“Fca verso la svolta”. Altieri: convocato il tavolo da Fiat Chrysler

INTERVISTA AL SEGRETARIO DELLA UILM AVELLINO. L'Irpinia paga la mancanza di una politica industriale da parte del Governo. Il sindacato chiede un piano strategico territoriale per fronteggiare l'emergenza, e una maggiore concertazione con la politica per ri-disegnare gli asset dell'economia locale. "Sulla Fca siamo fiduciosi: fra settembre e ottobre incontriamo i vertici dell'azienda e il Governo per il piano industriale"

FCA di Avellino. Nella foto lo stabilimento della Fca a Pratola Serra

“Fiat Chrysler Automobiles ha convocato il tavolo per affrontare nel merito il futuro degli stabilimenti italiani Fca. Finalmente conosceremo le intenzioni su Pratola Serra”. Così Gaetano Altieri, segretario provinciale ad Avellino della Uilm, che delinea in una intervista a Nuova Irpinia la situazione dell’industria locale.

Gaetano Altieri, della Uilm Avellino

Dalla Fca ad Industria Italiana Autobus, dalla Novolegno alla Whirlpool, la provincia di Avellino è vittima della de-industrializzazione e del crollo dell’occupazione nel settore secondario, sostituito in larga parta dagli ammortizzatori sociali. Il tessuto economico e produttivo si prepara a cambiare pelle, ma la fase transitoria non ha governanti e i sindacati sono chiamati a tamponare emergenze anzichè accompagnare i processi. Nonostante il lavoro sia la condizione necessaria per garantire una dignitosa qualità della vita, è un tema che esula dall’agenda politica delle istituzioni quanto dei partiti. Così le vertenze della provincia restano nelle mani dei confederati, pronti ad esultare se riescono a garantire la cassa integrazione per 12 mesi e a travestirsi da broker per intercettare l’interesse di qualche possibile acquirente che voglia subentrare a chi è andato via. A nulla valgono gli appelli quotidiani a tutte le rappresentanze politiche e istituzionali, così come il volantinaggio nelle piazze e ai mercati settimanali. “E preferibile trattenere chi annuncia di volere smantellare le aziende, perchè sostituire un imprenditore per garantir ei livelli occupazionali è un’impresa ardua”, ha spiegato il segretario provinciale della Uilm.

Altieri, partiamo dalla Fca di Pratola Serra. L’ipotesi di fusione fra il colosso italo statunitense e la francese Renault è stato particolarmente seguito anche in provincia di Avellino. Oggi quali sono le aspettative per gli operai?

“La fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e Renault è saltata per fatti noti. Ma al di là della scelta del colosso industriale, lo stabilimento di Avellino è coperto dagli ammortizzatori sociali fino all’ottobre 2020. Ora dobbiamo guardare agli impegni immediati”.

Qual è la situazione?

“E’ stato da poco sottoscritto un contratto di solidarietà, e a settembre avremo il primo incontro a Roma fra sindacati, Governo e vertici Fca in cui ci aspettiamo che venga licenziato il piano degli investimenti per gli stabilimenti italiani. In quella sede capiremo le sorti di Pratola Serra e come superare l’esubero dei mille operai rispetto alla capacità produttiva dello stabilimento”.

Gli stabilimenti FCA di Pratola Serra, nell’area industriale di Pianodardine, alle porte di Avellino

Lei cosa si aspetta da questo incontro con Fiat Chrysler?

“Sono fiducioso: ci aspettiamo una proposta, alla luce del fatto che il sito irpino è altamente competitivo, ed è in grado di superare le difficoltà arrivando al 2020 con la cassa integrazione e le misure che vedremo in futuro. Si tratta di un tavolo autorevole, e abbiamo grandi speranze, nonostante il clima di incertezze alimentato proprio dalla mancanza di un piano industriale e dagli scenari produttivi globali”.

Si riferisce alla crescita del mercato del motore elettrico e alla normativa imposta dall’Unione Europea sulle emissioni?

“Anche se Pratola Serra non è stato cablato per produrre i nuovi motori, non è detto che non sia produttivo. La capacità degli impianti può essere sufficiente per dare nuovi slanci e abbiamo rassicurazioni sul diesel fino al 2030. La campagna negativa che è stata fatta è stata controproducente, ma è arrivato il momento di fare chiarezza. L’incontro di settembre sarà determinante per delineare la strategia in Italia di Fiat Chrysler”.

