Giovanni Grasso

«E’ stato un galantuomo della politica. Si sarebbe sicuramente sentito a disagio in un contesto chiassoso e dove dominano i personalismi esasperati, come quello di oggi. Per il suo spessore e l’onesta è un esempio positivo per le giovani generazioni». Antonio Gengaro, già vicesindaco e presidente del consiglio comunale di Avellino, ricorda così Giovanni Grasso, esponente della Dc e del Partito popolare, che negli anni Novanta ha rivestito l’incarico di presidente della giunta regionale, oggi commemorato ad Ariano Irpino, suo luogo natale.  (Leggi l’articolo)

Può tracciarne il profilo?

«Quando nel 1990 Giovanni Grasso approdò a Palazzo Santa Lucia, aveva già alle spalle un’esperienza come assessore provinciale. Nel consiglio regionale, insieme a lui, entrarono anche Gianfranco Rotondi e Donato Pennetta. In una fase delicata aveva pure guidato il partito irpino, dopo la segreteria di Arturo Iannaccone, successivamente passato tra le fila del nascente Cdu. Ricordo bene quell’esperienza. Riservò grande attenzione ai giovani, diversi dei quali ebbe modo di valorizzare. In quel gruppo c’erano Fausto Addesa, Amalio Santoro ed io stesso».

Antonio Gengaro

Quali erano le peculiarità di Grasso?

«Conosceva bene i problemi del territorio e la macchina amministrativa degli enti. Quando lo stanziamento destinato alla Città ospedaliera di Avellino fu dirottato su altre voci di spesa, ebbe l’abilità e la caparbietà di scovarne le tracce e recuperare i fondi, insieme al resto della deputazione regionale. Era un uomo di cultura, di grande rigore, oltre che una persona pragmatica e di mediazione, che prediligeva il lavoro di squadra. Si è circondato spesso di collaboratori competenti. Alla Regione lo affiancarono dirigenti come Pasquale Pompeo, ex sindaco di Cassano, e Michele Gerolmini».

Come si arrivò alla sua candidatura al vertice della Regione?

«Erano gli anni di Tangentopoli. Il malcostume e le pratiche clientelari diffuse nel mondo politico erano finite nel mirino di Mani Pulite. Ogni giorno si aveva notizia di una nuova inchiesta giudiziaria. Si puntò, dunque, su una persona inattaccabile, che potesse offrire garanzie di limpidezza, oltre che di competenza. Anche in Irpinia si ebbero delle avvisaglie. Bisogna però riconoscere che il gruppo dirigente di allora ebbe la lucidità di agevolare questo processo di cambiamento. In altri tempi e circostanze non l’avrebbero fatto. Il 7 aprile 1993 Giannino fu eletto presidente della giunta regionale»

E dopo che successe?

«Il mandato durò due anni, nei quali Grasso gestì la Regione più come un commissario prefettizio, che come un politico. Nel ’95 non si riuscì a trovare un accordo tra i Popolari e la Sinistra. Fu un errore di Bassolino, che candidò Vacca, e di Gargani, il cui comportamento non fu lineare. La spaccatura interna al centrosinistra agevolò la vittoria della destra, che aveva candidato Rastrelli».

In particolare quale episodio ricorda di un intero percorso politico?

«Emblematica è la scena di Giovanni Grasso che, ormai già malato e da poco operato, con grande abnegazione decise di andare a votare in aula, per sostenere il suo presidente, Andrea Losco, in una situazione politicamente complicata. Dopo un volo aereo da Milano a Napoli, entrò in Regione sulla sedia a rotelle.  Fu poi nominato assessore alla Sanità, ma non ebbe modo e tempo di svolgere il ruolo, perché scomparve qualche giorno dopo. Ritrovo nei valori e nel senso di sacrificio, anche estremo, una comunanza tra Grasso e Di Nunno, per me due figure di riferimento».

Fu una scomparsa prematura.

«Sì, che ha inciso sulla nostra storia politica locale, ma anche sulla sua parabola personale. Avrebbe potuto rivestire, certamente in maniera meritata, incarichi ancora più importanti. Ad Ariano l’intesa con Zecchino era riuscita a determinare un equilibrio vincente. Da una parte chi era in grado di cogliere ed interpretare le istanze dell’anima popolare della comunità e dall’altro chi rappresentava ambienti più altolocati. Venuto meno il sodalizio, è cambiato anche il quadro complessivo».

Che penserebbe Grasso della politica di oggi?

«Non si ritroverebbe in un clima così sguaiato. Sarebbe però certamente schierato sul fronte del centrosinistra. Tra una figura politica ed umana di questo spessore e l’inconsistenza dei dirigenti di adesso c’è un abisso».

Quale lezione si può trarre da questa storia di impegno politico?

«Che esistono un’altra idea ed un altro modo di fare politica. Questa storia andrebbe però maggiormente valorizzata. Dalla Regione fu assunto l’impegno di intitolare l’aula consiliare alla memoria di Giovanni Grasso. Si è poi fatto diversamente. Una scelta sicuramente giusta quella di dedicare l’emiciclo al giornalista Giancarlo Siani, ma non ci si dimentichi di un personaggio che ha dato molto all’istituzione e alle zone interne della Campania».


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