Il Premier Conte frenato da Renzi. Strada in salita per il nuovo incarico

INIZIATE LE CONSULTAZIONI CON I PRESIDENTI DELLE CAMERE, ORA TOCCA AI GRUPPI. ITALIA VIVA AL QUIRINALE CHIEDE UN INCARICO ESPLORATIVO PER UN PONTIERE CON M5S E PD. Il diario di una inedita crisi di Governo nel mezzo dell'emergenza sanitaria più grave da un secolo

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri

Il Premier Conte al Quirinale ha presentato le sue dimissioni al Capo dello Stato. Si è formalizzata così la crisi di governo, dopo il passaggio alle Camere che non ha consentito di raccogliere al Senato i voti sufficienti per proseguire. Prima di incontrare il Presidente della Repubblica, per il Premier Conte mercoledì mattina la riunione del Consiglio dei Ministri, dalla quale è uscito con l’applauso dei capi delegazione (Bonafede, Franceschini e Speranza). Con questo passaggio il destino della Legislatura è nella responsabilità del Presidente Sergio Mattarella. Deciderà nelle prossime ore, sentiti i gruppi parlamentari. Mancano ora il Centrodestra e M5s. Sono tanti gli scenari possibili, tra i quali non va escluso in ultima analisi lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate. In queste ore si è complicata la strategia del Presidente dimissionario: raccogliere altri 5 senatori tra i cosiddetti Costruttori per fare a meno di Italia Viva. A questa prospettiva lavora chi nei giorni scorsi ha votato la fiducia a Palazzo Madama in soccorso da Forza Italia e Gruppo Misto. Per ora nel gruppo dei Responsabili, coagulato intorno a MAIE (Italiani all’Estero), ci sono i responsabili del 20 gennaio o quasi. Sono 10 senatori costituiti a Palazzo Madama col nome di «Europeisti-Maie-Centro democratico». Una mossa sufficiente ad abilitare la nascente formazione a dire la propria nelle consultazioni come forza parlamentare, ma non in grado per ora di garantire una maggioranza appunto senza Italia Viva. E infatti Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, Davide Faraone e Teresa Bellanova hanno fatto pesare i numeri nel colloquio con il Capo dello Stato. L’ex premier fiorentino non ha dato disco verde a un reincarico. Preferisce un mandato esplorativo ad un pontiere, per consentire l’apertura di un confronto politico nuovo solo sui contenuti con Pd e M5s. Renzi ha ripetuto che non c’è un veto sul nome di Conte, ma con altrettanta chiarezza ha mostrato di non gradire la presenza dei responsabili al Senato. Mattarella potrà riservarsi una decisione nelle prossime 24 ore, dopo aver ascoltato M5s e le varie forze del Centrodestra. In questo quadro, Forza Italia potrebbe giocare la carta delle larghe intese, mentre la Lega fa sapere che oltre la richiesta del voto anticipato porterà al Colle una ulteriore proposta. Il Governatore della Liguria Toti ha lanciato segnali a Berlusconi e Renzi, puntando a rovesciare l’attuale maggioranza. Il fronte compatto di Pd e Movimento 5 Stelle sul Premier Conte dovrà fare i conti con i numeri veri. Senza Iv non ci sono, ma per recuperare i renziani occorrerà mettere da parte Conte – formalmente – solo provvisoriamente. Ma la strada del Conte ter appare stavolta veramente in salita.

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, accanto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sullo sfondo il Segretario del Pd, Nicola Zingaretti

IL CALENDARIO DELLE CONSULTAZIONI. Le consultazioni nelle prossime ore forniranno al Capo dello Stato gli elementi indispensabili per dare uno sbocco alla crisi, stabilendo l’eventuale reincarico a Giuseppe Conte o esplorando la strada di soluzioni alternative. I tempi contingentati imposti dall’emergenza sanitaria e dalle scadenze europee per Recovery Fund e misure di sostegno alla economia, impongono una soluzione rapida. In caso di voto anticipato potrebbe essere varato un governo istituzionale per il tempo necessario alla consultazione popolare. Pd, Leu, M5s, la possibile invocata quarta gamba centrista e i renziani di Italia Viva sono chiamati ora ad assumere una responsabilità storica davanti al Paese. Mattarella prenderà atto delle posizioni e si regolerà applicando la Costituzione. Servono 161 voti al Senato per un nuovo governo. Ma non saranno sufficienti neanche quelli senza una intesa politica affidabile.

