‘Unire i Comuni nel progetto per l’Irpinia’, Cafasso (Pd): agire subito

«LA SFIDA È INVESTIRE IN INNOVAZIONE PER RENDERE COMPETITIVI SISTEMA INDUSTRIALE E TERRITORI PARTENDO DA TRASPORTI E SERVIZI». Il segretario del Circolo Pd 'Moro Berlinguer' di Pratola Serra: la Provincia cabina di regia naturale con il Presidente Buonopane, ma occorre fare presto

La facciata di Palazzo Caracciolo, sede della della Provincia

«Il PNRR rappresenta una opportunità vera solo se le risorse non verranno disperse in mille rivoli, ma investite in obiettivi strategici», spiega Luca Cafasso, che propone di «unire i Comuni nel progetto per l’Irpinia, riconoscendo a tutti pari dignità». Impegnato nella preparazione di un convegno sul «futuro industriale della provincia di Avellino nella Campania Interna», il segretario del Circolo Pd ‘Moro Berlinguer’ di Pratola Serra ritiene l’«Ente Provincia di Avellino la cabina di regia naturale per pianificare gli interventi, con il Presidente Buonopane nelle vesti di coordinatore istituzionale».

Luca Cafasso, Segretario del Circolo Pd di Pratola Serra

Luca Cafasso, perché un convegno dedicato al PNRR proprio in questo momento, mentre è al suo culmine la nuova ondata pandemica?

«Tanti cittadini, persone che la mattina si alzano per andare al lavoro, sanno poco di PNRR, Next Generation Eu, Recovery Fund. Ma anche negli ambienti istituzionali pubblici e privati non tutti hanno la consapevolezza che la vera partita in gioco non è realizzare opere pubbliche, ma far ripartire lavoro ed economia, sgombrando le macerie lasciate proprio dalla pandemia. Si può delineare un nuovo modello di sviluppo inclusivo».

In che misura questo obiettivo ambizioso può essere realizzato in Irpinia?

«L’Unione europea ha raccomandato a tutti dall’inizio della programmazione di concentrarsi su obiettivi in grado di mettere a profitto il potenziale di crescita dei territori. Le potenzialità irpine sono evidenti, vanno inquadrate in un disegno più ampio, quello campano. L’Ue chiede di investire in processi di sviluppo duraturo, per creare posti di lavoro, rendere efficienti ed efficaci i sistemi sanitari, favorendo la massima coesione regionale. La finalità del PNRR è la rigenerazione del tessuto socio economico, un traguardo storico che non raggiungerà mai chi si isola. Per questo occorre mobilitarsi e fare scelte condivise, ma in fretta».

Teme che il dibattito su questo tema possa restringersi ai soli cosiddetti ‘addetti lavori’?

«Sul nostro territorio il dibattito nel merito non è mai iniziato concretamente tra chi per la sua funzione detiene la responsabilità di agire. Né è arrivato all’opinione pubblica, finora mai coinvolta. Temo che molti considerino il PNRR il solito strumento destinato ad essere diretto e calato dall’alto».

E invece, come va considerato?

«Unendo il territorio nella fase di ideazione ed elaborazione, può offrire una leva strategica per rimediare alle conseguenze sociali ed economiche devastanti provocate dalla pandemia, penso all’impatto sulla vita quotidiana individuale e collettiva del Covid-19. Col Next Generation Eu l’Unione europea ha dato alle istituzioni nazionali e locali le risorse ed un metodo per ricostruire una prospettiva di crescita vera».

Qual è il messaggio che intende lanciare con il suo convegno?

«Un progetto può essere elaborato solo considerando responsabilmente il punto di vista dei territori, in particolare quello di giovani, famiglie e imprese. La sfida sulla ripresa e la resilienza si vince investendo su scala provinciale in azioni finalizzate a rendere competitivi il sistema industriale e produttivo, partendo da trasporti e servizi, valorizzando le opportunità che offrono le tecnologie digitali per realizzare la transizione ecologica».

Sollecita un progetto, dunque. E poi?

«C’è una premessa, che valuto decisiva: con le risorse disponibili è imperativo programmare investimenti sul futuro a lungo termine, non limitarsi ad una comoda lista della spesa. Vanno perseguiti obiettivi in un quadro strategico. Insomma, serve una visione».

Parla di visione, ha sottolineato la funzione del sistema industriale, dei servizi, del digitale. Ma Lei quale Irpinia vede nel futuro, oltre il 2026?

«Come ho detto, la risposta è affidata alle nostre istituzioni comunali, provinciali e regionali, ma anche ai cittadini che devono iniziare a rivendicare la propria voce in capitolo sul futuro dei propri figli e delle nuove generazioni. Personalmente, vedo due possibili futuri per l’Irpinia».

Continui.

