Il vino irpino sarà un marchio col ‘Distretto del cibo’. Il modello della ‘Dop Economy’

"DAL SUCCESSO DI POCHE AZIENDE ALLA NASCITA DI UNA INDUSTRIA". Intervista al manager ed executive business coach presso i Consorzi di Tutela dei vini delle province campane Nicola Matarazzo. I nuovi scenari con l'introduzione delle novità legislative di settore in Campania

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Col ‘Distretto del cibo’ si affermerà naturalmente per il vino irpino un marchio riconoscibile che renderà il settore una industria. “Le province di Avellino e Benevento lavorano bene sul vino e sono facilmente identificabili come territori, ma servono politiche regionali mirate agli investimenti per la promozione e valorizzazione di determinati prodotti di punta, se si vuole creare una economia con benefici diffusi”. Lo afferma Nicola Matarazzo, economista e formatore, consulente, management ed executive business coach presso i Consorzi di Tutela dei vini delle province campane. Propone per il Vino irpino il metodo consolidato della mozzarella di bufala D.O.P. che ha connotato l’economia di un distretto territoriale alla pari del Parmigiano Reggiano e del Chianti, e individua nei “Distretti del cibo” lo strumento per andare oltre il successo del prodotto di nicchia. Per Iannaccone il vino irpino può generare ricchezza sociale. Associare le produzioni al territorio con una etichetta indicativa della cifra territoriale necessita dialogo e convergenze degli interessi dei piccoli e dei grandi imprenditori, ma anche di tutti gli attori sensibili sul territorio. “Le denominazioni di pregio da sole non bastano a creare mercato e a generare economia da spalmare sui territori, così come non è sufficiente promuovere il vino alle fiere: Avellino ha produttori importanti con brand famosi nel mondo, ma conta anche una fitta schiera di aziende piccole e piccolissime, che da sole non potrebbero mai competere sul mercato globale” spiega il manager della Città europea del Vino 2019.

Col distretto del cibo nascerà il marchio del vino irpino. La sfida alla D.o.p. Economy

“L’export non basta a creare l’industria: bisogna puntare sulla Dop economy e alimentare una crescita costante e continua della qualità delle produzioni e dell’offerta territoriale”, spiega. Solo in Campania si consumano 4 milioni di ettolitri di vino all’anno, ma ne produciamo appena 1 milione e mezzo. “Se consideriamo anche il flusso turistico straniero che acquista prodotti “italiani” non esclusivamente campani, ci rendiamo conto di quanta dispersione di prodotto abbiamo. Le grandi varietà campane sono una grande ricchezza, ma manca una politica d’insieme”.

LA SFIDA GLOBALE E I MACRODISTRETTI. L’Irpinia ha candidato un suo Distretto del Vino con principali Docg del territorio, ma dovrà prepararsi a competere al livello globale, superando di fatto i competitor nazionali con politiche illuminate. “Il vantaggio di un contesto aggregativo più grande serve alle grandi e alle piccole aziend, ma impone la correzione delle storture che oggi vive il comparto: introdurre l’equo reddito per i vignaioli, implementare la ricerca e le sperimentazioni, modificare le produzioni in funzione dei cambiamenti climatici, acquistare le uve mai al di sotto di un prezzo minimo. Ad oggi le piccole aziende non possono assumere forza lavoro a causa della burocrazia stringente e si limitano a prendere gli stagionali, ma in cooperazione le cose andrebbero diversamente. Il prezzo del prodotto sul mercato sarà la risultante del valore del prodotto, ma anche della valutazione percepita”. Secondo Matarazzo “per essere competitivi bisogna creare i macro distretti legati ad un destino comune per il vino irpino, investendo in competenze e strategie politiche, affermando un modello capace di generare valore per una ampia platea sociale”. L’obiettivo, quindi, “deve essere un modello territoriale, in cui le risorse saranno gli strumenti, ma ogni risorsa sarà anche in grado di costruire un sub modello” argomenta l’esperto, attualmente impegnato nell’area del Vesuvio. “Sono rispettoso delle identità di ogni territorio, e cade in errore chi pensa di poter replicare modelli applicati altrove: la Campania gode di un mosaico di biodiversità e il comparto del vino ha una identità forte declinabile non solo come luogo a denominazione, ma anche come stile, o mood che si vuole raggiungere” conclude.


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