubino, del comitato scientifico del Consorzio “Metodo Nobile- Meglio Me.No.” -presieduto dal sardo Sergio Sulas, imprenditore zootecnico di Bolotana (NU), e presidente del Gal Marghine-, che interviene a seguito dell’intervista rilasciata dal numero due dell’amministrazione bisaccese Franchino Tartaglia sul crollo del prezzo del latte e del grano.

“Il problema è globale: il latte e il grano vengono considerate materie composite, ad eccezione dell’uva e parzialmente dell’olio. Tutte le materie prime sono soggette al prezzo stabilito dalla borsa mondiale, e le variazioni riscontrate a livello locale sono condizionate dalle distanze e quindi dalla logistica per il trasporto. Sono due gli effetti di questa politica: i produttori cercano di ridurre i costi e quindi la qualità del prodotto; e si ha una omologazione del prodotto stesso che non lascia possibilità di scelta al consumatore” spiega.

Latte e derivati

La vendita del latte alla fonte a 35 centesimi in Alta Irpinia- o a 60 centesimi in Sardegna- deriva dal fatto che il prodotto non viene differenziato. E’ qui l’errore: il latte, come le altre materie prime, non sono tutte uguali. “Si paga poco il latte buono e molto quello scadente, con gravi effetti culturali per cui non si distingue la qualità vera. Come possono fare allora i pastori a decidere il livello qualitativo delle produzioni? Prendiamo ad esempio il grano: non si sceglie la farina solo per la quantità delle proteine- che danno soltanto la colla per impastare la pasta- ma anche per i profumi e per i sapori. Il modello unico del prezzo lo vogliono i produttori e gli allevatori, non altri” polemizza.

Allevamento di bufale da latte

Il prezzo unico delle materie prime composite stabilito dalla borsa mondiale, a detta del professor Rubino, ex direttore del Crea di Potenza, è soltanto la “cronaca di una morte annunciata. Le aziende stanno chiudendo ma la produzione è aumentata, perchè l’abbondanza dell’offerta corre più velocemente della domanda. Così le aziende che sopravvivono producono di più, e la logica imperante in questo momento vuole che meno pastori producano più latte in meno aziende: ma noi ci battiamo nella direzione opposta”.

Il metodo Meglio Meno, annunciato dal consorzio rappresentato da circa 20 aziende irpine, prevede il recupero dei piccoli allevamenti e delle piccole produzioni, ma è sostanzialmente impegnato a proporre un nuovo – ma anche molto tradizionale – approccio produttivo e commerciale al mondo delle aziende agro-alimentari per valorizzarne, anche economicamente, la qualità dei prodotti. “Il paradosso di questa crisi è che chiudono le aziende che producono la grande qualità. Il dramma invece è che il prodotto buono viene miscelato con altri, mettendo sul mercato un prodotto finale uguale a tutti gli altri, senza sapori nè profumi. In questo modo la differenza fra una pasta che costa 70 centesimi e una che costa 7 euro non c’è, perchè tutti prendono la farina allo stesso mulino e fanno l’ordine soltanto in base al contenuto di proteine: se la pasta è buona, è solo un caso” continua.

La grave crisi che è stata denunciata dal comparto intanto, tanto dai pastori sardi quanto dagli allevatori altirpini e di tutto lo Stivale, merita una soluzione lampo in grado di affrontare l’emergenza. Poi, bisogna intervenire nella maniera più consona per ottenere il giusto corrispettivo del prezzo per la qualità. “Ora sappiamo come fare a pagare la qualità del riso, del grano, del latte, della frutta: basta guardare cosa mangiano gli animali e come vengono allevate le mucche nel caso del latte; e la resa di produzione per ettaro per quanto riguarda il grano. Il prezzo si crea in funzione di quello” argomenta il professore.

“Metodo nobile significa produrre meno e fare qualità: ridurre la produzione significa aumentare le vitamine, fenoli, ed altri elementi benefici, che donano maggiore equilibrio nutrizionale ai cibi. Non dimentichiamo che c’è stata una esplosione di celiachie e altre allergie sviluppate proprio a seguito di questi andamenti della produzione”.

“Convertire” le aziende al Metodo Nobile però, non è impresa semplice e implica un complesso lavoro di ricerca costante sui fenoli, che sono stati riconosciuti come antiossidanti, e sulla esaltazione dei sapori e dei profumi, che poi sono l’aspetto vincente del prodotto proposto sul mercato. “Il biologico decolla male perchè la qualità non è stata legata alla percezione del gusto. La qualità percepibile è assente e i prodotti non sanno di niente: è qui che bisogna insistere. Chi vuole mangiare bene, deve poter avere un riscontro concreto”.

Ad oggi, il consorzio del Metodo Nobile sta sperimentando “in maniera rudimentale” la diffusione della conoscenza del gusto. Mangiare in un certo modo implica l’adozione di strumenti giusti: alla fine il gusto è un algoritmo dettato dagli impulsi cerebrali, e viene sviluppato da tutti gli elementi sensoriali.


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