“La biblioteca di Parigi” di Janet Skeslien Charles

Ilde Rampino recensisce per Nuova Irpinia il romanzo pubblicato da Garzanti nel giugno 2020 e che la critica internazionale ha accolto come "come un inno all'more per i libri e all'amicizia"

“La biblioteca di Parigi” di Janet Skeslien Charles. Una classificazione matematica – i numeri decimali Dewey – che “fluttuavano nella testa come stelle”, diventano per la protagonista Odile la chiave per iniziare una nuova vita, il tentativo di mettere ordine nel marasma delle sensazioni che rendevano il suo  cuore simile a una nave in mezzo a una tempesta. Rappresentavano la libertà e il futuro, nel momento in cui entrò nell’ American Library di Parigi, dove aveva ottenuto un posto di lavoro, un desiderio che aveva avuto per anni e si sentì come se fosse arrivata a casa. Il primo insegnamento che ottenne dalla bibliotecaria, la signorina Reeder, che per lei rappresentò una sorta di faro nella nebbia delle sue incertezze fu: ”non abbia paura di essere diversa” e la spinse sempre a battersi per ciò che si desidera. L’incontro con Lily, figlia della sua vicina di casa, diventa l’occasione per instaurare un rapporto profondo che inizia con la curiosità della ragazza nei suoi confronti a causa anche della sua riservatezza – “l’unico segreto era la vita di Odile” – e dell’intervista che decide di farle, colpita dal fatto che la definissero “la Sposa della Guerra”. La malattia della madre di Lily e in seguito la sua morte le unisce maggiormente: Odile si prende cura di lei e le trasmette la sua passione per la letteratura, le racconta che “i libri non mentono e non rubano” e diventano i custodi dei propri pensieri per combattere anche la solitudine e la tristezza.

Il figlio di Odile è rimasto ucciso in Vietnam, amicizia di Lily con Mary Louise. Struggenti sono i ricordi di Lily del tempo trascorso con sua madre, quando la stringeva a sé per proteggerla e le ripeteva spesso: “i neonati dormono senza accorgersi di tutto l’amore”. Molto difficile per lei sarà il giorno del suo funerale  e un anno dopo, il matrimonio del padre con Eleanor che sarà una presenza costante nella sua vita e che talvolta le affiderà responsabilità non adeguate alla sua età, come occuparsi dei fratellini. Il silenzio e la malinconia della sua casa, permeata dall’assenza di sua madre, in cui non voleva far entrare la luce per non far rivivere i ricordi, sarà in qualche modo rischiarata dall’amicizia con Mary Louise ma soprattutto dalla presenza di Odile che la coinvolge nella lettura, standole vicino con affetto e mitigando la sua disperazione – “il dolore è un mare fatto con le tue lacrime”. Odile le è vicina e la comprende perché la sua infanzia  era stata scandita dall’amore dei suoi genitori, ma soprattutto dal rapporto speciale che lo legava a suo fratello Remy, che rappresentava il suo rifugio, la “partitura delle sue giornate”, la prima persona a cui rivolgeva la parola la mattina e l’ultima alla sera e che l’aveva spinta sempre a esprimere i propri sentimenti: ammirava in lui anche il suo impegno politico che esprimeva negli articoli che scriveva clandestinamente. Bellissimo è il ricordo di Odile dell’ “Ora della fiaba”, che la trasportava in un mondo leggiadro e spensierato.

La guerra costituisce una frattura nel mondo sereno di Odile: i controlli della polizia tedesca diventano frequenti e l’American Library, che rappresentava un ponte di libri tra le culture diventa il luogo in cui si cerca di riparare alle ingiustizie della storia, soprattutto quando si impedirà agli stranieri e agli ebrei di frequentarla. Odile e gli altri saranno costretti a trasferire altrove i libri e li regaleranno ai loro abbonati, per evitare che vengano requisiti dai tedeschi – la chiameranno la “Gestapo dei libri”.

Le parole rivestono un significato pregnante in questo libro: quelle contenute nelle migliaia di libri che vengono donati ai soldati, per cui la lettura costituiva un momento di evasione, “un’intimità della mente”, quelle delle lettere che Remy spediva ad Odile dal carcere, in cui esprimeva il suo rimpianto e la sua sofferenza: ”vivo per le vostre lettere e la speranza di rivedervi” e anche delle lettere anonime di denuncia, le cosiddette “lettere dei corvi” che portarono all’arresto di tante persone innocenti, rei solo di essere straniere, come Boris e la professoressa Cohen. Il profondo amore che Odile prova per Paul, che nel corso di tanti anni ha superato tanti ostacoli, si frantuma irrimediabilmente in seguito alla scoperta, tempo dopo, della reazione violenta che egli ha avuto apprendendo della relazione sentimentale di Margaret, amica di Odile, con un soldato nazista che aveva aiutato lei e altre due donne  a fuggire dalla prigione in cui erano state rinchiuse solo perché inglesi. Il dolore di Margaret per il silenzio dell’amica, nonostante lei fosse all’oscuro di tutto, le dividerà per molto tempo, perché lei le era molto legata, sin da quando anni prima, dopo che suo marito l’aveva lasciata, aveva avuto l’ illusione che la sua vita potesse cambiare e un giorno si era recata in biblioteca ed era stata accolta da Odile che le aveva detto che “lei aveva bisogno della biblioteca ma anche la biblioteca aveva bisogno di lei”. Alla fine sembra che il cerchio si chiuda ; Odile assisterà al diploma di Lily, fiera di lei e ricordando le lezioni di francese che le impartiva un tempo e penserà a riprendere il rapporto con Margaret: forse non è troppo tardi.

A cura di Ilde Rampino

ARTICOLI CORRELATI