«Quella che auspico è una Irpinia protagonista con le Aree Interne della Campania nel Mezzogiorno, lungo l’asse tra Napoli e Bari, sulla direttrice Tirreno-Adriatica: una provincia di Avellino coesa e laboriosa, capace di creare armonia tra le sue valli e i comprensori, spinta in avanti dalle energie che il talento degli irpini e l’innovazione delle sue imprese possono liberare…».

L’altra?

«È quella che purtroppo emerge da quanto finora è stato fatto o non fatto: tante piccole realtà locali che sono costrette a procedere in ordine sparso per mancanza di riferimenti. Oggi l’Irpinia è quella dei piccoli obiettivi di campanile, cioé marginale e invisibile all’interesse degli investitori maggiori, nazionali e internazionali. Questo è inaccettabile, serve un cambiamento immediato».

Insomma, Irpinia al bivio tra crescita e declino…?

«Nulla è deciso. Dipenderà solo dal nostro territorio. L’Europa ha fornito gli strumenti, Governo e Parlamento stanno lavorando.m la Regione Campania attende idee e iniziative dai territori. Qui da noi, al momento, l’approccio è stato meramente burocratico. Si è badato alla forma, non alla sostanza. Occorre uscire dalla logica del riparto e sposare il metodo europeo del disegno strategico fondato sull’ascolto, ricercando con il più ampio consenso una fattiva cooperazione».

Nulla è deciso, dice. Ma se organizza un convegno su questi temi, ritiene possibile il cambiamento. O no?

«Sì, è vero. Coordinare le istituzioni locali su un progetto strategico in grado di unire i territori oggi non è più un miraggio. Un ente che operi da interfaccia, da ponte, c’è sempre stato, è la Provincia di Avellino, nonostante il depotenziamento imposto dalla riforma. Ma solo adesso può svolgere la sua funzione di cabina di regia naturale. L’elezione del Presidente Rino Buonopane consente un cambiamento di metodo politico e programmatico importante rispetto al recente passato. Le parole pronunciate da Buonopane in campagna elettorale accendono più di una speranza».

Perché?

«La ripresa e la resilienza economica e sociale richiedono coesione istituzionale in un quadro regionale da un lato, dialogo con tutte le componenti attive nella società e nella comunità locale dall’altro. Buonopane non ha diviso i Comuni tra centro, destra e sinistra, ma li ha uniti nella responsabilità della rappresentanza. Si propone chiaramente di comporre nel progetto per l’Irpinia l’intera comunità, operando con i Comuni».

Cosa si aspetta dal Presidente Buonopane?

«Che riesca nell’intento in tempo utile. È fondamentale la cooperazione di tutti. Unire i Comuni nel progetto per l’Irpinia significa coinvolgere le parti sociali, ascoltare i giovani, leggere con l’apporto del mondo scientifico e accademico il reale profilo di un territorio».

È sufficiente un patto istituzionale a monte di un processo di partecipazione sociale?

«Unire i Comuni nel progetto per l’Irpinia consente di elaborare il documento strategico complessivo per la provincia di Avellino, in modo da accedere ai fondi del programma Next generation EU, quindi ai fondi del PNRR, intercettando anche le altre risorse disponibili. Ma come dicevo, serve una visione per rilanciare la struttura economico-sociale dell’Irpinia. Quindi, è necessaria la politica, attraverso l’apertura di un vero confronto. Buonopane è un presidente autorevole, perché espressione di una forte visione politica fondata sui valori democratici e riformisti della coalizione che lo sostiene».

La politica è stata lontana da questi temi finora?

«Da anni la politica in Irpinia si è defilata, probabilmente per i problemi che un po’ tutte le forze hanno accusato in questa fase storica. L’emergenza pandemica ha dimostrato che la funzione della politica di servizio, di pensiero e proposta, è indispensabile. Parole come digitalizzazione, transizione ecologica e inclusione sociale, i tre pilastri del PNRR, rischiano di restare titoli vuoti se la politica non li cala in una visione di prospettiva».

Vede un’inversione di tendenza rispetto al ruolo della politica?

«La stessa elezione di Buonopane dimostra che l’opportunità c’è e va colta. La sua candidatura e la successiva elezione hanno unito dopo quasi tre lustri il campo del Centrosinistra, ma andando oltre. Ottenendo la collaborazione di altre forze democratiche centriste e riformiste non solo in Irpinia, ma nel più vasto quanto politico regionale, ha gettato le basi per una primavera dell’impegno politico».

Si riferisce in particolare al PNRR?

«Non solo. Unire i Comuni nel progetto per l’Irpinia è la premessa di un programma complessivo di svolta. I Comuni e i cittadini hanno bisogno di servizi efficienti, penso ad acqua e rifiuti. È urgente avere un piano avanzato per realizzare con la transizione ecologica una ripartenza industriale. Occorre sviluppare un gruppo dirigente autorevole, pronto con l’etica della responsabilità e spirito di servizio a guidare con sensi della legalità e dello Stato le sorti delle città e dei piccoli centri. Vale per il mio Comune, Pratola Serra, come per l’intero territorio. Senza politica, continueremo nel ristagno di questi anni».


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