Bisaccia, Tartaglia: latte a 30 centesimi, aziende irpine in ginocchio

INTERVISTA AL VICE SINDACO DI BISACCIA FRANCHINO TARTAGLIA, AUTORE DI UNA INDAGINE ANALITICA DEL COMPARTO AGRICOLO SU TUTTO IL COMPRENSORIO ALTIRPINO. "Le aziende zootecniche che non hanno riconvertito gli allevamenti in caseifici dediti anche alla commercializzazione hanno chiuso bottega. Buttare i latte è un delitto ma la protesta è necessaria. Tra poco toccherà al grano, ma sta al consumatore scegliere: preferite prodotti di qualità"

Franchino Tartaglia è il vice sindaco di Bisaccia e assessore con delega all’agricoltura. Da anni è impegnato in prima linea per sostenere le attività agricole dell’altopiano del Formicoso e di tutto il comprensorio bisaccese, celebrato per la produzione cerealicola e lattiero casearia, ed è un profondo conoscitore delle proteste sollevate dai contadini per ottenere un maggiore riconoscimento del valore delle materie prime. Dal latte al grano, dall’olio alle arance, la protesta intercetta i malumori mai placati dei cosiddetti “forconi” e alimenta le sacche di malcontento e disagio diffuso. “Altro che Sardegna: l’Alta Irpinia vive una condizione esasperante da anni, e non riusciamo a fermare le chiusure delle aziende” ha denunciato dalle colonne di Nuova Irpinia. Ma una soluzione c’è. Il Comune ha messo a bando tre locali da affidare gratuitamente per sei anni a giovani del posto, per la gestione e vendita di prodotti del territorio altirpino, e per alimentare il turismo e animare il centro storico cittadino.

Francesco Tartaglia, Vicesindaco di Bisaccia

Assessore Tartaglia, dall’entroterra campano si guarda con grande attenzione alle proteste dei pastori sardi, che hanno denunciato l’azzeramento del valore del latte prodotto. Com’è la situazione in Alta Irpinia?

“Il disagio diffuso aggancia il comparto agricolo di tutta Italia ed è legato al corrispettivo della produzione agricola, che è talmente bassa da rendere insostenibile il lavoro. La nostra produzione vive una amplificazione delle difficoltà: le aree interne come è noto- sono avvolte da un grande disagio e la produzione agricola vive una stagione di crisi profonda”.

Lei ha redatto uno studio puntuale sul comparto, prendendo in esame il perimetro territoriale dell’Alta Irpinia, ovvero i 25 comuni del tavolo del Progetto Pilota. Cosa è emerso dal suo report?

“In Alta Irpinia ci sono 3mila e 300 aziende agricole certificate. Sono tante se pensiamo che la superficie territoriale considerata è di 1110 km quadrati, con 117mila ettari di terreno, 13mila bovini, 21mila ovicaprini. La superficie territoriale si contraddistingue per 40mila ettari di bosco, con 6mila ettari di superficie boscata minore. La superificie agricola utilizzata è pari a 61mila ettari”.

Continui.

“L’allevamento e la ceralicoltura sono protagonisti indiscussi: nel primo caso soprattutto nell’area di Bagnoli e Montella, con presenze importanti anche nella Valle del Sele, che sono sopravvissuti grazie alla riconversione che hanno saputo pianificare. L’allevamento è diventato anche sito di trasformazione e commercializzazione del prodotto, recuperando i margini di guadagno sulle ultime due voci e recuperando il valore della materia prima, il latte”.

Allevamento di bufale da latte

Gli allevamenti sono diventati caseifici.

“Attualmente in Alta Irpinia operano 45 caseifici. Se in Sardegna i pastori protestano perchè il latte alla fonte viene pagato 65 centesimi, in Alta Irpinia siamo al collasso: il prezzo varia dai 35 ai 42 centesimi a litro. Il latte spesso viene acquistato dai caseifici che si occupano della trasformazione, ma per chi produce è impossibile andare avanti”.

