“Zingaretti svolta a sinistra”, Famiglietti: serve un congresso immediato

“Il segretario del Pd Nicola Zingaretti svolta a sinistra, lasciando spazio ad un potenziale partito di Conte. Ma per un cambiamento di questa portata ci vuole un congresso nazionale”. Così Luigi Famiglietti, ex parlamentare ed esponente del Partito Democratico in provincia di Avellino, commenta lo scenario politico delineato dalla crisi di Governo aperta da Matteo Renzi. L’annuncio di Clemente Mastella di inaugurare un nuovo soggetto politico per supportare la ‘quarta gamba’ del ventilato ‘Conte ter’, determina nuovi equilibri, tanto a livello nazionale, quanto a livello locale. Famiglietti osserva che, in questo quadro, “la linea politica annunciata dal segretario nazionale e sostenuta da Goffredo Bettini rischia di snaturare il Partito Democratico: Zingaretti svolta a sinistra favorendo la nascita di un partito di centro guidato da Giuseppe Conte. Ma così il Pd cambierebbe la sua natura politica, spostando l’asse a sinistra. Come la prenderà il suo elettorato, come reagirà la società civile italiana?”. L’ex deputato approfondisce lo scenario che sottende la crisi di governo.

Famiglietti, i sondaggi quotano il premier Conte con un buon indice di gradimento. Su questo c’è chi pensa possa basarsi la nascita di un partito del premier. Che ne pensa?

“La crisi di Governo e la gravità del momento, connotata dalla pandemia e dall’emergenza sanitaria, ci restituiscono una situazione anomala. Il Paese è fermo in attesa delle decisioni di Conte, che si attarda ad ispirare la formazione di nuovi gruppi parlamentari, che facciano riferimento a lui. C’è uno stallo nell’azione di Governo che non ci possiamo permettere”.

Qual è il ruolo del Partito Democratico in questa crisi?

“Il Pd è sorto come un grande partito a vocazione maggioritaria, raccogliendo precise identità e storie politiche, dai riformisti ai liberali, dagli europeisti ai progressisti. Fino a oggi ha unito le tradizioni storiche del centro sinistra. Ma ora invece si guarda ad un improbabile pentapartito, che si vorrebbe propiziare con il ritorno ad un sistema elettorale proporzionale. Si vuole, in sintesi, che il Pd smetta di essere un grande partito, per ridimensionarsi al ruolo di comprimario. Questo non risponde alla mia idea di Pd, la stessa dei milioni che lo hanno fondato nel 2007”.

Il Pd di “Zingaretti che svolta a sinistra” sta lasciando strada alla linea Conte, dunque?

“Zingaretti all’atto di candidarsi segretario definì il Pd una Piazza Grande, il luogo dove integrare tutte le tradizioni storiche. Allora quel Pd era all’opposizione del premier Conte, scelto nel 2018 quale espressione e sintesi di un patto tra M5s e Lega. Oggi Conte collabora con i Democratici, certo, ma si candida a guidare un partito moderato da schierare in una alleanza con  Zingaretti e Pentastellati. Rispetto al congresso del 2019 è tutto un altro scenario. Personalmente auspico che il Pd non perda la sua funzione naturale di partito di centrosinistra. Diversamente, se il segretario Zingaretti svoltasse a sinistra per tornare ai Ds alleati con i moderati, deve convocare il congresso nazionale. La decisione spetta alla base”.

In realtà già Matteo Renzi con Italia Viva ha provato a costruire un nuovo partito di centro e a farsi largo fra le forze moderate, pescando fra i moderati del Pd ma anche di Forza Italia. Che pensa della sua mossa di favorire la crisi?

“Renzi ha provato a svuotare il Pd come ha fatto Macron in Francia col Pse, ma fortunatamente non c’è riuscito e trovo molto strano che ora lo si voglia consentire a Conte. Renzi sbagliato ad aprire la crisi, ma c’è da dire che erano mesi che anche il Pd, come i 5Stelle chiedevano un rilancio dell’azione di Governo. Il Partito Democratico, dopo avere sostenuto il sì al taglio dei parlamentari, aveva annunciato delle riforme per riequilibrare il sistema che non c’è stato. Aveva chiesto il Mes che non ha ottenuto. Oggi sostenendo la tesi ‘ o Conte o elezioni’ si rischia un suicidio politico in quanto si consegnerebbe alla destra il Goverbno del Paese e il Presidente della Repubblica”.

Il miglioramento del Recovery Plan è stato un pretesto?

“La richiesta di miglioramento del Piano Italiano è stata giusta, così come erano giusti altri temi sul tappeto. Ma oggi in piena pandemia Renzi ha ottenuto solo un avvitamento della crisi. Servirebbe un governo forte e autorevole, mentre lo scontro personale Conte – Renzi ha bloccato l’azione del Governo. Con la maggioranza semplice al Senato si rischia di crollare la prossima settimana quando il Guardasigilli Bonafede porterà in aula la riforma della Giustizia”.

