«Stiamo tentando di ricostruire un campo democratico e riformista largo, che sappia includere e dare una casa politica a chi in questi anni è rimasto deluso dal Pd». Franco Vittoria, ex segretario provinciale del Pd, spiega il progetto portato avanti dal governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, in corsa per la guida del partito nazionale, che martedì farà tappa ad Avellino.

Come vi state organizzando?

«Sono stati costituiti diversi comitati in tutta l’Irpinia, con un coordinamento provinciale. Ma non esistono capitani. Ci sono giovani e meno giovani, amministratori pubblici e pezzi di società. Siamo un luogo aperto a chiunque voglia dare un contributo e confrontarsi. Un modello che vogliamo trasferire nel partito».

Nicola Zingaretti tra la folla di piazza del Popolo

Qual è l’obiettivo strategico di “Piazza Grande”?

«Trasformare il Pd in un soggetto politico capace di leggere con strumenti nuovi questo tempo del rancore e della paura e di prendere posizione sui principali temi sociali. Non si può più immaginare un partito centrato sulle divisioni, sulle conflittualità interne e sulle appartenenze correntizie. La dialettica politica deve andare oltre lo schema amico-nemico. Serve, quindi, un linguaggio dei diritti, una chiara idea di società, tesa ad accorciare le diseguaglianze».

Dal congresso verrà fuori un nuovo modello di partito?

«Dobbiamo realizzare un progetto politico in grado di costruire un’alternativa al governo Lega-Cinque Stelle, anche e soprattutto culturale, insieme a tutte le forze di centrosinistra che si riconoscono in questo obiettivo. Il congresso tiene in piedi ipotesi divergenti, ma comunque andrà a finire il confronto interno, subito dopo tutti dovranno lavorare ad una casa comune, affinché ogni iscritto si senta parte di una comunità, con ideali condivisi, al di là delle differenti sensibilità».

Quali sono i punti critici sui quali intervenire?

«Mi vengono in mente almeno tre questioni significative e delicate, frutto della temperie di questa fase politica: le autonomie differenziate, un federalismo che va oltre le competenze attribuite oggi alle Regioni, che si sta avviando in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, rischiando così di costruire un Paese a trazione settentrionale, che mette definitivamente in ginocchio il Mezzogiorno; il decreto Sicurezza che spoglia i cittadini di ogni diritto al di là del colore della pelle; i pregiudizi e le discriminazioni che esistono in Italia, rispetto alle diverse aree del Paese, che la vicenda della creazione di un istituto gemello della Normale di Pisa a Napoli, con le levate di scudi registrate, ci ha restituito».

La sede del Coordinamento provinciale PD ad Avellino, in via Tagliamento

Veniamo alle questioni locali. Nel Pd irpino restano divisioni e difficoltà nella condivisione della linea. Come si supera questa situazione?

«Da semplice iscritto dico che bisogna guardare avanti. Non ci possiamo arenare ancora su quello che ci divide. Non possiamo più continuare a parlare contro noi stessi. Alziamo il livello del confronto, partendo dai contenuti».

Secondo lei quali dovrebbero essere le priorità di intervento in provincia di Avellino?

«Occorre una nuova mappa anche per l’Irpinia, che deve saper guardare alla modernità. E’ necessario che la classe dirigente si metta in discussione. Va elaborato un modello di sviluppo e di società adeguato, che punti sull’incremento degli spazi pubblici. La politica non può far finta di nulla di fronte al continuo flusso di emigrazione che si registra da diversi anni a questa parte, anche nella nostra provincia, come in tutte le zone interne».


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