“Congresso subito ad Avellino imposto dallo statuto”, De Luca: il Pd è un partito federale

Intervista al componente irpino della Direzione nazionale del Partito Democratico a pochi giorni dalla nomina del terzo commissario provinciale in tre anni

“Lo svolgimento immediato del congresso ad Avellino è imposto dallo statuto del Pd, che è un partito federale immeritatamente commissariato a vario titolo dal 2016”. Così Enzo De Luca, componente della segreteria nazionale del Partito Democratico. A pochi giorni dalla nomina di un nuovo commissario provinciale, Michele Bordo, De Luca esprime la propria valutazione della situazione politica in provincia di Avellino, valutando il contesto più generale di un territorio che si prepara ad uscire dall’emergenza sanitaria.

Enzo De Luca

De Luca, il suo partito si prepara ad accogliere il terzo commissario inviato da Roma in tre anni per consentire l’elezione degli organismi. Che compito lo attende?

«L’auspicio è che il Commissario Bordo, incaricato dalla segreteria nazionale di guidare la Federazione di Avellino al Congresso, consulti preventivamente i riferimenti del partito, cioé i componenti irpini della Direzione e della Assemblea nazionale, quindi i rappresentanti territoriali, i Circoli. Ascoltando i riferimenti, non le diverse sensibilità interne, potrà conoscere i fatti e la reale situazione del partito in provincia di Avellino».

Secondo Lei, qual è?

«Avellino costituisce ormai da troppo tempo una anomalia nel Pd nazionale. E lo sarà fino a quando non sarà celebrato il Congresso, che l’Irpinia non ha – purtroppo e immeritatamente – concluso da 5 anni, malgrado ad ogni scadenza elettorale Avellino abbia dato una percentuale altissima di consensi al Partito Democratico, non solo nel contesto del Mezzogiorno».

Perchè parla di anomalia?

«Per statuto il Pd è un partito federale, ma ad Avellino è guidato da commissari nominati dalle segreterie nazionali di fatto dal 2016. Da cinque anni la Federazione di Avellino non ha propri organismi dirigenti. Eppure formalmente ciascun commissario è stato nominato con il preciso mandato di condurre la Federazione provinciale al congresso, che per una ragione o per l’altra è stato sempre ritardato nei fatti. Non serve fare dei nomi, basta ricostruire le date e le circostanze».

Per esempio?

«Due anni fa anche la Federazione di Napoli si è ritrovata commissariata come Avellino, ma ha celebrato il congresso in poche settimane, mentre noi nel 2021 stiamo ancora disfando la tela di Penelope. La provincia di Avellino non può più tollerare una sospensione delle regole statutarie. Va ristabilita l’impostazione federale».

Ha già sentito Bordo, il nuovo commissario scelto peraltro da una nuova segreteria nazionale. Cosa si aspetta?

«Non l’ho sentito finora. Il commissario ha gli strumenti per superare subito l’anomalia e restituire il rispetto del Partito Democratico nazionale alla provincia di Avellino, che ha rappresentato qualcosa nella storia del Mezzogiorno e del Paese. Non ha bisogno di ripartire da zero».

Come?

«Ridando il partito agli iscritti subito. Da loro per 5 anni il Pd ha preso l’obolo, ma ha rinunciato al loro contributo in termini di quella partecipazione democratica che è riconosciuta alla base del sistema repubblicano dalla Costituzione».

C’è bisogno del congresso. O no?

«Sì, ma non un altro congresso. Al commissario basta completare il percorso congressuale confermato da Vaccari. Abbiamo candidature e liste presentate e validate per una assise convocata secondo statuto e nel rispetto delle procedure. Ricordiamo che il congresso per la sua fase conclusiva è stato rinviato solo in ottemperanza alle misure anti Covid. Ora bisogna chiudere questa pagina, completando l’iter con l’elezione degli organismi nella massima unità possibile, ma subito. Il tempo è scaduto».

Si obietta che il tesseramento su cui si basa il congresso sia datato, però.

« È vero, è passato un certo tempo dalla chiusura dell’ultimo tesseramento. Ma questo vale per tutti, non può valere solo ad Avellino. Il Congresso in Umbria si è celebrato con il tesseramento 2019-20, in piena condivisione con il partito nazionale. Nessuno ha sollevato obiezioni. Al di là di questo, ritengo si debba seguire l’indicazione della segreteria Letta. Si può integrare con le adesioni raccolte fino al 30 aprile, visto che siamo appena a metà del 2021, concludendo l’iter avviato direttamente dal partito nel 2019».

E poi?

«Manca solo la votazione nei circoli. La fine delle restrizioni per la pandemia consentono di svolgere i lavori con serenità. Eventualmente, come abbiamo fatto nell’assemblea nazionale quando abbiamo eletto Enrico Letta, possiamo procedere anche online per la fase finale. Serve la volontà politica».

Dal 2019 sono passati due anni. In mezzo ci sono state diverse scadenze elettorali. Perché non si è celebrato prima questo congresso?

