Ciriaco De Mita

Il ricordo di Michele Grella nelle parole di Ciriaco De Mita è stato lo spunto per una lezione di politica. O meglio, di pre politica nell’Italia e nel Mezzogiorno di oggi. Con il suo abituale linguaggio a tratti didascalico, ricco di immagini e denso di rimandi, l’ex segretario della Democrazia Cristiana ieri pomeriggio ad Avellino ha rappresentato con efficacia la crisi di un sistema democratico che non è solo di rappresentanza politica, ma di elaborazione di un pensiero. Manca la visione. Non citandoli, ha lasciato intendere che all’Italia non servirebbero ‘solo’ degli Alcide De Gasperi, ma soprattutto dei don Luigi Sturzo, figure di intellettuali in grado di legare la riflessione sulla società al destino dell’uomo.

Nel contesto attuale nazionale e locale non ci sono politici in grado di mettere il potere al servizio della comunità, ma nemmeno intellettuali disposti ad elaborare idee e, tantomeno, ad esprimerle.

La politica di questi mesi e anni ha smarrito la capacità di riflettere, quindi non ha basi su cui fondare prospettive, non sa dove andare, nè se ne preoccupa. La descrizione amara della politica attuale rinvia ad una decadenza evocata quasi in senso letterario. Nel ragionamento demitiano Matteo Salvini incarna l’esempio di cosa siano i politici oggi, al di là della collocazione politica. Perseguendo con il suo agire presenzialista la convenienza politica, il leader del Carroccio non affronta le obiezioni e le disponibilità al confronto, ma va avanti ad ogni costo incurante delle conseguenze, perpetuando semplicemente lo status acquisito. Un modello esattamente opposto a quello sturziano, fondato sul cambiamento e sul dinamismo, necessari motori della libertà individuale. “Se giungessero mai a conquistare davvero il potere, non saprebbero cosa farne”, la conclusione di De Mita, che non risparmia la realtà locale. Anzi, la affronta con chiarezza e senza.metafore.

“NON CI SONO CANDIDATI VERI PER AVELLINO”. Lo scenario attuale propone aspiranti statisti che si accontentano di occupare le istituzioni, a Roma come nel più piccolo Comune del Mezzogiorno, fregiandosi del titolo e dei suoi vantaggi formali, anzichè servirle nella prospettiva di un progresso sociale. I rinnovatori puntano semplicemente a sedersi al posto di chi c’è o c’è stato. Se un tempo si criticava la gestione del potere, paradossalmente oggi si accetta sia meramente ridotto a fine.

Nel discorso demitiano quello che negli anni Settanta e Ottanta sarebbe stato definito un deficit di classe dirigente, rende difficile anche individuare la candidatura migliore. Un modo per dire che quelle sul tappeto si equivalgono per inadeguatezza. È preminente la mancanza di pensiero soprattutto sul lato degli intellettuali, bravi a parlare per anni, oggi però in silenzio.

Don Michele Grella, parroco di San Ciro, ad Avellino, scomparso il 20 febbraio 2009

“DON MICHELE ESEMPIO DA RECUPERARE”. Ricordandolo con affetto e non senza rimpianto, De Mita indica don Michele Grella come modello di carità risoluta, che lo avrebbe portato ad aiutare le persone a superare la difficoltà di pensare. “Non si sarebbe arreso di fronte alla situazione”.

UN PARROCO CON LA CURIOSITÀ DI COMPRENDERE. A dieci anni dalla scomparsa il parroco di San Ciro è stato ricordato per i gesti, le azioni e le parole, nel corso di un convegno promosso per riproporne la figura e l’impegno alla vigilia del decimo anniversario dalla morte, il 20 febbraio 2009. Uno sforzo che hanno compiuto anche gli autori del libro presentato nella Sala Penta della biblioteca provinciale, “Don Michele Grella – 10 anni dopo”, cioè Gennaro Bellizzi e Gianni Festa. La vita di un sacerdote attento alle evoluzioni sociali nei decenni, a partire dal Secondo Dopoguerra, curioso di una realtà che cercava di comprendere, forte di una tensione morale, che lo portava alla carità e alla generosità disinteressata.

IL giornalista Gianni Festa

 

 

 

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