L’interno del Palazzo del Quirinale, sede della Presidenza della Repubblica

Dopo i primi colloqui al Quirinale nel pomeriggio di mercoledì per la Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e per il Presidente della Camera Roberto Fico, si è proseguito giovedì con il Gruppo al Senato «Per le Autonomie, poi con i rappresentanti dei gruppi Misti del Senato e della Camera. Saranno ricevuti anche gli ‘Europeisti-Maie-Centro democratico’, costituiti in queste ore. Seguiranno Leu, Italia Viva e Psi, Partito Democratico. Il 29 gennaio si riprenderà il pomeriggio, dopo la Cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario della Corte Suprema di Cassazione. Nel pomeriggio saliranno al Quirinale Forza Italia e Udc, la Lega – Salvini Premier, i rappresentanti delle componenti «Idea e Cambiamo» e «Noi con l’Italia – USEI – e Cambiamo», quindi il Movimento 5 Stelle. Al termine di questo giro di consultazioni, il Capo dello Stato trarrà le sue conclusioni, probabilmente affidando un incarico a Giuseppe Conte o ad un nuovo nome. Da quello che emergerà in queste ore, si vedrà se la prospettiva del voto anticipato sarà più lontana o più concreta.

L’ATTUALE GOVERNO A PALAZZO MADAMA IL 20 GENNAIO SI È FERMATO A QUOTA 156 VOTI. Le dimissioni del Premier Conte sono la naturale conseguenza del voto di fiducia al Senato del 20 gennaio. Senza la decisiva astensione di Italia Viva, l’opposizione avrebbe prevalso in quella circostanza, sfiduciando un governo che da domani sarà comunque dimissionario. Al momento sono 156 i senatori a sostegno del Governo, compresi 2 transfughi di Forza Italia e 3 senatori a vita. Contro Conte c’è un’opposizione forte di 140 voti, con nel mezzo 16 astenuti, tutti di Italia Viva. La fiducia è stata incassata, ma il problema della stabilità di questo Governo è rimasta sul tappeto. La proclamazione del risultato, pronunciata in ritardo per consentire due voti in extremis (tutti e due per la fiducia) previa verifica regolamentare, è arrivata quando in aula non c’era più il Premier Conte, uscito per rientrare a Palazzo Chigi. Da quel momento ha tentato in ogni modo l’allargamento di una maggioranza che in un ramo del Parlamento resta solo tecnica.

AL SENATO NUMERI IN BILICO SENZA ITALIA VIVA. A Palazzo Madama la maggioranza che sostiene il Governo è solo relativa. Nella sostanza politica è inferiore anche ai 156 voti raccolti sulla fiducia, perchè raggiunti con apporti isolati, anche di senatori a vita. A sostegno di Conte hanno votato per esempio l’ex fedelissima di Silvio Berlusconi, la senatrice di Forza Italia Maria Rosaria Rossi con l’altro azzurro Andrea Causin. Con loro anche Sandra Lonardo Mastella, oltre alla senatrice a vita Elena Cattaneo. Il socialista Riccardo Nencini, gli ex M5s Saverio De Bonis, Gregorio De Falco e Lello Ciampolillo sono arrivati in extremis. Sì tratta di apporti insufficienti. Il Premier Conte ha provato a trovarne altri 5 per arrivare alla soglia dei 161 necessari alla maggioranza assoluta. Insomma, non sono bastati colloqui individuali per passare dai ‘volenterosi’ d’altri tempi ai ‘costruttori’ auspicati in questi giorni dalla stampa cattolica, che infatti non nasconde una certa delusione per il risultato. L’Avvenire ha evidenziato dopo l’esito del voto a Palazzo Madama con un lapidario titolo di prima pagina che quella di Conte è una maggioranza risicata. Servono altri numeri per gestire nelle prossime settimane Recovery Fund, vaccinazioni anti Covid e crisi sociale, prove che stanno mettendo in difficoltà leadership ben più solide in Europa e fuori dal Continente. Ecco perchè negli stessi minuti della votazione al Senato, da Bruxelles si è subito lasciata trapelare la preoccupazione della Commissione Ue per la stabilità italiana. In gioco c’è più di un dissidio tra Conte e Renzi, duellanti entrambi a corto di numeri per le rispettive ambizioni. E tra maggioranza e opposizione al Senato il 20 gennaio la differenza l’hanno fatta i 16 voti (messi fuori gioco da Renzi) di Italia Viva.

ESAURITO IL TEMPO CHIESTO DA CONTE AL CAPO STATO. La mancata sfiducia al Senato non si è tramutata in una maggioranza sufficiente per governare. Nel pomeriggio del 21 gennaio il dialogo con il Capo dello Stato per il Premier è stato un passaggio non formale. Gli alleati, a cominciare dal Pd, gli avevano chiesto di sforzarsi per rafforzare l’attuale consenso disponibile a Palazzo Madama. Evidentemente, dal Colle le aspettative sono state le stesse, in linea invariabilmente con il dettato costituzionale.


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