Francesco Pionati

«Dalla società civile può venire un contributo importante per la rinascita del capoluogo irpino. Da avellinese, che conserva un forte legame con la propria città di origine, non posso disinteressarmi alle sue sorti. Penso sia giusto dare un contributo». L’ex senatore Francesco Pionati, già vicedirettore del Tg1, non nasconde la sua preoccupazione per lo stato di abbandono in cui versa Avellino e per l’instabilità del quadro politico ed amministrativo locale.

Come nasce l’intenzione di scendere in campo alle prossime amministrative? (Leggi l’articolo)

«Non ho nessuna velleità politica da coltivare. Sono però colpito dalla condizione di grande sofferenza della città. Se lasciassimo prevalere l’indifferenza, rischieremmo il completo sfaldamento della comunità ed un degrado totale. E’ necessario perciò darsi da fare per invertire la tendenza, se ve ne saranno le condizioni».

Di chi è la responsabilità di questa situazione?

«Abbiamo assistito in questi anni ad un degrado politico ed amministrativo senza limiti. A prevalere non è stato l’interesse generale, ma soltanto il posizionamento personale. Ed anche chi si è presentato come il nuovo, come l’alternativa, ha dimostrato di non essere all’altezza della sfida ed ha imbarbarito ulteriormente il dibattito. Insomma, in questi anni, sono mancate competenze e passione civile».

Quale dovrebbe essere l’orizzonte politico nel quale costruire la nuova esperienza?

«Parlare di schieramenti ormai non ha più senso. C’è stato un terremoto politico. E’ stata fatta tabula rasa. Il centrodestra non esiste più. Lega e Forza Italia si scontrano continuamente sul piano nazionale, salvo ritrovarsi nel governo di alcune Regioni. In Parlamento abbiamo assistito alle comiche dei berlusconiani che indossavano i gilet azzurri, ad imitazione di quelli gialli francesi, per non parlare dei temi portati avanti dal partito di Salvini. Il Pd è dilaniato dagli scontri interni e per nulla capace di indicare una prospettiva. E di cabaret ne hanno regalato tanto anche loro».

Il vento dell’antipolitica ha fatto saltare completamente gli equilibri.   

«Un’intera classe dirigente non è stata più in grado di leggere la realtà e di imprimere un cambiamento alla linea politica e, quindi, è stata spazzata via. Una reazione comprensibile da parte dell’elettorato. Ma dopo l’azzeramento, è necessario ripartire. Serve però un’alternativa credibile».

A chi lancia, dunque, il suo appello?

«Alle persone di buona volontà e di qualità. Servono numeri, intelligenze ed energie nuove per cogliere il risultato. Chi è venuto prima ha fallito. Non è un caso che si torni alle urne in anticipo».

Quale dovrebbe essere l’idea amministrativa chiave del progetto?

«Basta con le grandi opere e con i progetti faraonici, dispendiosi ed inutili. Il Mercatone dovrebbe insegnarci qualcosa. Serve una politica amministrativa a dimensione di Avellino. Una piccola realtà, che potrebbe essere gestita in modo virtuoso e tornare ad essere un centro vivibile, dotandosi di servizi moderni ed efficienti».

E sul piano nazionale, ritiene che possano registrarsi novità?

«Soltanto se si andasse verso un sistema elettorale proporzionale puro si potrebbe voltare pagina. I poli verrebbero superati. E’ tempo di ricostruire un nuovo humus politico. La protesta non basta più. Bisogna avere le capacità per risolvere i problemi. A Roma, il sindaco Virginia Raggi dei Cinque Stelle, avrebbe dovuto – almeno nelle sue intenzioni – risolvere il problema dei rifiuti, ma ormai ce li ha anche sotto casa sua. La Capitale in questi anni ha fatto incredibili passi indietro».

Oggi, a cento anni dalla nascita, viene ricordata la figura di suo padre, Giovanni, stimato sindaco di Avellino ed intellettuale. Una figura di altri tempi. Quali insegnamenti potrebbero trarne le giovani generazioni?

«E’ un richiamo ad una generazione di politici che erano dei galantuomini. Persone di spessore, professionisti che decidevano di avere una dimensione pubblica. Non parlo solo di mio padre, ma anche di altri sindaci, come Maurizio Valenzi a Napoli, o degli amministratori che animavano il consiglio comunale di Avellino. Persone di cultura, che rispettavano le istituzioni ed offrivano il proprio contributo. Oggi è uno spettacolo indecente. C’è una regressione della politica, che trova riflesso nell’avvelenamento d  ei rapporti sociali. Manca la capacità di costruire relazioni ed una civile convivenza».


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