Quanto riescono a guadagnare i lavoratori?

“Consideriamo che un allevamento di solito è gestito a conduzione familiare, ovvero vi lavorano marito, moglie e figli- fin da bambini. Una stalla che si rispetti deve avere almeno 30 capi che poi diventano 60 con i vitelli, perchè diversamente non ha ragione di esistere, e costringe al lavoro 356 giorni all’anno i lavoratori. Il guadagno annuo per ogni capo- quando va bene- è di 700 euro, che registra un reddito di 24mila euro annui per 4 lavoratori a tempo pieno. Ma le esigenze di chi lavora in un’azienda agricola sono le stesse di chi svolge qualunque altro lavoro, dalla macchina al telefonino, ed altre spese. Così è un disastro”.

Gli allevatori intanto vengono equiparati ad autentici imprenditori. Quanto costa l’apertura e il mantenimento di una stalla?

“Una stalla di 30 capi necessita di trattori, terreni e infrastrutture, che valgono almeno 800mila euro di investimento. A questo bisogna aggiungere l’acquisto di altri attrezzi, che sono necessari per stare al passo con i tempi, e si arriva a considerare 1milione e 500 mila euro di investimenti totali”.

La forbice fra l’investimento e la resa è sconcertante. Perchè non si verificano le barricate in Irpinia?

“Il mondo agricolo è dedito al lavoro, che ha sempre sofferto in silenzio. Le persone però scappano, perchè rimanere è un suicidio e queste condizioni non lo consentono. Molti vorrebbero verificare la possibilità di accedere al reddito di cittadinanza, ma le proprietà a loro intestate delle stalle li configura come ‘ricchi’.

La riconversione in caseifici è stata un’ancora di salvataggio in corsa, sia degli investimenti per le stalle, che per i capi di bestiame.

“La capacità di trasformazione e vendita del prodotto finito ha generato anche altro lavoro: se prima la provincia era caratterizzata da allevamenti diffusi con pochi capi per famiglia, oggi abbiamo i capi concentrati in aziende più grandi. Le aziende zootecniche chiudono giorno per giorno, e resiste solo chi ha una struttura aziendale già consolidata o che ha ereditato dai nonni e dai genitori”.

Chi determina il prezzo del latte alla fonte? La quantità?

“Il mercato determina il prezzo. A tale proposito presenterò la richiesta di riconoscimento di tipicità per quattro prodotti tipici: caciocavallo, foraggio, olio e latte del Formicoso. Il nostro è il territorio del fieno, foraggio e del grano che viene prodotto in alternanza; il foraggio fornisce tutta la filiera bufalina ed è il nostro punto di forza”.

Quanto vale sul mercato?

“Il foraggio alimenta gli allevamenti, ed ha subito un momento di sofferenza dovuto al crollo del prezzo delle mozzarelle di bufala della terra dei fuochi. Ora il mercato si è ripreso, ma non è all’altezza del suo valore: viene pagato 7 euro al quintale e il prezzo oscilla fino a 11 euro. I guadagni sono irrisori, ma grazie alla meccanizzazione del lavoro fomentata dai fondi del Psr, si riesce a sbarcare il lunario. Molte aziende riescono a stare sul mercato”.

Un treno Freccia Rossa sfreccia attraverso i campi coltivati a grano nel Mezzogiorno

Il Psr ha incoraggiato tanti giovani al primo insediamento in agricoltura. C’è ancora entusiasmo?

“Il lavoro è davvero tanto e faticoso, e la resa in termini di guadagni è irrisoria. L’investimento non regge”.

Bisaccia lavora da tempo all’ottenimento della borsa del fieno. Avete rinunciato?

