Nocciole italiane

In Australia un solo uomo, Paul Geurtsen, coordina un progetto che prevede la piantagione di un milione di noccioleti legato alla Ferrero Spa, e produrrà il top di gamma che si produce in provincia di Avellino. Si tratta di un progetto che ha riscosso talmente tanto successo nel nuovo continente che il Governo australiano ha addirittura autorizzato la modifica del corso fluviale per le irrigazioni, mentre in provincia di Avellino il comparto arranca e combatte contro la flessione dei pressi della nocciola, e attende che la multinazionale dolciaria possa tendere una mano al territorio e costruire ricchezza.

La Ferrero di Sant’Angelo dei Lombardi, nell’area industriale di Porrara

“Sul grano, le castagne e le nocciole l’Irpinia rischia di fare la fine dell’altopiano del Laceno” avverte Giampaolo Rubinaccio, coordinatore nazionale di settore “area frutta a guscio” dell’Organizzazione interprofessionale Ortofrutta Italia. “La produzione delle nocciole in Irpinia in questo momento non ha futuro: offriamo tante qualità che però non sono sufficienti all’industria, e le grandi multinazionali sono alla ricerca di nuovi produttori agricoli che hanno maggiore facilità orografica, mentalità aperte e strutture consone” spiega. “La Ferrero investe in Turchia, Loacker compra dal Grossetano: il problema vero dell’Irpinia è che non ci mettiamo in discussione e il sistema produttivo continua a sottolineare una nobiltà territoriale, senza considerare che oggi conta la qualità delle imprese e del prodotto”.

Come riporta l’AbcNews, in Australia un solo produttore, la Agri Australis, società sussidiaria di Ferrero Australia, ha realizzato questo gigantesco investimento nella regione di Riverina, nel Nuovo Galles del Sud. I nuovi impianti dovrebbero garantire una produzione di prodotto con guscio pari a cinquemila tonnellate entro il 2020. La produzione australiana di nocciole sarà quindi sviluppata in misura significativa. Il Paese, infatti, ne produce attualmente circa 170 tonnellate, con le industrie che dipendono completamente dalle importazioni.

Mentre monta il sogno di incrementare la produzione della nocciola per brandizzare il prodotto e legarlo al territorio e si fomentano le aspettative di chi immagina di agganciare la produzione tipica irpina ad un marchio internazionale dell’industria dolciaria come la Ferrero, la provincia di Avellino resta isolata dalle grandi manovre e dagli accordi commerciali di respiro internazionale. “Perchè la provincia di Avellino ha appena 12mila ettari di nocciole, e perchè manca una cabina di coordinamento in grado di raggruppare i produttori e remare tutti dalla stessa parte” ha spiegato Rubinaccio.

L’Istat rileva che la provincia di Avellino guida la classifica campana per superficie (ettari) e produzione (quintali) coltivata a nocciole, mandorle, pistacchi e fichi. La tavola statistica relativa al 2017 ed esplicativa del comparto “agricoltura e zootecnia” rileva 8mila e 300 ettari di superficie totale vocata a nocciole,con 148mila quintali di produzione totale, e 145mila tonnellate di produzione raccolta. Si considerano anche le mandorle, che vengono coltivate e prodotte in misura assai minore, ma sempre a leadership irpina: appena 200 tonnellate. A livello regionale, invece, la produzione totale di nocciole ammonta a 381mila e 674 tonnellate, coltivate su una superficie di 21mila 144 ettari.

“Vocare nuovi territori a noccioleto è un percorso molto lento. Da noi c’è già chi produce nocciole, anche se questo è solo il secondo anno in cui l’attività viene considerata remunerativa. Ad Avellino la terra è poca e le Politiche Comunitarie offrono un sostegno soltanto a chi ha già un’attività agricola o terreni a disposizione. Un giovane che vuole intraprendere da zero un’azienda è impossibilitato” chiarisce.

