Fs, Carlo De Vito:
“Una smart city nel cuore dell’Irpinia”

Intervista all'ad di Fs Sistemi Urbani e presidente della ‘Qvqc’.  È di Capriglia il manager che aiuta Grottaminarda a entrare nel nuovo club italiano dello sviluppo Ue"

Carlo De Vito, nato a Capriglia Irpina, Amministratore delegato di FS- Sistemi Urbani e presidente di QVQC (Quali Velocità Quale Città) parla al territorio dell’area omogenea città dell’Ufita. Ai cittadini e agli enti locali. In qualità di Presidente dell’Associazione QVQC, di cui fa parte anche l’Unione dei Comuni Terre dell’Ufita, ci accompagna in un viaggio che percorre il territorio ufitano e ne analizza lo scenario attuale e le prospettive. Tutto in relazione alle novità infrastrutturali che da qui ai prossimi dieci anni riguarderanno l’area considerata, quindi l’attraversamento della tratta ferroviaria Napoli Bari e la fermata Irpinia. L’associazione QVQC in cui convergono numerosi istituzioni pubbliche e private (tra gli altri il MIT, molti Atenei, FS, Anas, Ance, Anci, Enti di Ricerca, Associazioni e Ordini Professionali, Fondazioni Culturali) si concentra “sull’analisi dei nuovi scenari ambientali e territoriali in Europa e in Italia con la realizzazione della nuova rete ad Alta velocità. Il riflesso economico, demografico, architettonico ed urbanistico sulle realtà metropolitane prodotto con realizzazione di una infrastruttura che riduce tempi e distanze nazionali ed europee – L’AV quale metropolitana d’Italia”.


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Presidente, l’area ufitana si appresta a diventare baricentrica rispetto al Corridoio VIII, protagonista di un periodo storico segnato da grandi cambiamenti. Quali sono le leve di questi nuovi scenari internazionali?

«In primo luogo è importante essere connessi. Non è una banalità. Il libro “Connectography” dell’autore indiano Parag Khanna descrive proprio le mappe del futuro ordine mondiale. Sostanzialmente quello che viene fuori è che gli Stati non sono più definiti dai loro confini, bensì dai flussi di persone e di legami finanziari, commerciali ed energetici che quotidianamente li attraversano. Sono le infrastrutture (secondo l’autore del testo, ndr) determinano il destino del mondo».

In questo contesto, la stazione Irpinia che si farà in Valle Ufita quale significato economico-sociale può rappresentare per il territorio?

«Un’infrastruttura come questa è una grande opportunità, un arricchimento per la zona e per l’intero territorio, che deve attivarsi per diventare connesso».

Continui.

«Vede, oggi, della connessione con il mondo, con le grandi metropoli non si può fare a meno. Il fatto che ci sarà una rete di trasporto su ferro di una certa portata significa che la popolazione potrà adoperarsi per una serie di attività».

Quali?

«Penso ai servizi legati al turismo ad esempio. La stazione Irpinia rappresenterà per l’intero bacino quello che è stato il passaggio dell’autostrada A16 e i caselli autostradali negli anni Sessanta-Settanta. I paesi lungo l’arteria autostradale hanno conosciuto comunque uno sviluppo immediato rispetto all’Alta Irpinia, che solo dopo il terremoto dell’Ottanta, con la realizzazione della cosiddetta Ofantina bis, è riuscita a risolvere il problema legato ai collegamenti con il capoluogo di provincia».

Il futuro del trasporto è su ferro quindi?

«Dobbiamo confrontarci con un futuro che vedrà il movimento di merci e persone convergere sempre più su ferro. Inoltre, pensi che da qui al 2050 dobbiamo sviluppare un’economia a basse emissioni di carbonio. La Commissione europea sta studiando il modo più conveniente per rendere l’economia europea più rispettosa del clima ed efficiente dal punto di vista del consumo energetico. Tutti i settori, quindi anche quello dei trasporti, devono evolversi in tale direzione».

Per sviluppo che intende? Occupazione, lavoro?

«La stazione sarà un’opportunità, ma da sola non basta, né tantomeno bisogna piangersi addosso. L’occupazione e il lavoro non vengono in automatico ma, con un’infrastruttura su ferro, ci sono le condizioni per creare sviluppo».

Gli amministratori locali e gli imprenditori cosa possono fare? Come sono chiamati a muoversi?

