La sede del Coordinamento provinciale del PD irpino ad Avellino, in via Tagliamento

Le elezioni regionali imfiammano il dibattito politico in Campania e nel Paese, dove il Ministro Dario Franceschini, in una intervista su Repubblica di oggi, apre il cantiere dell’alleanza politica con il Movimento Cinque Stelle anche sui territori. Il ministro dei Beni culturali, capo delegazione dei Democratici nel Governo, oggi uomo dell’unità da Nicola Zingaretti a Matteo Renzi, estende a livello locale una strada che a Roma è stata già tracciata in vista delle elezioni per il Quirinale del 2022. La politica italiana corre, ma sotto le finestre chiuse e silenti di via Tagliamento ad Avellino, dove non molto tempo fa i governi italiani si facevano e disfacevano, nessuno se ne è accorto. Oggi sede del Partito Democratico, dopo essere stato uno dei centri nazionali del dibattito interno alla Democrazia Cristiana (fino alla stagione ulivista con il Partito Popolare anche a cavallo tra vecchio e nuovo millennio), questi locali austeri sono oggi una spoglia teca di ricordi sbiaditi. Perfino il consiglio comunale del capoluogo visto da qui appare irraggiungibile. La gigantografia di Alcide De Gasperi che campeggia nel salone, dove lo statista appare ritratto in un celebre discorso in piazza Libertà all’alba della Repubblica, ormai stona con il grigiore di uno stanzone dove l’unico suono è l’ovattato sottofondo del traffico. Questi uffici sono un diventati un deposito di pochi mobili e suppellettili, che per ora restano in questi appartamenti, in attesa che la fondazione venda tutto.

David Ermini

C’ERA UNA VOLTA UN PARTITO. La politica non abita più nella vecchia sede Dc, oggi solo custodita dal Partito Democratico irpino. Negli ultimi anni ha avuto tre amministratori del condominio partitico, definibile così visto che le diverse componenti locali neanche si parlano più, esattamente come vicini di casa scostanti. Si sono alternati qui due commissari e un segretario: l’attuale Vicepresidente del Csm David Ermini, che aveva affidato le chiavi ai suoi subcommissari; uno di questi, Giuseppe Di Guglielmo, eletto tra pochi intimi in un congresso annullato dal Tribunale di Avellino; ora Aldo Cennamo, nominato da Nicola Zingaretti per celebrare un congresso, che i capibastone del partito preferiscono opportunamente inviare a momenti più comodi e meno decisivi. Quando tutto questo ha avuto inizio, nel 2017 con la scelta del Nazareno di commissariare il partito al buio, in Italia il Pd governava da solo quasi tutto. Da allora si sono avvicendati tre governi (Gentiloni, Conte e Conte bis), tre partiti si sono imposti al vertice delle preferenze nazionali (nell’ordine: Pd, M5s, Lega), si sono celebrate elezioni politiche ed europee, il Pd nazionale ha avuto tre segretari (Matteo Renzi, Maurizio Martina, Nicola Zingaretti), il Comune di Avellino ha eletto due sindaci (uno 5s e un Pd non riconosciuto) e un nuovo presidente della Provincia (di Centrodestra con l’aiuto del Centrosinistra) si è insediato a Palazzo Caracciolo, Domenico Biancardi. Tutti questi eventi hanno visto queste stanze assolutamente estranee. Nulla di tutto quello che si è verificato, niente di ciò che il Pd ha finiti per fare, è maturato in via tagliamento, dove un gruppo dirigente non c’è più da anni. Da allora il Pd è passato dal Governo autonomo all’opposizione per tornare ora di nuovo al governo. Ma ad Avellino il partito nel frattempo non è pervenuto.

Il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti durante il briefing con i segretari regionali

UN MANDATO CHIARO (MA SOSPESO) PER IL CONGRESSO DEL PD IRPINO. Eppure con la elezione di Nicola Zingaretti sembrava che qualcosa dovesse cambiare. Dopo la pantomima dei separati in casa alle elezioni comunali, dove un pezzo di ex maggioranza e di ex opposizione al congresso del 2018 si sono alleate per affrontare e sconfiggere il partito ufficiale, ci aveva pensato il Tribunale di Avellino a imporre una svolta. Per commissariare via Tagliamento il Governatore del Lazio ha atteso infatti la decisione del giudice. Zingaretti lo ha fatto affidandosi ad un ex parlamentare di esperienza, cui ha consegnato un mandato chiaro: convocare il congresso. Nel mandato ricevuto (come dimostra la laconica lettera firmata dal segretario nazionale) Aldo Cennamo ha un solo preciso mandato: “…avviare nei tempi e nei modi che riterrà congrui l’iter congressuale per l’elezione del nuovo segretario e dei nuovi organismi provinciali”. Ma evidentemente i tempi non li ritiene ancora congrui. Dalla sua nomina sono passati due mesi, durante i quali lontano da via Tagliamento i principali riferimenti del partito hanno assunto molte decisioni, costretti ad assumersene la responsabilità politiche senza il supporto del Pd, della forza politica alla quale appartengono. Come ormai dalla fine del 2017, i tanti iscritti al Partito Democratico irpino sono costretti ad agire in solitudine, per l’assenza di un partito di riferimento, a differenza di quanto è accaduto per i parlamentari nell’ultima crisi di governo a Roma, per esempio. Non sono stati Matteo Renzi, Dario Franceschini o Paolo Gentiloni a chiudere l’intesa politica con il capo politico del Movimento Cinque Stelle Luigi Di Maio, ma è toccato a Nicola Zingaretti, Andrea Orlando e Paola De Micheli. Ad Avellino, al contrario, i riferimenti istituzionali che il Pd irpino esprime a Napoli, nel capoluogo e sul territorio, sono costretti alla supplenza. Mentre si condannano i personalismi, si accusano tanti di perseguire logiche autoreferenziali, frutto di una cieca ambizione, nulla si fa per ripristinare il processo democratico, che non potrà ripartire senza un chiarimento a norma di statuto, con la conta. Di fronte a posizioni diverse e, in alcuni casi, inconciliabili, la sintesi arriva a maggioranza. È accaduto con la elezione del segretario nazionale, frutto di una alleanza tra correnti in tante occasioni negli ultimi dodici anni, può avvenire anche ad Avellino. L’ultima volta che gli iscritti si sono contati in una assise valida è stato nel 2013, sei anni fa, ben oltre il mandato di una segreteria. E quando qualcuno ha tentato di ricordarlo, tra gli altri l’ultimo segretario eletto in un congresso valido, esprimendo la propria opinione in una rara occasione di confronto nella sede abitualmente chiusa di via Tagliamento, è stato interrotto e zittito. Con le elezioni regionali ormai alle porte, tutto proseguirà nello stesso modo e ai tanti che del Pd si candideranno nelle varie civiche senza il simbolo, si dovrà anche dire grazie per aver surrogato un partito che ha deciso lucidamente e insistentemente di non esserci. Per ora la responsabilità è ancora del commissario. Tra poche settimane sarà di Nicola Zingaretti, che non potrà accampare a lungo l’alibi di aver delegato qualcuno sul territorio. Un partito che ha la parola democrazia nel nome non può considerare il commissariamento una soluzione stabile per il Pd irpino o napoletano.


LA LETTERA CON CUI NICOLA ZINGARETTI COMUNICA LA NOMINA DI ALDO CENNAMO COMMISSARIO DEL PD IRPINO | Scarica il documento in formato pdf


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