Coordinamento Campano acqua pubblica: dopo l’Alto Calore c’è solo il modello Abc

IL MONITO DEL COORDINAMENTO: SEGUIRE L'ESEMPIO DI NAPOLI. La referente provinciale Giuseppina Buscaino rilancia alla politica locale la proposta di un'azienda consortile in accordo con l'esito referendario del 2011: «No al disegno di privatizzazione previsto dal PNRR»

Per il Coordinamento Campano acqua pubblica «il futuro di Alto Calore Servizi dipende dalla volontà politica. Se si vorrà veramente, si  fonderà un’azienda speciale consortile così come indicato dal referendum», scrive la sezione provinciale, commentando il possibile fallimento della società partecipata interamente dai Comuni, l’Alto Calore Servizi spa.

Una conduttura idrica gestita dall’Alto Calore Servizi spa

«Era stato previsto per ACS un’investimento complessivo di circa 60 milioni di euro, da attuarsi in un triennio: le opere previste avrebbero consentito di ridurre gli alti costi di manutenzione ordinaria e di pompaggio che allo stato attuale complessivamente incidono fortemente sui costi di produzione. Inoltre la Regione Campania e l’EIC avevano candidato l’Azienda Alto Calore Servizi come Gestore Unico per riconfermare la gestione del suo attuale distretto, entro giugno 2022 e consentendo così l’accesso al PNRR. I 60 milioni e i finanziamenti del PNRR avrebbero ridotto i costi della gestione e aiutato il risanamento», ricorda Giuseppina Buscaino, Referente Provinciale del Coordinamento Campano acqua pubblica. «Ma adesso come una tegola in testa, la Sezione contro la criminalità economica della Procura della Repubblica di Avellino ha avanzato richiesta di fallimento per l’Alto Calore Servizi SpA., e non vede prospettive di risanamento per i quasi 150 milioni di euro di debito. Per la Procura e i suoi consulenti, non ci sarebbe spazio per recuperare un debito come quello che riguarda l’ACS». Buscaino ricorda che «l’inchiesta da cui è scaturita la decisione di chiedere il fallimento è stata avviata nel 2019, quando erano state acquisite scritture contabili, bilanci e altra documentazione relativa alla gestione di ACS».

La sede dell’Alto Calore Servizi in corso Europa ad Avellino. Il particolare degli uffici di presidenza

IL COORDINAMENTO CONTRO LE SCELTE DELLA POLITICA. La referente provinciale del Coordinamento Campano acqua pubblica punta l’indice contro le forze politiche. «La storia di questo ingente debito che ha come complici i sindaci che hanno votato i vari bilanci, è lunga e travagliata e tutto questo dovrebbe far riflettere i cittadini. Siamo tutti coinvolti, prima di tutto i politici che hanno gestito in maniera incredibilmente irresponsabile l’azienda (forse perché riempiendola di debiti sarebbe stato più facile privatizzare oppure per incapacità, o per disonestà) ed anche i cittadini che nonostante i continui fallimenti dell’operato di questi politici, hanno continuato a votarli».

«TORNARE ALL’ENTE GESTORE PUBBLICO: NO AL DISEGNO EUROPEO». Per il Forum dei Movimenti per l’acqua  sostiene «la gestione deve essere pubblica, ma per pubblico non intende nelle mani dei partiti, ma ci dovrebbero essere degli esperti slegati dalle logiche dei partiti, a gestire con il controllo dei cittadini. Cosa succederà? Il fallimento potrebbe portare ad una rapida privatizzazione». I Coordinamento si pone in contrasto con il quadro normativo disegnato dall’Europa in questi anni. «La riforma del settore idrico contenuta nel Recovery Plan, così come aggiornato dal governo Draghi, punta ad un sostanziale obbligo alla privatizzazione, in particolare nel Mezzogiorno. L’attuale versione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza risulta in perfetta continuità con l’azione dei governi precedenti tesa a disconoscere e tentare di cancellare l’esito referendario: un ulteriore incentivo verso la gestione privata dei beni comuni, un evidente vulnus democratico per il mancato rispetto della volontà popolare. Il Sud Italia viene individuato come la nuova frontiera per l’espansione di questa tipologia di aziende che garantiscono la massimizzazione dei profitti mediante processi finanziari, proprio quello che il referendum del 2011 dice che non si deve fare – non si deve trarre profitto da un elemento essenziale per la vita». Del resto, osserva Busciano, l’attuale Premier «Draghi è quello della lettera ferragostana della BCE scritta insieme a Trichet che chiedeva al Governo italiano di cancellare il primo quesito referendario qualche mese dopo la vittoria referendaria».

L’ingresso alla amministrazione provinciale

LA SCELTA SUL FUTURO È NELLE MANI DELLA POLITICA LOCALE. Per il Coordinamento ora occorre assumere decisioni responsabili. «Sia che ACS fallisca o meno, il suo destino dipende dai politici locali che dovranno scegliere se privatizzare disobbedendo alla volontà di 27 milioni di elettori, o se intendono seguire la legge e creare quindi un’azienda speciale consortile. Purtroppo tanti qui in Irpinia, che dicono di voler rispettare il referendum, invece hanno lavorato per la privatizzazione. Chiediamo che comunque vadano le cose, si realizzi un’azienda speciale consortile che è l’unica che ci assicura che la gestione dell’acqua sia pubblica».

IL MONITO DEL COORDINAMENTO: SEGUIRE L’ESEMPIO DI NAPOLI. Il modello suggerito dal Coordinamento è quello dell’ABC. «A Napoli dove sono stati coerenti col referendum realizzando un’azienda speciale pubblica, non ci sono debiti e l’azienda ABC è in attivo. Questo è proprio il momento per un cambiamento, per una gestione veramente pubblica con un’azienda di diritto pubblico». Occorre, si conclude, proseguire in accordo con   l’esito di un referendum celebrato ormai dieci anni fa. «Oggi più di ieri è importante riaffermare il valore universale dell’acqua come bene comune e la necessità di una sua gestione pubblica e partecipativa come argine alla messa sul mercato dei nostri territori e delle nostre vite, contrastare il rilancio dei processi di privatizzazione attuato mediante il PNRR e le riforme che lo accompagneranno». Pertanto, «chiediamo qui in Irpinia ai politici, agli amministratori che decidono, di essere coscienziosi e intanto speriamo che ACS non fallisca, salvando così i posti di lavoro. Ma ci vogliono cambiamenti radicali. Si scrive acqua, si legge democrazia».


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