È necessaria una spending review per l’ambiente, scrive Donatella Malanga, ricercatrice universitaria esperta in oncologia molecolare presso l’Università della Magna Grecia di Catanzaro. “E’ inutile per l’uomo conquistare le Luna, se poi finisce per perdere la Terra”. Citando il Premio Nobel per la letteratura del 1952 Francois Mauriac, la ricercatrice scuote le coscienze e invita la popolazione ad adottare ognuno nel suo piccolo quelle misure necessarie a salvare il pianeta e a mettere un freno alla imminente catastrofe ambientale. Per questo una spending review per l’ambiente non è una scelta, ma una necessità.
Non cadiamo per terra, subito la spending review per l’ambiente
di Donatella Malanga | ricercatrice universitaria esperta in oncologia molecolare presso l’Università della Magna Grecia di Catanzaro
Capisco che parlare e scrivere di emergenza ambientale non è come si dice una storia “buona”, almeno all’apparenza. Ma in realtà è una storia che sa di buoni propositi, di ecosostenibilità, il migliore regalo che possiamo farci e fare agli altri per il futuro. La storia naturale della terra risale a circa quattro miliardi e mezzo di anni, eppure le attività di questi sette miliardi e mezzo di umani che la popolano, stanno cambiando la storia geologica di questo pianeta, tanto che gli scienziati hanno dato il nome di Antropocene a questa era, vale a dire un’epoca in cui l’attività umana ha avuto un influsso dominante sulla Terra. Se la Terra potesse parlare, cosa pensate che ci direbbe? Qualcuno ha provato a mettere giù una lettera ipotetica della Terra all’uomo e dalle parole che ho potuto leggere come darle torto? Ve ne cito solo alcune frasi: “…siete diventati tantissimi, formicolate sette miliardi e mezzo sulla mia pelle, mi pungete con trivelle per succhiarmi olio che io avevo sigillato…sterminate le creature della mia biosfera, che ci ha messo tre miliardi di anni per evolversi…”. E ancora direbbe: “…e da un secolo a questa parte sembra che non abbiate più rispetto di me, mi succhiate ogni forza e mi intossicate con i vostri gas, cambiate il clima, mi fate venire la febbre che fonde i ghiacci, mentre aumenta il livello dei mari, mi riempite di plastica, senza curarvi di riciclarla come ogni cosa che faccio io…”. Ma una cosa che dovrebbe allarmarci sarebbe questa frase che la Terra avrebbe tutto il diritto di poter dire “…attenti che un mio scrollone vi spazza via come fuscelli! Ricordatevi che io non ho bisogno di voi, ma voi avete bisogno di me…”. Tutti noi con diverso grado di responsabilità, consapevolmente o per distrazione siamo complici di questa distruzione ambientale perché tutti basiamo il nostro stile di vita sull’uso di combustibili, sull’allevamento intensivo e sulla produzione di rifiuti. Ebbene si discute da decenni di cambiamento climatico, con un allarme che più ostinatamente ha iniziato a prendere quota solo dagli ’80. Ma quello che soprattutto la comunità scientifica ha ottenuto è essere etichettata di catastrofismo, denigrata e si è andati avanti con un negazionismo ad oltranza. Negare il cambiamento climatico con tutte le conseguenze che ne derivano significa rifiutare le conclusioni del 97% degli scienziati che si occupano di questi temi. Nella realtà queste etichette hanno solo autorizzato noi a fregarcene senza mai approfondire i temi. C’è chi definisce quella climatica una crisi della capacità di credere. Il nostro conto corrente con l’ambiente è andato in rosso quindi sarebbe il caso di inserire nelle Costituzioni di tutti i paesi del mondo il pareggio di bilancio, naturalmente per la Terra non certo riferito al denaro; il concetto di “spending review” che sentiamo citare spesso da Cottarelli nei dibattiti politici, dovrebbe includere acqua, energia, biomassa ecc. e non solo il denaro. Una spending review per l’ambiente, insomma. La quantità di anidride carbonica nell’atmosfera supera di gran lunga 400 parti per milione, che per molti di noi non ha un grande significato. In realtà questo numero è di cruciale importanza perché da questo dipende il riscaldamento globale, che affronteranno i nostri figli e le generazioni future. L’anidride carbonica è un gas a effetto serra, questo vuol dire che più ce n’è nell’aria e più fa caldo. Il suo valore normale, vale a dire quello prima dell’avvento della rivoluzione industriale, dovrebbe essere 280 parti per milione. Immaginate di farvi un esame del sangue dove il colesterolo superi di gran lunga il valore di 200mg/dl, il vostro medico sarebbe allarmato e vi rimprovererebbe, avvertendovi che se non cambiate stile di vita l’infarto è dietro l’angolo e noi che facciamo…dieta! O per dirla meglio cambiamo il nostro stile di vita. Per la Terra, la Biosfera, l’Atmosfera funziona allo stesso modo: per correggere il cambiamento climatico in atto dobbiamo sprecare meno energia e passare ad un altro stile di vita. Ecco quali sono le ultime statistiche in merito a chi o cosa incolpare per le emissioni annue di gas serra che provocano lo stravolgimento climatico che si sta consumando già sotto i nostri occhi: consumo di energia elettrica per il 25%; agricoltura in gran parte riconducibile all’allevamento per il 25%; industria per il 