I Popolari sconfessano Petracca su Cipriano ad Avellino: il Pd rifletta

Il Coordinatore de L'Italia è Popolare, Giuseppe Del Giudice, avverte i Democratici: «Il percorso avviato risulta contraddittorio con le premesse. C'è il rischio di vedere la coalizione divisa in tre parti». Chiede un supplemento di approfondimento al partito di via Tagliamento, altrimenti «assumeremo posizioni autonome»

Con una nota il coordinatore de L’Italia è Popolare, Giuseppe Del Giudice, prende le distanze dalla candidatura di Luca Cipriano, definendola frutto della fretta. «All’inizio era stato fissato un obiettivo alto, espresso nell’idea di fare delle elezioni di Avellino un’occasione di ripensamento critico del passato e una scommessa non solo locale per la costruzione di una coalizione ampia, plurale, rinnovata e ispirata dalla politica», si legge nella nota.

Del Giudice lascia intendere che senza ravvedimenti dei Democratici,«…il PD dovrebbe riflettere sulle conseguenze di quanto si sta determinando», rispetto a quella che definisce «una scelta clamorosamente contraddittoria», si organizzeranno di conseguenza. «Questo faranno i Popolari. Le scelte degli altri non spetta a noi spiegarle», si conclude.

Del Giudice indica nel dissenso registrato nella coalizione inizialmente riunita attorno al tavolo, poi nelle diverse vedute registrare nel Pd, la ragione per la quale il Pd dovrebbe ripartire da un confronto su basi diverse. La nota determina una frattura con le posizioni di Maurizio Petracca, che invece domenica aveva dato il via libera al percorso sancito dal gruppo dirigente del Pd, sostenendo la candidatura di Luca Cipriano per la guida del Comune di Avellino.

Di seguito al nota diffusa da Giuseppe Del Giudice.

Il tavolo del Centrosinistra riunito nella sede del Partito Democratico ad Avellino

Del Giudice: «Il PD dovrebbe riflettere sulle conseguenze di quanto si sta determinando»

Documento di Giuseppe Del Giudice Coordinatore de “L’Italia è Popolare”

All’esito di un percorso controverso dobbiamo prendere atto che la realtà delle cose non è quella di un nostro isolamento, ma di un’area democratica ridotta ad isole senza legami.

Il coordinatore provinciale dell’Area Popolare, Giuseppe Del Giudice

All’inizio era stato fissato un obiettivo alto, espresso nell’idea di fare delle elezioni di Avellino un’occasione di ripensamento critico del passato e una scommessa non solo locale per la costruzione di una coalizione ampia, plurale, rinnovata e ispirata dalla politica.

Del resto, la posizione espressa dalla segreteria di Zingaretti va nella direzione della costruzione di un partito più orientato a sinistra che esige della organizzazione di una forte area di centro.

Il nostro pensiero si è rivolto a cogliere, oltre la sola dimensione amministrativa, il mutamento di equilibrio politico in corso: il rallentamento del grillismo; l’erompere della destra come indurimento delle insicurezze; e, soprattutto, l’affacciarsi di un’area elettorale “alternativa e preoccupata” alla ricerca di riferimenti politici tradizionali e rinnovati insieme. Senza questo elemento di novità, simboleggiato dalla partecipazione spontanea e trasversale alle primarie del PD, non ci sarebbe stata le condizioni per un nuovo inizio. Non ci siamo fatti impensierire dalle frizioni iniziali e dalla ansia di conservazione di ruoli, intendendole come l’anchilosi di un corpo fermo da tempo.

Era per noi impensabile che, dinanzi a questo passaggio e con questi obiettivi, ci si riducesse a puerili espedienti, per affrettarsi a determinare candidature politicamente incolori, abdicando finanche al compito naturale dei partiti, quello di costruire alleanze.

Due assemblee pubbliche aperte, una riunione più tradizionale, decine di interviste, una lunga serie di parole impegnative, tutto questo bruciato in una settimana di contorsioni interne al PD, concluse da una comunicazione imbarazzante.

Nella fretta, chi ha realizzato questa operazione non si è reso conto che si lascia alle spalle un PD diviso almeno in tre pezzi; non c’è più alcuna coalizione tra forze politiche, ma un patto tra individui; e soprattutto, si mettono insieme soggetti che meno di un anno fa hanno consumato uno scontro ben oltre la politica, senza che si sia data una comprensibile spiegazione. Nulla a che vedere con le ambizioni iniziali.

In questa condizione ci pare di restare i soli a segnalare il grande fallimento che si sta consumando tra patti costruiti sull’ansia di arrivare per qualunque strada al governo della città e riflussi identitari.

Vorremmo avere il desiderio non velleitario che si potesse recuperare lo spirito iniziale.

Una condizione però che non ci spaventa: se le architetture messe in piedi non dovessero raggiungere risultati i prezzi politici da pagare saranno salatissimi.

Nel corso degli ultimi 11 anni siamo stati all’opposizione dei governi di questa città, altri erano in giunta e negli enti, quando si consumavano quei fatti che paradossalmente vengono denunciati dagli stessi protagonisti. Nel corso di questi 11 anni, non solo nell’aula del consiglio comunale, ma dalle diverse posizioni di rappresentanza espresse, abbiamo sempre costruito soluzioni per il bene di Avellino, al di là dei colori politici.

Il nostro essere Popolari è in questo tratto distintivo che ci impone di evitare di cadere nell’errore per un finto conformismo senza politica. Il PD dovrebbe riflettere sulle conseguenze di quanto si sta determinando.

Questa sarà la nostra posizione. Continueremo a dire cosa fare per il bene della città; e continueremo a dire, mai come questa volta, che il re è nudo: si sta facendo una scelta clamorosamente contraddittoria. Organizzandoci di conseguenza.

Questo faranno i Popolari. Le scelte degli altri non spetta a noi spiegarle.


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