Riparte dalla Campania la guerra dell’acqua nel Mezzogiorno. Contrariamente a quanto accadde all’inizio del 2010, quando l’allora esecutivo guidato da Stefano Caldoro firmò un preliminare di accordo con i pugliesi che aumentava le quantità di idroprelievi dalle sorgenti irpine, stavolta Napoli dà l’altolà alla amministrazione di Bari.

Acquisendo le proposte e le istanze di numerose organizzazioni ambientaliste impegnate nella difesa dell’interesse campano (versante irpino, ma anche salernitano) sul fiume Sele, considerando gli studi prodotti negli anni dagli Ato e dall’Alto Calore Servizi, ma anche dall’Ente Parco dei Picentini, la piattaforma predisposta dalla Regione Campania punta a razionalizzare i trasferimenti verso la Puglia, riportandoli ai livelli già previsti prima che alcune importanti opere fossero completate.

Il Potabilzzatore di Conza

La tesi di Palazzo Santa Lucia è semplice: con l’entrata in funzione a pieno regime del potabilizzatore di Conza della Campania, la Puglia otterrà un’aggiunta di 1500 litri al secondo dall’invaso (da destinare a scopo irriguo), cui si aggiungerà la possibilità di sfruttare costantemente la massima portata di trasferimento da Caposele con la nuovissima galleria Pavoncelli bis, dove i controlli sul passaggio delle acque resta peraltro in testa all’Acquedotto Pugliese. Di qui, l’esigenza di vedere restituita alla Campania, per il fabbisogno in parte del Distretto irpino-sannita, in parte per alleggerire la pressione sulle sorgenti, negli ultimi decenni sfruttate fino ad intaccare le riserve.

Al tavolo distrettuale romano l’amministrazione della Campania porterà richieste molto precise in termini numerici. Rispetto al 7 per cento di restituzione concordata durante la fase più drammatica dell’emergenza idrica nel 2017, l’obiettivo è arrivare ad una restituzione a regime del 30 per cento. In questa fase transitoria, ha spiegato la Presidente del Consiglio Regionale Rosa D’Amelio, incontrando a Contursi i rappresentanti dell’Associazione Amici del Sele e il Presidente della Riserva Sole-Tanagro Antonio Briscione, la Campania può accontentarsi di vedersi restituito tra il 14 e il 15 per cento rispetto agli accordi nazionali. Alla Puglia converrà trovare un’intesa su queste basi, sostiene il Vicepresidente della Giunta Regionale, Fulvio Bonavitacola, salvo arrivare allo scontro con un contenzioso che potrebbe determinare conseguenze peggiori per il Governo di Bari, stante gli ormai precari equilibri ecologici del bacino idrografico dei Picentini, a causa dello sfruttamento intensivo prodotto negli ultimi anni.

L’interno della parte nuova Galleria di Valico, la cosiddetta “Pavoncelli bis”

LA SITUAZIONE ATTUALE DEGLI IDROPRELIEVI. In base agli accordi di inizio ‘900, poi rimodulati dalla evoluzione normativa, la Puglia può attingere (e di fatto preleva) acqua soprattutto dalle sorgenti di Cassano Irpino e di Caposele, quindi dal Calore e dal Sele. Dalle Sorgenti di Cassano Irpino ha diritto a raccogliere 2.540 litri/secondo di portata media e 4.000 litri/secondo di massima; da Caposele 4.000 litri/secondo, cui si aggiungono i 363 litri/secondo nel diritto dei cittadini residenti, ceduti all’Acquedotto Pugliese con una convenzione resa operativa dal 2014. Questi due flussi idrici sono diretti in Puglia attraverso il passaggio della Galleria Pavoncelli e destinati ad uso civile e consumo umano. Giungeranno per la stessa strada anche le acque dell’Invaso di Conza, fonte preziosa per l’agricoltura nel Tavoliere. La richiesta della Regione Puglia è di 1500 litri al secondo, rispetto ai 550 stabiliti sulla carta, atteso che il potabilizzatore, inaugurato nel 2012 non è stato mai attivato in precedenza. Altri 930 litri arrivano dal lago San Pietro Aquila Verde nei pressi di Monteverde. Sul lago la Regione Campania può accordare il via libera, se si rinuncerà a quasi un terzo delle acque del Sele.

L’invaso di Conza della Campania

IL NODO INFRASTRUTTURE E I CONTRATTI DI FIUME. La posizione della Regione Campania sulle politiche idriche non si ferma solo alla regolazione dei flussi interregionali, ma punta anche a creare le basi per un efficientemento dei consumi. In parole povere, occorre rifare le reti, ammodernare gli impianti e fermare l’emorragia di perdite, che nella sola area dell’Irpinia e del Sannio si traduce in uno spreco pari a 1500 litri al secondo, cioè tanto quanto la Puglia è autorizzata a prelevare dall’invaso di Conza. Occorrono investimenti massicci, al di là di quelli (pochi) per ora messi in campo. Il fabbisogno accertato in provincia di Avellino e nell’ambito sannita si aggira sul miliardo e mezzo di euro in trent’anni, stando al dimensionamento presente nel Piano d’Ambito 2012, l’unico strumento di programmazione effettivamente disponibile in Campania per quello che riguarda i fiumi Sele e Calore. La Campania punta a dare impulso ai Contratti di Fiume (per Ofanto e Sele in particolare, ci sono iniziative avviate, con il secondo molto avanti), sfruttando la capacità di questa programmazione negoziata per raccogliere anche fondi privati delle imprese legate all’agricoltura multifunzionale, ma non solo. La Puglia, co-interessata al futuro delle sorgenti, dovrebbe intervenire con i ristori, ma anche con contratti di programma. La partita è appena agli inizi, ma la Campania deve chiudere la trattativa entro un anno, in anticipo cioè rispetto alla chiusura della legislatura, prima delle elezioni regionali previste per la primavera del 2020.

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