24%; trasporti 15%; costruzioni 6% con quel che rimane ripartito su diverse fonti. Quindi questo vale a dire che seppure in questi anni abbiamo concentrato la nostra attenzione sui combustibili fossili (sacrosanto!) in realtà avevamo un quadro incompleto della crisi climatica del pianeta. Infatti il nostro pianeta fondamentalmente è diventato una grande fattoria:59% di tutta la terra coltivabile è sfruttata per crescere foraggio; 1/3 di tutta l’acqua potabile è destinata al bestiame, pensate che tutta l’umanità ne consuma “solo” un trentesimo; il 70% degli antibiotici prodotti nel mondo sono utilizzati per il bestiame, con tutte le conseguenze che ne derivano per lo sviluppo di resistenze, che li rendono poi inefficaci nelle malattie umane; il 60% di tutti i mammiferi presenti sulla terra sono allevati a scopi alimentari. Il pianeta terra riuscirà a gestire tutti gli effetti dei cambiamenti climatici fino ad un certo punto poi gli affetti si autoalimenteranno esponenzialmente attraverso un circuito molto semplice da capire: i ghiacci sono bianchi riflettono la luce solare, gli oceani invece sono scuri e la assorbono. Con l’effetto del riscaldamento le coltri glaciali si sciolgono, quindi non riflettono la luce solare; nello stesso tempo aumentano gli oceani e le terre emerse che assorbono continuando così ad alimentare lo scioglimento dei ghiacciai: un circolo vizioso che diventa un gatto che si morde la coda. Noi come rispondiamo a tutto questo: la deforestazione. Immaginate che le piante sono come una banca di anidride carbonica. Se distruggiamo le foreste (vedi la foresta amazzonica) è come se una banda di ladri scassinasse la banca e si aprisse un rubinetto. Per non aggiungere che la deforestazione in molti casi serve ad ottenere terreno per la produzione di foraggio e per pascolare bestiame, quindi alimentare ancora di più la “fattoria terra”. Un terra che invece di nutrire popolazioni affamate alleva bestiame per fornire cibo a popolazioni ipernutrite! Con questo ritmo, avverte il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), si potrebbe registrare una crescita di 1,5 gradi centigradi tra il 2030 e il 2052. Alcuni dati parlano di un incremento tra i 2,8 e i 5,6 gradi centigradi nell’arco di 85 anni. Che cosa vuol dire «riscaldamento globale»? E cosa rischiamo, ogni giorno, quando la temperatura sale più del dovuto? Cosa vuol dire in pratica? Un innalzamento della temperatura già oltre i 3-4 gradi centigradi significherebbe carenza di cibo e acqua potabile, inondazione delle zone costiere (Venezia andrebbe a fondo nell’Adriatico) e aumento esponenziale della frequenza di eventi climatici estremi rispetto ai valori di questi ultimi anni. Qualcosa sta già cambiando, a cominciare dalla sensibilità media dei cittadini. Anche io sensibile a questi temi nell’ultimo anno ho seguito con molto più impegno le problematiche e le possibili soluzioni che possono iniziare dall’azione dei singoli. Sono molto contenta di dire che l’esempio dei cosiddetti Climate Strike, gli scioperi contro il cambiamento climatico lanciati dalla giovanissima attivista svedese Greta Thunberg hanno avuto anche su di me un forte impatto. Gli appostamenti di questa giovanissima ragazza di fronte al Parlamento di Stoccolma, con un cartello di protesta, sono lievitati fino alla dimensione di una mobilitazione globale. Grazie al movimento #fridaysforfuture oggi il tema ambientale è al centro di agende politiche, tensioni internazionali, strategie economiche e mobilitazioni di massa. Greta oggi è una star ascoltata dalle istituzioni, ammirata da milioni di follower sui social, lei che ha definito la situazione ambientale come un “casa in fiamme” per rendere meglio l’idea dell’emergenza. Ma non vi lasciate influenzare da chi la detestata e l’accusa di essere un prodotto di marketing orchestrato dai genitori. Greta o non Greta tutti gli analisti sono concordi nell’affermare che stiamo assistendo a «qualcosa di incredibile» nella storia politica. Il nostro intento non deve essere quello di mantenere un pianeta sotto una campana di vetro ma di mantenere più a lungo possibile una sana interazione uomo-natura. Molti sostengono, e anche io mi trovo concorde, che un modo per contribuire a salvare il mondo è quello di farlo “prima di cena” vuol dire cambiare le nostre abitudini alimentari: ridurre il consumo di carne, latticini, formaggio; evitare cibi di moda che hanno un costo altissimo per il pianeta; se proprio dovete comprare acqua (ma preferite sempre quella del rubinetto) controllate dove viene prodotta, il suo trasporto impatta sull’inquinamento, quindi scegliete quelle prodotte più vicino a dove abitate…e così via. Sappiamo cosa fare? Si. Lo metteremo in pratica? No o comunque lo stiamo facendo troppo lentamente. La stabilità e la resilienza del nostro pianeta sono in grave pericolo. Noi siamo il diluvio e noi siamo l’arca quindi dobbiamo fare in fretta! Vi do un esercizio da fare a casa: da domani anzi da ora chiedetevi quale è e quale sarà la vostra abitudine ecosostenibile e partecipate alla sfida che attende il mondo. Facciamo una spending review per l’ambiente.
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