Le dinamiche nazionali hanno effetti immediati anche a livello periferico. In provincia di Avellino è partito il conto alla rovescia per il congresso a Via Tagliamento. Cosa si aspetta?

“I due commissariamenti che si sono succeduti ad Avellino e le sconfitte elettorali ad Avellino città e alla Provincia non hanno fatto bene al partito. Ho le mie perplessità rispetto alle modalità organizzative di questo congresso e la pandemia non rende facili le cose, perchè ha congelato i dibattiti e le occasioni di confronto. Al Pd irpino manca la volontà di fare autocritica: il congresso non avrà una funzione taumaturgica”.

Cosa chiede al dibattito congressuale?

“Bisogna fermarsi e capire cosa non va, per cercare di cambiare le cose. Temo che l’opportunità di una ripartenza possa ridursi alla individuazione di una figura di rappresentanza, senza pianificare una inversione di rotta. Io non vivo il partito da almeno 3 anni, anche perchè le occasioni di confronto pubblico si contano sulle dita di una mano e oggi sono un semplice tesserato di Frigento, ma vedo la realtà. I circoli sono da tempo chiusi, i sindaci non vengono coinvolti, non abbiamo una rappresentanza parlamentare irpina del Pd, e per una provincia di 429mila abitanti che ha sempre dato tanto al Pd, è un bilancio molto modesto”.

Come giudica il risultato del Pd irpino alle elezioni regionali?

“Alle regionali il Pd ha ottenuto un buon risultato, supportato dal traino del presidente De Luca e dall’effetto Covid. Bisognerebbe partire da qui”.

Continui.

“L’unico consigliere eletto dal partito è Maurizio Petracca che arriva dall’Udc e oggi rivendica legittimamente un ruolo. Non si può tirare dritto rispetto alla elezione di Livio Petitto e a quella del sindaco di Avellino Gianluca Festa, che comunque sono due tesserati del Pd. Il congresso dovrebbe servire ad un confronto ampio su problemi e prospettive dell’Irpinia. Serve un approccio diverso e la dimostrazione che si vuole davvero bene a questa comunità democratica. Per ricomporre le fratture sul tavolo è necessario ragionare insieme”.

Cioè, cosa auspica?

“Fare tutti un passo indietro e lasciare spazio alla comunità democratica. Diversamente il congresso si trasformerà in un votificio con il solito ragionamento dei pacchetti di tessere che determinano il peso delle rappresentanze. Mentre Zingaretti svolta a sinistra o prova a farlo, il Partito sui territori deve essere pronto a dire la sua con autorevolezza”.

Fra i temi del congresso ci sono le alleanze. Tra gli interlocutori, anche Italia Viva aspira in provincia di Avellino a crescere, partendo dal risultato alle regionali.

“In Campania Iv ha ottenuto un grosso consenso sempre perchè la lista era nella coalizione di De Luca e perchè in Irpinia è stata trascinata da Enzo Alaia, che ha un suo consenso personale. Ha pescato anche nel malcontento del Partito Democratico. È una realtà con cui occorrerà confrontarsi”.

Al congresso si parlerà certamente di economia e programmazione degli investimenti, anche se  i partiti si tengono lontani dal dibattito sul Recovery Plan. Nè il Pd nè altri hanno promosso iniziative, seppur virtuali. Perchè?

“E’ bene chiarire che non è possibile candidare progetti a lungo termine, nè progettualità senza progettazione esecutiva. Tutte le opere incluse devono essere completate entro il 2026. Per questo nel Piano Nazionale c’è la Napoli- Bari: l’intervento è già in corso, e serve a liberare risorse dello Stato che erano state appostate per quell’opera. La programmazione è sempre positiva, ma ci sono anche altri canali, come l’agenda europea 2021-27, il Piano per il Sud 2030, ed altri”.

Per questo occorre un disegno di insieme. Enti locali e Provincia hanno un ruolo determinante su viabilità e pianificazione urbanistica, ma sembrano distanti dalla questione. O no?

“La Provincia intanto dovrebbe occuparsi essenzialmente della viabilità provinciale e della sua manutenzione. In più dovrebbe supportare i comuni che insistono intorno alla stazione Hirpinia per pianificare la logistica e il riammagliamento intorno a questa importante infrastruttura. La stazione Hirpinia non appartiene a Grottaminarda o ad Ariano e bene ha detto Gianluca Festa quando ha parlato della posizione baricentrica di Avellino rispetto alla stazione Hirpinia, alla stazione di Afragola e all’aeroporto a Capodichino. La stazione non a caso si chiama Hirpinia: è la stazione della provincia di Avellino ed ha una grande funzione nel contesto delle aree interne. Se non lo si comprende, si rischia di farla diventare una occasione mancata. L’Irpinia deve smettere di farsi la guerra al suo interno, ogni area della provincia deve seguire una sua vocazione e perseguirla. Non serve che tutti facciano la stessa cosa e tutti vogliano le stesse infrastrutture. Per esempio credo che Avellino città possa ritagliarsi un ruolo importantissimo sul tema dell’alta formazione post-universitaria e della ricerca scientifica”.


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