Realbeef, ancora odori molesti.
Il sindaco Lanza chiama l’azienda.

Richiesta di archiviazione per la notizia di ipotesi di reato ambientale. La relazione tecnica "suggerisce" margini di miglioramento nel filtro dei fumi.

Valle Ufita – Centocinquanta capi di bestiame affetti da brucellosi da “smaltire” presso la società Realbeef di Flumeri. Questa, l’ultima nota pubblica relativa al Macello ufitano. Una vicenda di cronaca locale che si innesta e si schiude in un’altra faccenda. Quella legata agli odori nauseabondi che si avvertono in contrada Tierzi (dove ha sede lo stabilimento) e a volte, anche nel centro urbano.

Il primo cittadino Angelo Lanza a stretto giro incaricherà un professore per approfondire e cercare di capire l’entità del disagio. Soprattutto vorrà capire quali possibili soluzioni possono essere praticate e proposte all’azienda. I vertici infatti saranno convocati dal sindaco. “Cercheremo di dialogare e valutare insieme le soluzioni da adottare”, dichiara Lanza.

L’azienda, si occupa di “Lavorazione e conservazione di carne (escluso volatili)”. Avviata nel 2004, nel tempo, la società ha cozzato quotidianamente con il vicinato causa il disagio causato dal cattivo odore proveniente dall’edificio.

Nel 2010 alcuni residenti hanno espresso all’autorità giudiziaria competente richiesta di avvio a procedere in ordine a ipotesi di inquinamento ambientale e per l’odore molesto. L’azienda è stata interessata da un provvedimento di sequestro per ipotesi di inquinamento ambientale cui ha fatto seguito un provvedimento di dissequestro. Realbeef intanto si è impegnata nel mettere in atto tutte le necessarie azioni utili a ridurre il disagio da odori nauseabondi.

Tuttavia, l’incresciosa situazione pare aver ripreso piede. 

In ordine cronologico, le ultime evidenziate da alcuni cittadini, riguardano la richiesta di archiviazione perchè la notizia di reato risulterebbe essere infondata. Alla stessa è allegata una relazione tecnica depositata presso il Tribunale di Benevento nel marzo 2017.

Il documento è stato redatto dal professor Francesco Colangelo dell’Università Parthenope di Napoli (Settore Scienza e Tecnologia dei Materiali) e dagli ingegneri Giovanni Ferrara e Giuseppe Ruocco. Nelle conclusioni viene riportato che la percezione di cattivi odori è pur sempre fatto soggettivo. Ad ogni modo vengono evidenziati altri aspetti. Tutti passati al vaglio dell’autorità giudiziaria competente.

Tra gli altri la relazione riferisce che, in fase di campionamento, “si è notato la fuoriuscita di vapore da una griglia presente all’ingresso del corpo C e da un ulteriore camino di sfiato. La sensazione comune tra i presenti al sopralluogo – leggiamo dalla relazione – è che l’odore molesto provenisse proprio dai succitati elementi emissivi”.

Ancora “la condensazione dei vapori genera reflui che scorrono sulla pavimentazione attigua in calcestruzzo industriale che se da un lato garantisce l’impermeabilità e il non probabile percolamento nel suolo e sottosuolo, dall’altro favorisce lo spandimento e l’evaporazione che può essere concausa dell’odore sgradevole percepito. È doveroso sottolineare che dette fonti emissive non sono state riportate nel decreto dirigenziale Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) con cui la società opera”.

In chiusura, le persone (referenziate) che hanno svolto il sopralluogo, nella stesura del testo suggeriscono “la captazione dell’emissione diffusa derivante dall’esalazione di vapore e il convogliamento in seno allo scrubber – biofiltro”. Ancora, “l’aspirazione forzata dall’area di stoccaggio e il relativo convogliamento al sistema scrubber – biofiltro e di tenere la porta scorrevole antistante normalmente chiusa”.

Fin qui le conclusioni del documento scritto a sei mani. Non avendo riferimenti normativi precisi sulle odorazioni moleste (vocatio legis) è stato fatto riferimento alle Linee Guida della Regione Lombardia. E comunque gli analisti riferiscono della necessità di ulteriori e più costosi approfondimenti.

Una situazione ritenuta da alcuni residenti insostenibile, di forte disagio causa il persistere del cattivo odore da combustione, presumibilmente, di carne animale. Riferiscono così alcuni cittadini che da anni portano avanti una battaglia contro l’odore nauseabondo.

Sostanzialmente l’auspicio è quello di veder applicate le conclusioni addotte dal professor Colangelo. Nessuna avversione rispetto all’azienda in sé da parte delle abitazioni limitrofe, ma la richiesta di maggiore attenzione rispetto alle emissioni di gas e al filtro. A queste famiglie è preclusa da anni ormai la possibilità di cenare in giardino, lasciare le finestre aperte, invitare amici a cena. Perché l’odore pessimo che spesso domina l’area è causa di disagio e insofferenza anche per chi saltuariamente transita o sosta nei pressi dell’azienda.

Gli olezzi non sono tuttavia prevedibili per durata né direzione. Bisognerebbe insistere e permanere nelle immediate vicinanze per almeno tre giorni, riferiscono, per avere un’idea di quel che si vive quotidianamente da queste parti.

L’auspicio è che ci sia una presa in considerazione dell’incresciosa realtà di vita.

Lo stabilimento Realbeef nel 2017 ha fatturato 37 milioni di euro circa e ha registrato una perdita di utile crescente nel biennio 2016-2017 pari (nell’ultimo anno considerato) ad 1 milione di euro circa. Le cifre sono riportate sul portale gratuito e pubblico “Report aziende”.

La nota tecnica evidenzia anche che “l’attuale autorizzazione AIA dell’azienda esaminata non considera tutti i parametri da monitorare per la tutela dell’ambiente. A parere degli scriventi è necessario implementare l’autorizzazione anche con dei limiti sulla componente odorigena”.

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