Una omelia per la Pace in terra Santa e nel mondo, quella pronunciata a Montevergine dal Cardinale Leonardo Sandri, Sotto Decano del Collegio Cardinalizio e Prefetto Emerito del Dicastero per le Chiese orientali. Accanto all’Abate di Montevergine Riccardo Luca Guariglia, alla presenza dei Cavalieri e delle Dame dell’Ordine del Santo Sepolcro, è intervenuto nell’ambito delle celebrazioni per i nove secoli dell’Abbazia fondata da San Guglielmo di Vercelli, citato dal Cardinale argentino ne suo discorso, riportato di seguito.
Omelia per la Pace da Montevergine per i fedeli del mondo
del Cardinale Leonardo Sandri | Sotto Decano del Collegio Cardinalizio e Prefetto Emerito del Dicastero per le Chiese orientali
Celebriamo insieme la domenica, Pasqua della Settimana, in questo luogo e sotto lo sguardo della Vergine, sentendo tutta la ricchezza dell’anno giubilare che state vivendo: tante tappe e appuntamenti, che vedono il Padre Abate e i monaci impegnati nell’accoglienza dei pellegrini e nella realizzazione di diverse iniziative, che in diversi modi intendono spezzare quel tesoro di grazia nato dall’intuizione del Fondatore, San Guglielmo da Vercelli, il suo carisma, la sua spiritualità, custodita attraverso i secoli tra alterne vicende, luci e ombre che hanno caratterizzato la storia secolare di questo cenobio, ora inserito nella famiglia benedettina sublacense-cassinese. La presenza di tanti Cavalieri e Dame dell’Ordine del Santo Sepolcro ci fa andare con il pensiero e col cuore ai Luoghi Santi della nostra salvezza, quegli stessi luoghi che San Guglielmo voleva raggiungere e che in questi giorni sanguinano e rendono purtroppo attuali tante pagine della Scrittura: la terra, che è oggetto della promessa di Dio affinchè vi abiti un popolo, la promessa stessa ad Abramo che è tutt’altro che chiusa, dal momento che dopo l’ “io ti benedirò – si dice subito – e in te saranno benedette tutte le Nazioni della terra”, le guerre tra i popoli, lo sterminio, la strage degli innocenti – fatti oggi incarnati anche nella violenza e aggressione terrorista – o ancora l’ordine di trasferimento verso il deserto di centinaia di migliaia di persone che nella sua proporzione ricorda piuttosto l’Esodo. L’Ordine del Santo Sepolcro ci ricorda i luoghi ma anche le pietre vive che li abitano e li custodiscono, i cristiani di Terra Santa, in queste ore messi a dura prova nella loro differente appartenenza, sia a Israele come alla Palestina. Madonna di Montevergine, ti affidiamo la supplica per la pace, anticipando la giornata di digiuno e preghiera del 17 ottobre, richiesta dal Patriarca di Gerusalemme, Sua Beatitudine il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, e subito accolta dalla Conferenza Episcopale Italiana. Ripetiamo senza stancarci la parola del Salmo “Domandate pace per Gerusalemme”, sapendo che per noi Gerusalemme rimane la Chiesa Madre e la Casa di tutti i Popoli, e quindi dei Palestinesi come degli Israeliani, come la Santa Sede non cessa di ripetere.