La Novolegno di Montefredane in località Arcella

Accanto a Fiat Chrysler l’industria irpina sta vivendo una estate calda su molti fronti. Vediamoli, cominciando dalla Novolegno di Montefredane. Il Gruppo Fantoni ha chiuso i battenti dell’azienda a Pianodardine e fatto rientro in Friuli Venezia Giulia, nonostante le ipotesi di incentivo illustrate dalla Regione Campania, nè quelle paventate dal maxi progetto dell’Azienda Forestale dell’Alta Irpinia, gettando nell’incertezza decine e decine di famiglie.

“Il Gruppo Fantoni ha realizzato un investimento da 20 milioni di euro ad Osoppo nel Friuli Venezia Giulia. Questo è stato uno schiaffo pensante che hanno subito i lavoratori e l’Irpinia oltre che il Mezzogiorno. Agli imprenditori sono state prospettate soluzioni, così come il sindacato ha sempre cercato di mantenere un equilibrio per la civile convivenza per garantire i livelli occupazionali, ma in questo modo sono stati persi decine di posti di lavoro, e gli operai avranno la cassa integrazione solo fino a maggio prossimo. I vertici dell’azienda non sono propensi a fare nessun passo indietro, e l’unica soluzione è la re-industrializzazione con altri imprenditori, che è una operazione difficile e complicata”.

Sulla ex Irisbus le cose non vanno meglio. Da otto lunghissimi anniè aperta la vertenza, che ancora attende una risoluzione definitiva.

“Sulla IIA stiamo discutendo come far ripartire la fabbrica. E’ difficile trovare una soluzione e sarebbe stato auspicabile avere una proprietà già definita dell’azienda, che collaborasse con Invitalia e con le istituzioni. Siamo stati convocati a Roma il 18 luglio, dopo numerose sollecitazioni, e attendiamo di conoscere il nome del socio che dovrà investire la quota capitale definitiva per chiudere l’operazione. Ad oggi non sappiano nulla e la tensione è davvero alta all’interno del sindacato, in quanto facciamo fatica a dialogare con gli operai e con le famiglie e, siamo concentrati a valutare ogni soluzione per il reimpiego delle persone. Parliamo di 280 posti di lavoro, che difficilmente potranno essere riallocati in una provincia come la nostra, già vittima dello spopolamento e del calo demografico”.

Industria Italiana Autobus

Nella riunione del febbraio scorso a Napoli, l’amministratore delegato Antonio Bene annunciò l’avvio dei lavori di ristrutturazione dello stabilimento. 

“I lavori annunciati non sono mai partiti e si attende il rifacimento del tetto, ma anche delle linee di produzione per rendere operativa l’azienda e consentire il trasferimento della produzione dalla Turchia all’Italia”.

Il Governo ha la reale forza di mettere in piedi un’industria statale a compartecipazione privata e rilanciare l’economia (anche) del Mezzogiorno? 

“Il pubblico se vuole può creare industrie di Stato. Il polo dei pullman potrebbe davvero diventare di interesse nazionale, ma servono passione e volontà, qualità che non vedo attualmente. Diversamente, un privato che abbia lungimiranza, know how e competenze potrebbe farsi avanti per gestire l’azienda a maggioranza pubblica. Il socio che dovrebbe subentrare vorrà gestire l’azienda, con un investimento annunciato da 9 milioni di euro”.

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Infine citiamo la Whirlpool, ultima vertenza aperta in ordine di tempo, che mette a repentaglio in Campania mille e 200 posti di lavoro, con gravi ripercussioni sull’Irpinia. Lei che idea si è fatto?

“Attendiamo di capire cosa farà l’azienda americana: tornerà sui suoi passi e manterrà fede al piano industriale del 2018, oppure no? Condivido fermamente la linea del Governo di revocare i finanziamenti pubblici in caso di mancato rispetto del Piano. Il sindacato chiederà che l’azienda rafforzi gli investimenti a Napoli, allontanando anche il rischio di diversificazione, per tutelare l’indotto”.

L’obiettivo dei sindacati in sintesi, è quello di mantenere stretto quello che c’è, e cimentarsi nell’attività di broker per favorire la re-industrializzazione. 

“In un momento drammatico come questo in cui è difficile sostituire gli imprenditori, è importante riuscire a preservare quello che c’è e a favorire una politica industriale di nuovi insediamenti. Ad oggi le chiusure non hanno un saldo positivo con l’ingresso di nuovi imprenditori. La de industrializzazione composta dei danni altissimi che si ripercuotono su tutta la società: in provincia di Avellino abbiamo 85mila disoccupati e un tessuto economico molto fragile, che condanna le persone alla emarginazione. Scontiamo insomma, uno sviluppo che non c’è più e la precarizzazione del lavoro rende tutto instabile”.


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