Piero Mastroberardino

Gli impianti per il trattamento dei rifiuti devono essere una risorsa che qualifica il territorio e la vivibilità da parte dei suoi abitanti, non uno strumento per distruggere l’enorme fatica compiuta dai produttori vinicoli che stanno valorizzando la storicità dei vigneti e difendono le tipicità degli areali a marchio di denominazione certificata.

La marcia dei trattori contro il Biodigestore

Per la prima volta, a pronunciarsi contro l’installazione del biodigestore di Chianche e quello che è stato definito “uno scempio ambientale” è scesa in piazza l’Irpinia del vino: un esercito di 180 trattori che ha impegnato 4 km di strada e manifestare il proprio dissenso alla collocazione dell’impianto autorizzato dalla Regione Campania. Un fronte di lotta che si unisce ai comitati impegnati a difesa della Valle del Sabato e contro lo Stir di Pianodardine, e che oggi inchioda un parterre di associazioni di categoria e istituzioni per ristabilire la rotta dell’intera provincia.

Se da un lato si considera annullata l’autorizzazione concessa al Comune di Chianche- reo di avere partecipato ad una manifestazione di interesse e di avere ottenuto l’approvazione al progetto di fattibilità- i riflettori del dibattito sono puntati sulla stesura del Piano provinciale del Ciclo dei Rifiuti e sul dialogo che insiste fra l’esecutivo dell’Ato rifiuti e gli amministratori della provincia. A tale proposito il Comune di Prata Principato Ultra promuove un incontro dibattito sul tema: “Quali politiche intercomunali per la soluzione dei problemi ambientali e dello sviluppo dei territori dell’area del Greco di Tufo e della Valle del Sabato”.

Un incontro che Piero Mastroberardino, espressione di una delle cantine vinicole più prestigiose dell’Italia meridionale, e docente universitario, ha definito come il primo passo della seconda fase di una “battaglia culturale”: “Siamo impegnati da mesi sul tema della tutela ambientale, e oggi non ci troviamo soltanto a discutere del biodigestore di Chianche, ma ad aprire una riflessione su una vocazione territoriale” argomenta.

Dopo il sindaco Bruno Petruzziello e del coordinatore del movimento “No al biodigestore, sì al Greco di Tufo” Ranieri Popoli, interverranno l’imprenditore Silvio Sarno, il segretario generale della Cisl Irpinia Sannio Mario Melchionna, Piero Mastroberardino come componete del Consorzio di Tutela Vini d’Irpinia, il presidente di Confartigianato Avellino Ettore Mocella, il presidente del Gal Partenio Luca Beatrice, il presidente del’Ato rifiuti Avellino Valentino Tropeano. Sono stati invitati invece a discutere del ruolo della Regione e della Provincia nel rapporto con gli Enti Locali e territoriali Domenico Biancardi, presidente della Provincia di Avellino e Rosetta D’Amelio presidente del Consiglio regionale della Campania.

Recuperare il paradigma della “Verde Irpinia” è l’obiettivo di Mastroberardino, determinato a ottenere la giusta collocazione delle eccellenze storiche dei vitigni nella considerazione complessiva del territorio, tale da determinare le scelte e le direttrici di indirizzo politico sugli interventi. “Non c’è una sensibilizzazione diffusa sul tema dell’ambiente: in passato la verde Irpinia era un’etichetta imprescindibile di questa provincia, ma ora questa definizione è in disuso” continua. “Per questa ragione il nostro obiettivo deve essere quello di ripristinare il vissuto positivo perchè non si può rinunciare passivamente ad una condizione distintiva, ma condividere e valorizzare un primato”.

La stesura del piano integrato del ciclo dei rifiuti deve tenere conto di queste prerogative. “Se gli impianti esistenti non sono sufficienti rispetto al tonnellaggio previsto dalla Regione, sarà opportuno ragionare con i sindaci e avviare un’analisi sulle risorse esistenti per verificare le possibilità concrete. In secondo luogo bisognerà censire tutti gli impianti che abbiamo- pubblici e privati-; e nel caso in cui si dovesse registrare un deficit di impiantistica, bisognerà valutare la migliore soluzione tecnologica possibile per interagire al meglio con i luoghi” spiega il professore.

L’ubicazione dell’impianto è l’ultima fase da affrontare e non può prescindere dalla Legge Regionale. “Proprio sul rispetto della legge abbiamo fondato la battaglia contro il biodigestore di Chianche, e ho delle aspettative razionali sulle scelte future” sottolinea. “I parametri elencati dalla norma prevedono che l’ubicazione non avvenga in una zona ad alta vocazione ambientale e produttiva agricola, che non impatti sui prodotti del territorio; che sia allestita in una zona industriale già attrezzata, per ridurre i costi dell’utenza: analizzando le aree industriali non sarà difficile trovare opifici dismessi. Altro requisito, quello della prossimità a strade di rapido scorrimento e collegamento, per evitar che mezzi pesanti e autoarticolati possano percorrere strade tortuose e residenziali”.

Valentino Tropeano, si daco di Montefredane e presidente dell’ente d’ambito irpino per i rifiuti

Una grossa fetta di responsabilità è nelle mani dei sindaci, dunque, che sono chiamati a pronunciarsi nell’assemblea dell’Ato rifiuti. “L’Ato Rifiuti interagisce con le comunità e con le forze produttive, ma deve coinvolgere i cittadini e individuare almeno 5 aree papabili, e aprire un bando di concorso per verificare le disponibilità. Si tratta di un percorso semplice ed essenziale, anche per evitare che tutto si areni o che le scelte vengano prese nelle stanze dei bottoni”. Nel bilancio delle scelte di allocazione delle risorse pubbliche, gli impianti devono creare valore, non distruggere. Ubicare gli impianti di trattamento oggi significa distinguere le risorse agricole e a potenziale turistico dell’area, che sono una realtà consolidata e hanno già predisposto un corollario di elementi tesi a puntellare il brand vinicolo provinciale.

 

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