Franco Alfieri, Consigliere Delegato all’Agricoltura della Regione Campania

I requisiti elencati dai bandi regionali prevedono il possesso di terreni come garanzia da poter offrire in pasto alle banche o alla concessione del fondo regionale stesso. Altra cosa sono invece le misure aperte da Invitalia, che nell’accompagnamento alle imprese esclude il requisito della “bancabilità”, ma sostiene le idee ex novo. Altra falla individuata sul campo della progettazione e delle misure del Prs, attiene all’età anagrafica dei coltivatori, spesso in avanti con gli anni e poco inclini alla sperimentazioni tecnologiche legate all’agricoltura, come la fibra ottica, il wi-fi, ed altri strumenti.

Stando al termometro dell’ex Presidente di Coldiretti Avellino, in Irpinia chi ha già nocciole e una strutturazione aziendale con personale specializzato sono davvero pochi. Spesso è facile trovare giovani provenienti dall’est Europa, con un titolo di studio altamente specializzato che si prestano a lavorare nelle aziende. “Ma non so se i ragazzi italiani lo farebbero” commenta.

Un areale da prendere in considerazione per l’impianto di nuovi noccioleti è sicuramente quello di Montemiletto, che ha un terreno consono a questo tipo di coltivazione. “La percentuale di coltivazione della provincia in questo momento è al di sotto delle due cifre, e l’analogia del territorio con il nocciola non è più corretta: se nei millenni non c’è stata espansione delle coltivazioni allora dovremmo ricrederci” avverte.

Rispetto all’ambizioso programma nazionale di coinvolgimento dei territori da parte di Ferrero, si attende la convocazione ufficiale della Regione Campania per l’allestimento di un tavolo di confronto con le associazioni di categoria e i vertici istituzionali, che ad oggi ancora manca. L’azienda di Torino esclude al momento una trattativa con la Campania, mentre si moltiplicano le iniziative di acquisti di terreni da vocare a nocciole, in prospettiva di vendere la produzione a Ferrero e aderire al complesso programma di sviluppo annunciato dalla multinazionale dolciaria che a Sant’Angelo dei Lombardi ha già investito nel dopo terremoto.

L’Irpinia ha la possibilità di incrociare gli interessi dell’azienda, far decollare il comparto e pianificare una crescita dell’economia locale? Il coordinatore nazionale di Ortofrutta ingrandisce la lente e spiega che la varietà di nocciole si divide fra il “tipo tondo” e il “tipo lungo”. Del primo tipo- tondo- fanno parte le varietà prodotte nelle Langhe, a Perugia, nella provincia romana, a Giffoni, a ridosso di Pianodardine , Pietradefusi, Fontanarosa e Caposele. Del secondo tipo invece- le non lunghe- si producono a Napoli, fra cui è possibile elencare la varietà Mortarella, che è un prodotto da taglio industriale e utilizzato da Ferrero per tagliare l’acidità e rendere gradevoli le nocciole della Turchia.

La iper celebrata “Mortarella” serve per tagliare la pasta di nocciole oppure la granella, ma non bisogna dimenticare che la Loacker ha messo sul mercato i wafer alla nocciola con la denominazione Napolitaner, che deriva dal fatto che in origine venivano utilizzate solamente qualità di nocciole coltivate nei territori intorno a Napoli. Ma nonostante il grande successo del prodotto sul mercato, non è stato registrato nessun incremento o miglioramento della qualità offerta.

“In Irpinia la filiera produttiva è frastragliata: non si superano i 400 quintali fra 50- 60 aziende considerate di media dimensione. La restante parte di produttori è troppo piccola e non ha la struttura aziendale per la raccolta e lo stoccaggio. A questo bisogna aggiungere che nel mondo sono stati fatti investimenti per miglioramenti genetici e sono nate 6 o 7 varietà nuove di nocciole che hanno colonizzato il mercato, come la Cultivar di Giffoni. In Turchia ci sono tre Cultivar che prendono il nome dalle regioni che implementano la coltivazione: sono piante che producono un piccola quantità per ettaro, 400 quintali circa, ma prevedono costi di gestione ridotti e sono una fonte di ricchezza”.

Resta il quesito di partenza. Perchè non in Irpinia?

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