“La mattina dopo” di Mario Calabresi

La mattina dopo è quella vertigine che ti assale quando ti accorgi di non dover più andare in ufficio, in seguito al licenziamento. Ilde Rampino recensisce il libro del giornalista e scrittore de La Repubblica

“La mattina dopo” di Mario Calabresi. Qualcosa di improvviso che mina le radici del tuo essere, una curva della vita e poi “la mattina dopo: quella in cui provi a difenderti e a proteggerti o quella in cui inizi a naufragare”. E’ un percorso interiore intenso ed emozionante che l’autore delinea attraverso le storie di tanti personaggi che vivono il disagio e la tristezza di un momento in cui tutto finisce e bisogna ricominciare da capo, intraprendere una strada, spesso inventandosela.  La mancanza delle abitudini crea una sorta di pausa, in cui non si fa altro che pensare a quello che si è perso: non ci si può permettersi “un tempo vuoto”. Profonda è la vicinanza emotiva dell’autore ai personaggi, la sua pena per i passi di una persona anziana che si trascinavano lungo la strada come se fossero in cerca di un punto fermo, cerca di indagare il silenzio e l’assenza più che il rumore, soprattutto nel momento del vuoto quando nessuno ti sta aspettando. Si comprende a poco a poco che le persone si scoprono veramente nelle difficoltà, là si misura la loro umanità: arriva un momento in cui è necessario riorganizzarsi la vita, dare un nuovo significato al tempo, che si deve riempire di cose che vale la pena davvero fare e non arrendersi mai, perché “in ogni cosa c’è una crepa e da lì che passa la luce”, frase pregnante di Leonard Cohen, citata dall’autore. Tra le pagine del libro compaiono episodi autobiografici che rimandano al momento in cui l’autore perde il lavoro e deve reinventarsi; comincia a fare lunghe camminate per ritrovare un filo dentro di sé e a poco a poco riaffiorano i ricordi legati alla sua famiglia.

Comincia a percorrere le tracce del passato, alla ricerca delle sue radici,attingendo ai racconti della nonna che parlava delle “vigne perdute”che gli chiede con insistenza di venirne di nuovo in possesso, del nonno Alberto, del passato in cui si mescolava nostalgia e dolore, dei cassetti di ricordi felici, piene di foto in bianco e nero, di Carlo che aveva rifiutato la tessera fascista e pur con molte difficoltà si era fatto strada a testa alta, forte della propria coerenza.

Tratteggiata con grande sensibilità, unita ad un profondo affetto è la figura di Tonino, padre adottivo dell’autore, per cui la pittura e poesia, in un momento difficile della sua vita, quando aveva dovuto affrontare la malattia, avevano rappresentato la salvezza, si reca, per quanto gli era possibile dagli amici, perché voleva salutare tutti prima di andarsene per sempre. il messaggio fondamentale del libro è di “provare a dare un valore speciale ad un tempo vuoto”, non guardando al passato con rabbia, ma cercando di far pace con esso. Ogni vicenda narrata ne rappresenta una testimonianza, come la storia di Daniela che ha perso l’uso delle gambe per un incidente e non si è mai rassegnata, ma ha trovato un altro modo per condividere la sua vita con gli altri e realizzare i suoi sogni. Una mano data dal destino è quella che è stata offerta a Damiano, sopravvissuto a un disastro aereo, che lo porta a chiedersi se è vivo per caso o per un miracolo, ma anche con l’amara consapevolezza che le persone che erano sull’aereo con lui non ci sono più, come quel bambino a cui egli aveva dato una carezza prima di partire, provando un malcelato senso di colpa per quelle esistenze cancellate, per i propri desideri ormai non più realizzabili e ripensando a quel braccialetto bianco regalatogli da qualcuno come portafortuna. La strada che si percorrerà “la mattina dopo” spesso decide la propria vita, sforzandosi di fare i conti con una nuova realtà e vivendo un “tempo lento”. E il libro termina con un incontro, doloroso ma necessario, che porterà indietro l’autore a tantissimi anni prima, a ciò che ha cambiato radicalmente la sua vita, anche se egli aveva solo due anni e mezzo: l’omicidio di suo padre “Il giorno dopo finisce quando i conti sono regolati”, afferma l’autore, e trovarsi davanti a chi lo aveva organizzato gli fa provare una sensazione strana: egli era diventato vecchio e “non aveva più niente dei suoi 20 anni” e comprende il rifiuto di sua madre di parlarne, perché “si sentiva in pace e così voleva vivere il resto della sua vita”.

A cura di Ilde Rampino

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