Tutto il territorio e gli attori sono chiamati in causa. È importante intercettare le tendenze del mercato, la vocazione territoriale e inserirsi in tali segmenti. Creare aziende e servizi. Gli industriali devono capire come invertire il trend della produzione, seguire l’industria, i mercati e capire dove ‘tira’ il mercato per investire in attività che in Valle Ufita e rispetto ai paesi esteri possono trovare facile collocazione».

Intanto, queste aree devono fare i conti con il problema demografico e le migrazioni fuori i confini regionali e più spesso nazionali.

«Sì, questo è un problema che va affrontato. L’ultimo rapporto della Svimez (Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) descrive bene anche questo aspetto: parla di migrazioni qualificate, crollo delle nascite e della mancanza del cosiddetto brain exchange, cioè la capacità non solo e non tanto di trattenere, quanto di attrarre»

Quindi che fare?

«Nel rapporto Svimez si sostiene che un’inversione di tendenza è difficile, ma non certo impossibile. Si richiede, da un lato, una consistente, rapida e concreta azione per una ripresa dello sviluppo del Sud, che possa trattenere o attrarre nell’area il capitale umano qualificato necessario per sostenere una solida dinamica economia e, dall’altro, affrontare con urgenza quella grande emergenza sociale che incide profondamente sulle condizioni e le aspettative di benessere, sulla fiducia nel futuro che è un ingrediente fondamentale di un ogni processo di sviluppo».

Caliamo questo concetto nel contesto dell’Ufita.

«La Campania è una regione densamente abitata. C’è Napoli che è una delle maggiori aree metropolitane d’Italia. Dobbiamo pensare ad un futuro in cui l’area ufitana e irpina possano collocarsi in posizione complementare alla città di Napoli e non come antagoniste. Le nuove infrastrutture peraltro ci permetteranno di essere molto più vicini alle grandi città, che potremo raggiungere in tempi rapidissimi. Dobbiamo essere attrattivi e considerare l’economia 4.0 come una strada obbligata».

Si parla molto della rivoluzione 4.0, ma c’è chi osserva i limiti del sistema infrastrutturale meridionale, fattore che disincentiva gli investimenti in questo settore innovativo della produzione industriale…

«Sulla banda larga e ultralarga si sta investendo. E, fattore decisivo, qui le start up possono fare la differenza. Le istituzioni devono essere sensibili a far emergere le potenzialità della gente irpina, che sono eccellenti. La fase 4.0 consente ad esempio alle giovani società innovative di poter scegliere di correre da sole, ovvero proporre in autonomia i propri prodotti o servizi, o diventare parte di un percorso di open innovation portato avanti dalle imprese più grandi attraverso partnership o accordi di vario tipo».

Le parti sociali hanno indicato nell’Ufita il punto focale della strategia di sviluppo nei prossimi anni. Condivide questa previsione?

«L’Ufita ha una qualità della vita alta. Quello che occorre garantire sono gli strumenti per poter avviare un’impresa, anche dal garage di casa propria. Oggi non è più necessario essere a New York, ad esempio, per poter esercitare determinati lavori. Quel che conta ed è necessario è avere gli strumenti per poter operare e collegarsi alle grandi città. Se ci sono le condizioni, quali le reti, le infrastrutture, possiamo fare operazioni che dapprima richiedevano un cambio di residenza»

Ci sono modelli di riferimento?

«FlixBus, una start up tedesca che è diventata leader mondiale della mobilità ‘green’. Tre giovani imprenditori hanno fondato un operatore della mobilità, adesso di rilievo mondiale, partendo da Monaco di Baviera. Il successo dell’idea di questi tre ragazzi si fonda sulla digitalizzazione dei mezzi di trasporto tradizionali. Con un sistema di prenotazioni all’avanguardia, l’App FlixBus, il wi-fi gratuito e la tracciabilità via Gps, è stato creato un nuovo mezzo di trasporto».

Continui.

««La sua rete intelligente e la gestione dinamica dei prezzi garantisce sempre l’offerta migliore ai clienti. Lavorano insieme a una rete di PMI, responsabili della flotta degli autobus. Qui innovazione, spirito da start-up e un brand internazionale incontrano l’esperienza e la qualità di un settore tradizionale».

Siamo pronti per sviluppare situazioni analoghe?

«Il modello da seguire è questo. Le infrastrutture ci sono, quindi i collegamenti veloci saranno garantiti. Le istituzioni devono lavorare affinchè possano giungere anche tutti gli altri strumenti necessari affinchè, dal proprio ufficio in Valle Ufita, si possa essere ‘presenti’ a Milano, a Tokyo e a Londra».


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