Regionalismo differenziato, De Angelis: ridefinire il Titolo V

Il sindaco di Chiusano San Domenico interviene sul dibattito di queste ore, e chiede l'apertura di un confronto politico complessivo per definire la mancata riforma del Titolo V della Costituzione che riconosce le autonomie locali e che determina la base di partenza per trasferire maggiori competenze alle regioni

“Se il disegno del Titolo V della Costituzione è un processo non ancora ultimato, e non c’è chiarezza sulle funzioni e i principi fra Stato e Regioni, non ha senso parlare di regionalismo differenziato: invito la politica a recuperare il dibattito per azzerare la riforma del Titolo V e ripartire sulla scelta della forma di Governo che si vuole adottare”. Così Carmine De Angelis, docente ordinario di Diritto Costituzionale all’Università Roma 3 e sindaco di Chiusano San Domenico, federalista convinto e autore del libro “Le autonomie mancate”, attento all’evoluzione del dibattito politico di queste ore, chiede un confronto politico serio da parte degli addetti ai lavori, per ragionare “più che degli ulteriori poteri e funzioni, ovvero più che delle ulteriori materie da assegnare alla competenza delle Regioni, il quadro dei principi generali, che è già di per sè troppo astratto e generale”.

Con le crisi economiche e finanziarie che si sono succedute negli anni, la riforma del Titolo V della Costituzione non è mai stata davvero compiuta, demandando di volta in volta alla Corte Costituzionale il gravoso compito di dirimere le questioni di merito fra Stato e Regioni. In questo contesto il regionalismo spinto implicherebbe soltanto un maggiore aggravio per la Corte, senza risolvere davvero la già insistente conflittualità fra potere centrale e regionali. “Bisogna innanzitutto fare chiarezza su quale forma di Governo si vuole adottare: le incertezze non si risolvono certo affidando maggiori competenze alle Regioni. La questione sollevata oggi, però, ci consente di aprire un dibattito serio e affrontare la questione nel merito” continua De Angelis, convinto sostenitore della teoria federalista e del modello tedesco.

“E’ necessario ripartire dal Titolo V, dalla definizione delle Autonomie Locali, realizzare il federalismo fiscale e amministrativo, avviare trattative sulle funzioni intermedie delle Regioni” sottolinea il professore, che da tempo ha redatto e consegnato una proposta di legge in Parlamento sulla riforma delle Province per il superamento della Legge Delrio, evidenziando “il sospeso” che oggi grava sull’ente intermedio di secondo livello.

“E allora, prima ancora di individuare il “di più” servirebbe stabilire l’obiettivo delle rivendicazioni e i motivi che impediscono “a bocce ferme” il raggiungimento efficace e efficiente” argomenta De Angelis. “Evitiamo di affidare alla Corte Costituzionale il compito di definire la questione e aggravarla ulteriormente di responsabilità, ma affidiamo il dibattito alla politica seria e competente”.

“Ecco perché le ragioni di alcune regioni appaiono non illegittime o pretestuose, ma anacronistiche. Proprio perché l’applicazione dell’art. 116.3 interverrebbe in un quadro assai precario delle competenze in cui i contorni delle ulteriori forme e condizioni si scontrano con i profili inattuati della legge “La Loggia” o si dipanano nei meandri del mancato quadro attuativo degli art. 118 e 119 della Costituzione. Affrontare l’attuazione dell’art. 116.3 prima che sia avviata un’opera sistematica e di attuazione del Titolo V o di ridefinizione della forma di Stato e Governo significherebbe immergersi nell’indistinto del differente e sperimentare una legislazione in cui il contenzioso aumenterebbe ulteriormente lasciando, in assenza di una politica seria e competente, alla Corte costituzionale i già troppi compiti definitori. Le autonomie mancate sono frutto di una non adeguata opera di attuazione sistemica del Titolo V”.

Poi c’è lo slancio del Governatore campano Vincenzo De Luca, che ha accettato la sfida sull’efficienza e la sburocratizzazione, presentando però la sua ‘declinazione di regionalismo differenziato’, che prevede pari condizioni di partenza e di manovra degli apparati istituzionali. “Ho trovato quella di De Luca una risposta di tensione politica, tesa alla sfida fra Nord e Sud, ma che porterebbe anche anche alla sfida fra Stato e Regioni. Suggerisco di azzerare il Titolo V e scegliere sulla forma di Governo che si vuole adottare, con un Senato delle Regioni che consenta l’applicazione del federalismo non solo amministrativo ma anche fiscale. Poi si potrà ragione sulle ulteriori competenze e materie da trasferire”.

Ogni regione è parte di una stessa unità e non pezzi di un “arlecchinesco” Stato. Un pittore definisce prima lo spazio della sua opera e poi le differenze espressive; perché per poter esprimere il suo genio deve aver colto il senso della sua arte, prima che la tecnica realizzativa”.

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