La seconda lettura, tratta dalla conclusione della Lettera di San Paolo ai Filippesi, ci riporta alla condizione dell’apostolo, ma anche della comunità da lui fondata e che rivive lo stesso mistero di passione e tribolazione cui egli stesso è stato ed è sottoposto. Egli è certo che Dio colmerà ogni bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza. Queste parole, oltre che essere un incoraggiamento a vivere il tempo presente, con i fatti poc’anzi citati, sono senz’altro di aiuto anche a rileggere alcuni tratti della vicenda terrena di San Guglielmo di Vercelli: la sua profonda e intima preghiera lo collocano senz’altro tra le gemme della vita monastica, eppure il suo andare instancabile come pellegrino per incontrare e annunciare lo rendono certo un apostolo intrepido, che non ha avuto paura delle distanze, fisiche ed interiori, non ha allontanato la fatica, si è consegnato tutto a Dio. L’augurio che facciamo al suo Successore, Abate Luca e a tutti monaci, di rinnovare il vostro profondo e specialissimo radicarsi in Dio attraverso la consacrazione monastica, e far sì che questo santuario risplenda per santità davvero lucerna posta per far luce a quelli di casa e città posta sulla cima del monte. In questo nostro tempo, in cui gli animi degli uomini e delle donne sono a molti livelli feriti e caduti, l’incontro con la vostra comunità dovrà diventare occasione per iniziare o continuare un cammino di guarigione interiore: in questo modo voi proseguirete quel tratto distintivo della Congregazione Verginiana, che attraverso le attività assistenziali e ospedaliere ha sempre fatto sentire come l’adesione a Cristo non rinchiude in una cella o su una rocca, ma costringe nella preghiera e nelle opere materiali a farsi prossimi come il Buon Samaritano sui tanti caduti sotto i colpi della esistenza. In questo sono certo, sarete fianco a fianco con le Autorità Civili, che ringrazio per la presenza e per tutto quanto fanno per questa Abbazia non solo nell’anno giubilare.
La vostra comunità, sulle orme di San Guglielmo, affidata all’intercessione della Vergine, è chiamata ad essere e rimanere serva della gioia che Dio ha preparato e vuole condividere con ogni uomo: ce lo hanno ripetuto il Vangelo, come anche alcuni tratti della prima lettura. Il Signore ha preparato un banchetto nuziale, una festa che celebra una unione generatrice di vita, e quando tutto è pronto egli manda a chiamare gli invitati: nessuno di loro ha fatto alcuno sforzo per meritarsi quell’invito, soltanto devono accorgersi del dono gratuito che li ha raggiunti. I primi chiamati però sono troppo concentrati su loro stessi, sui loro piccoli progetti, su alcune gioie effimere che ultimamente lasciano la mano vuota come quando cerchiamo di trattenere la sabbia al suo interno che invece scorre via e cade a terra. Siamo messi di fronte quindi al mistero della libertà dell’uomo, dono tanto grande e a volte tremendo, che addirittura può rifiutare il dono di Dio. Esso va accolto con riconoscenza, e proprio mentre lo si accoglie rispondendo all’invito si viene trasformati e resi degni di riceverlo. Il primato rimane sempre a Dio e alla sua azione di grazia. L’uomo che entra al banchetto ma senza abito della festa rappresenta colui che – secondo un detto comune – vuole “tenere il piede in due scarpe”. Da un lato risponde all’invito della gioia di Dio, ma non cambia nulla della sua esistenza e del suo modo di pensare, rimane con la mentalità e l’abito vecchio e per questo viene mandato fuori. Non si può entrare nella casa dei figli continuando a ragionare e ad agire da schiavi. San Guglielmo di Vercelli ha certamente intuito e incarnato alcuni passaggi della parabola evangelica: senza per forza disprezzare la sua vita e la sua appartenenza ad una famiglia nobile, certamente ha sentito come prioritario l’ascoltare la parola e il mettersi in cammino, dapprima verso Santiago de Compostela e poi di nuovo verso Est per cercare di andare a Gerusalemme. Il Signore attraverso gli accadimenti, oltre che i colloqui con San Giovanni da Matera, gli indica non di andare pellegrino nei Luoghi Santi, ma di fondare Luoghi Santi nel Sud dell’Italia, iniziando da Montevergine, che sarebbero stati meta di pellegrinaggio lungo i secoli. Nella sua vita cristiana Guglielmo è quindi andato sempre più in profondità, scoprendo sempre più chiaramente l’abito nuziale che il Signore gli aveva donato.
Preghiamo dunque cari fratelli e sorelle, perché ciascuno di noi possa ascoltare oggi la chiamata di Dio, ad una più profonda conversione per entrare nella gioia del banchetto nuziale, che in questa Eucarestia già si realizza e accende il desiderio del cielo. Affidiamoci all’intercessione di Maria, affidando alla Sua preghiera anche il desiderio che la sua venerata icona possa farsi pellegrina a Roma, per essere venerata dal Santo Padre, e consenta a voi, come San Guglielmo, di farvi pellegrini sulle strade della nostra Italia annunciando il Vangelo del Regno, con la Parola e con la vita. Amen.
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