“Il discorso è aperto, ma al momento siamo concentrati alla candidatura dei prodotti tipici per ottenerne il riconoscimento, prima della Regione Campania e poi del Ministero. Quando avremo maggiore forza contrattuale, potremmo esporci anche sulla Borsa. Se riuscissimo ad ottenere le certificazioni richieste, potremmo qualificare al meglio la filiera alimentare, caratterizzata da latte, allevamento di carni, produzioni casearie. Tutti elementi che creano le condizioni per ottenere un prezzo più adeguato al valore”.

Il mercato del futuro guarda alla produzione biologica. Bisaccia e il comprensorio altirpino si stanno adeguando?

“Bisaccia ha 40 aziende vocate al biologico, con produzioni che vanno dall’olio al grano, oltre che al fieno, teso poi a certificare gli allevamenti. Si sta portando avanti un lavoro sulla zootecnia che riguarda tutti e 25 i comuni dell’Alta Irpinia, anche se bisogna dire che il biologico ha costi elevati e i prodotti devono avere il giusto compenso. La pasta- per intenderci- non può costare un euro, ma varia dai 5 ai 6 euro al chilo, perchè il grano con cui viene prodotta è priva di glifosato”.

L’agricoltura è il settore economico in crescita nelle Aree interne della Campania

La produzione cerealicola priva di glifosato è in realtà un cartello della lotta all’importazione cerealicola dal Canada, dalla California e dalla Russia. Anche qui la lotta avviene ad armi impari, in cui competono i giganti dell’industria contro le piccole realtà produttive. 

“Poche aziende che fanno il biologico sono certificate, ma tantissime hanno concluso l’iter procedurale per ottenere la riconversione e nel 2019 sono previsti svariati quintali di prodotto: olio, fieno e grano biologici. La nostra produzione però resta bassa rispetto alle quantità immesse sul mercato dall’industria, e contenere i prezzi per restare a galla non è facile. Spesso ci si accontenta, perchè il grano prodotto viene pagato molto meno del suo valore reale. A breve infatti ci sarà un grande lavoro di pubblicizzazione all’esterno per spingere la commercializzazione. Le etichette delle nuove produzioni dovranno raccontare la grande differenza che insiste fra la produzione industriale carica di glifosato e la nostra a basso indice proteico”.

Lei ha già individuato una strategia commerciale e di marketing comprensoriale?

“Il Comune di Bisaccia ha pubblicato un bando rivolto ai giovani: si mettono a disposizione i locali del centro storico con formula gratuita per sei anni- con contratto rinnovabile di altri sei- per valorizzare e spingere l’acquisto di prodotti tipici del territorio. Si tratta di una manovra pensata per offrire opportunità ai nostri ragazzi, rianimare il centro storico bisaccese, e incentivare il turismo. Mettere a disposizione quattro locali con un incentivo di 3mila euro per l’arredamento, non è poco. Attendiamo l’arrivo delle idee progetto da parte della popolazione, e una apposita commissione avrà l’onere di valutare il punteggio accumulato e di scegliere l’idea vincente”.

prodotti tipici

Se la strategia messa in campo dal Comune potesse dare i frutti sperati, l’amministrazione avrà costruito un marchio di tipicità in brevissimo tempo.

“Il nostro obiettivo è proprio questo: costruire un sistema unico di aggregazione ed esposizione dei prodotti, per raccontare il territorio al turista. Se a questo aggiungiamo che saranno presenti prodotti certificati, e che si metterà in luce la salubrità del territorio, il latte nobile del Formicoso ed altri elementi, allora avremmo vinto la scommessa di avere frenato l’emorragia di giovani, e di avere portato il reddito delle famiglie da 24 mila euro annui a 60 mila”.


LEGGI ANCHE:

Agricoltura di precisione, istituito l’Osservatorio Regionale

Aziende, agricoltura e commercio reggono l’Irpina. Imprese femminili il 30%

Agricoltura, donne protagoniste tra leadership e precariato

 

 

ARTICOLI CORRELATI