«Ad Avellino nessuno voleva una elezione biblica, ma come dal 2016 in poi, le decisioni sono venute da Roma. I ritardi non dipendono certo dai nostri Circoli, dai nostri iscritti. Qualcuno ci ha trascinato fino a questo punto. Del resto il congresso avremmo potuto farlo già tra gennaio e febbraio 2020, prima dell’emergenza sanitaria. Oppure nella primavera dello scorso anno. Ora non possiamo attendere, per le scadenze ordinarie, ma soprattutto quelle straordinarie sul tappeto, rispetto alle quali Avellino conta già un clamoroso ritardo».

A che proposito?

«C’è un dibattito sullo sviluppo e la ripresa dopo la Pandemia che sta impegnando l’intero Paese. Il Pd irpino non può esimersi dal dare il proprio contributo al Governo nazionale su tutti i temi collegati al Recovery Fund e alla programmazione delle risorse ordinarie europee, statali e regionali, preziose per far ripartire la vita delle famiglie e delle imprese. L’Irpinia deve poter difendere gli interessi delle comunità avanzando un progetto organico a Napoli e a Roma».

Continui.

«In questo scenario la Campania è protagonista nel Mezzogiorno. Il Presidente Vincenzo De Luca e Fulvio Bonavitacola, Coordinatore del Meridione per il Recovery Plan presso la Conferenza delle Regioni, attendono il contributo propositivo dalle province in vista della elaborazione di un programma integrato per il rilancio economico e sociale, all’interno del quale una parte significativa è dedicata alla sostenibilità ambientale, di cui personalmente mi sto occupando elaborando gli indirizzi in raccordo con l’assessore regionale all’Ambiente

Cosa propone?

«Dovere del Pd ad Avellino è assumere una iniziativa nell’ambito delle forze che si ritrovano nel campo del Centrosinistra e del Centro alternativo ai sovranisti e ai populisti, contribuendo ad avanzare con chi sarà disponibile una proposta progettuale in grado di offrire fin da subito un percorso e una prospettiva di sviluppo nella legalità».

Ritiene che le divisioni registrate in questi anni dentro e fuori al suo partito consentano di aprire un cantiere di questo tipo?

«Se oggi l’Europa impone e l’Italia accetta di realizzare un quadro di riforme strutturali, con il concorso e la collaborazione di forze politiche perfino antagoniste, non comprendo perché non possa avvenire lo stesso nell’ambito del Partito Democratico ad Avellino, tra amici che condividono l’appartenenza a valori e princìpi comuni, al di là delle pur legittime opinioni diverse».

Pensa a una tregua?

«Sarebbe riduttivo. Oggi come mai prima, vista la crisi sociale in atto, è in discussione il bene comune e chi ha responsabilità ha un dovere a tutti i livelli istituzionali. Nel dna del nostro partito c’è l’alternanza democratica, alla base del nostro approccio alla politica c’è il superamento dell’io, dell’egoismo, a vantaggio di un impegno politico fondato sulla partecipazione e il confronto. Abbiamo il dovere di unire il partito, premessa per la convergenza di una qualificata coalizione riformista ed europeista in grado di contribuire con la Regione Campania a realizzare un modello di sviluppo che sulla legalità costruisca la ripartenza occupazionale. Per rispondere alla domanda, non è una tregua, è l’ultimo treno».

Quindi, questo congresso “da completare” potrebbe risolversi unitariamente?

«L’unità non è unanimismo. Di fronte al vulnus, una pandemia che ha provocato una crisi economica di portata storica, abbiamo il dovere di discutere all’interno del partito, a maggior ragione mentre forze antagoniste hanno superato lo steccato per sostenere un governo di emergenza. Mi chiedo cosa accadrebbe se non lo facesse: il Pd può essere così irresponsabile di fronte alla sofferenza di una comunità intera? Può rinunciare alla sua funzione costituzionale? Di più: si vota in 32 comuni, ci sono le elezioni di secondo livello alla Provincia, c’è il semestre bianco davanti a noi, con il rischio di elezioni anticipate nel 2022. Vogliamo lasciare che a decidere siano accordi tra singoli in questo partito?».

E chi non è ancora nel Pd ma vuole aderire?

«Nel Pd può entrare chiunque, ma ci sono scadenze. Per dare un contributo dobbiamo produrre un progetto e fronteggiare scadenze che non attendono e richiedono la posizione del partito. Allora mi chiedo: nelle scadenze chi parla per il Partito Democratico?».

In questi anni chi lo ha fatto?

«Posso dire chi il prezzo di questi anni lo ha pagato: il partito, gli iscritti e gli elettori. Gli unici a lucrare su questa vicenda sono quelli che sono fuori dal Pd. In assenza di rappresentanze espressione del territorio, mentre i commissari che si sono succeduti non hanno risolto il problema, il vantaggio è stato per chi voleva un Pd debole e sconfitto ad Avellino».

Quando incontrerà il Commissario Bordo cosa gli dirà?

«La crisi dei partiti italiani è grande. Sta a ciascuno per la propria parte di responsabilità contribuire a superarla. Faccio gli auguri al Pd e a tutte le forze politiche».


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