Novolegno, il Pd di Pratola Serra: «Inutile il Mise, Fantoni investa»

L'INTERVENTO. Per Crescenzo Fabrizio il Gruppo Fantoni deve riprendere gli investimenti in tecnologie per rendere sostenibile l'impatto ambientale, mentre coinvolgere il Mise appare per l'esponente democratico irrealistico, dal momento che le vicende dell'Industria Italiana Autobus lo dimostrano inaffidabile

Polemica sulla chiusura della Novolegno tra esponenti politici e istituzionali della Bassa Irpinia. In una nota diffusa nel pomeriggio, il Segretario del Circolo Pd di Pratola Serra polemizza con il Sindaco di Montefredane, Valentino Tropeano, che aveva sollecitato l’apertura del confronto al Ministero dello Sviluppo Economico per tentare di scongiurare la chiusura della fabbrica. Per Crescenzo Fabrizio il Gruppo Fantoni deve riprendere gli investimenti in tecnologie per rendere sostenibile l’impatto ambientale, mentre coinvolgere il Mise appare per l’esponente democratico irrealistico, dal momento che le vicende dell’Industria Italiana Autobus lo dimostrano inaffidabile. Di seguito l’intervento integrale.


Novolegno, servono realismo e ragionevolezza.

di Crescenzo Fabrizio*

Dopo la minacciata chiusura della Novolegno, il sindaco di Montefredane Valentino Tropeano ha proposto di richiedere l’intervento del Ministero dello Sviluppo Economico.

Faccio fatica a comprendere il senso e le motivazioni di questa posizione.

Al netto della dimostrata incapacità di gestire un’altra vertenza che riguarda il territorio irpino come quella di Industria Italiana Autobus, occorre rendersi conto che siamo di fronte a una questione eminentemente territoriale che va a inserirsi in un contesto nazionale nel quale il Governo non ha una politica industriale, come dimostrano i dati su ordinativi e fatturato della nostra industria.

Si ragioni piuttosto su un altro piano, evitando di cadere nella trappola di mettere le ragioni dei lavoratori contro quelle di chi soffre da anni per perdite di familiari a causa di malattie sempre più diffuse, e quelle di chi denuncia la incontestabile devastazione ambientale del territorio. Questi drammi di certo non sono imputabili alla Novolegno considerata singolarmente, ma attengono a una richiesta diffusa di salvaguardia del patrimonio ambientale e di uno sviluppo sostenibile.

Sviluppo e occupazione da una parte e salute dei lavoratori e dei cittadini dall’altra non sono due obiettivi inconciliabili fra di loro: in fondo cosa chiedono alcuni amministratori e le associazioni rappresentative dei comuni interessati? Che si prendano come riferimento i parametri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità anziché quelli stabiliti dalle leggi, queste ultime necessariamente frutto di mediazioni e di una contemperazione di interessi; non è in discussione l’applicazione della norma ma la ragionevolezza nell’applicarla, tenendo conto di una realtà gravata da un tasso di inquinamento intollerabile. Sulla salute delle persone non possono esserci transazioni o accordi al ribasso.

C’è da considerare, inoltre, che la salvaguardia dell’ecosistema è un’esigenza avvertita a livello mondiale: diversamente, non ci sarebbero stati il protocollo di Kyoto e gli accordi di Parigi, né saremmo alla vigilia di una rivoluzione copernicana che interessa il settore trainante dell’industria italiana e anche irpina – l’automotive – che prevede il passaggio dalla produzione di motori alimentati da combustibile fossile a quelli elettrici. E cos’altro chiedono alla Novolegno coloro che spesso spregiativamente vengono definiti ambientalisti? Nient’altro che adottare per Montefredane le stesse cautele e politiche praticate per lo stabilimento di Osoppo in Friuli. Bene ha fatto il Segretario provinciale della Fillea-Cgil di Avellino Antonio Di Capua a sottolineare come il Gruppo Fantoni abbia investito decine di milioni di euro al Nord e praticamente nulla nella nostra provincia.

Alla Fantoni, infine, andrebbe ricordato che a Pianodardine e in tutta la Media Valle del Sabato opifici e agricoltura, lavoro e risorse ambientali, hanno portato sviluppo nella coesistenza. E’ stato così per secoli.

Quindi Novolegno investa per collocarsi in questo contesto, che è culturale prima ancora che economico: invece di lanciare minacce investa risorse senza pretendere, con la strumentalizzazione di circa 200 famiglie che vedono mettere a repentaglio il loro futuro, una sorta di immunità ed extraterritorialità: i dati documentano un’emergenza ambientale e sanitaria; se ne prenda atto una volta per tutte. A nulla serve, quindi, andare a chiedere al Ministro Di Maio non si sa bene cosa; molto più utile è invece coinvolgere in un percorso costruttivo e decisionale, con la regia della Prefettura, esponenti di governo e parlamentari irpini, Regione e Provincia, l’azienda, i sindacati e gli imprenditori della provincia, i sindaci e le associazioni dei comuni coinvolti, l’Asl e l’Arpac, il CNR e le Università, al fine di definire un’analisi condivisa sull’impatto ambientale e da questa partire per mettere a punto una strategia territoriale di contenimento delle emissioni dannose, di controlli puntuali, certificati e verificati anche da organismi indipendenti.

All’Irpinia tutto serve fuorché una guerra tra “poveri”: lavoratori licenziati da una parte e cittadini ammalati di cancro e i loro familiari dall’altra. La speranza è quella che l’azienda non stia provando a giocare su questo terreno pericoloso, la certezza è che le istituzioni, la politica, il mondo del lavoro e la società civile della nostra provincia debbano dare un segnale chiaro e concreto: più controlli e più tutela ambientale per preservare posti di lavoro e salute dei cittadini.

(*): Segretario Circolo «Moro-Berliguer» di Pratola Serra


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