Provincia di Avellino. La sede di Palazzo Caracciolo

Le elezioni provinciali del 18 dicembre costituiscono per il nuovo Centrosinistra irpino la prova della verità. Guidato da un Partito Democratico che afferma di aver ritrovato unità in tutte le sue componenti, per la prima volta da quattordici anni uno schieramento di Centrosinistra si ritrova oltre il perimetro dei soli Democratici. Articolato su un’intesa politica che unisce forze dalla sinistra al centro, il patto intende collocarsi dentro il quadro nazionale di alleanze che in Parlamento sostengono il Governo. In particolare, sancisce quella collaborazione tra il PD e il Movimento Cinque Stelle che nel Paese è stata recentemente sperimentata con successo in alcune grandi città chiamate al voto. Nel perimetro ci sono però anche altre forze, come i mastelliani di Noi Campani, centristi protagonisti nella maggioranza che sostiene il Governatore Vincenzo De Luca.

OLTRE IL LABORATORIO. Quello che si presenta alla Provincia di Avellino con il candidato presidente Rizieri Buonopane è, dunque, il progetto di un nuovo Centrosinistra irpino, deciso ad affermarsi partendo dall’ente intermedio, istituzione dove un tempo si programmava lo sviluppo territoriale con uno sguardo anche più lungo dei confini irpini. Basti ricordare i dibattiti cruciali sul Progetto Speciale 21 prima del terremoto di 41 anni fa, piuttosto che quelli sull’emergenza ambientale per la crisi dei rifiuti nella seconda metà degli anni ’90, solo per fare due esempi. La Provincia mantiene anche dopo il suo declassamento (ad ente di secondo livello) le sue funzionali caratteristiche di ponte tra Avellino e i territori. Per affermarsi, il nuovo Centrosinistra irpino dovrà ottenere proprio a Palazzo Caracciolo, quindi, la fiducia degli amministratori locali, gli unici elettori di un voto che dal 2014 esclude i cittadini in conseguenza di una riforma frettolosa, poco ponderata e certamente non felice. Sindaci e consiglieri comunali diranno se il progetto alla base di questo schieramento potrà superare la fase del laboratorio politico, collaudando la coalizione per il governo di un territorio martoriato da difficili condizioni sociali ed economiche.

PD ALL’ULTIMO BIVIO.  Se per il nuovo Centrosinistra le elezioni provinciali costituiscono il battesimo del fuoco, per il PD irpino è in gioco la credibilità dell’intero gruppo dirigente e dello stesso segretario nazionale, che ha idealmente presieduto il tavolo della coalizione attraverso il commissario provinciale. L’esito della sfida elettorale mette tutti sotto esame. L’unita raggiunta tra i riferimenti provinciali e le rappresentanze istituzionali sulla candidatura di Rizieri Buonopane dovrà essere ora confermata dai numeri. Un partito che solo poche settimane fa ha tesserato 10.400 persone, appena dopo aver conquistato o confermato decine di sindaci nelle amministrative di ottobre, è atteso dagli osservatori alla verifica della sua pretesa compattezza. Finora annunciata nelle riunioni, l’unità sarà misurata solo dai voti. In sostanza, sul piano politico il Partito Democratico dovrà dimostrare di aver guarito quelle ferite e lacerazioni interne che nel 2014 e nel 2018 furono determinanti per la sconfitta dei suoi candidati (Paolo Foti sindaco di Avellino prima, Michele Vignola Sindaco di Solofra dopo). La sfida della coalizione civica lanciata da Angelo Antonio D’Agostino al Centrosinistra di Rizieri Buonopane costituisce il miglior banco di prova per testare l’Unità del PD avellinese, che in Irpinia ha sistematicamente perso le quattro elezioni alla Provincia e al Comune svolte da quando è stato commissariato.

IL GOVERNATORE ALLA FINESTRA. In questa contesa elettorale, su entrambi i fronti contrapposti si dice che il Governo regionale e al suo presidente sono il riferimento di liste e programmi, anche se i Democratici ricordano il legame diretto tra il loro partito e il Governatore. Il largo consenso raccolto da Vincenzo De Luca alle urne regionali un anno fa, confermato dal recentissimo successo nelle città campane dei candidati espressione di forze a lui alleate, ne giustificano di certo il ruolo nel campo riformista. Del resto, nella Roma dei Cesari l’imperatore non era mai apertamente discusso, mentre all’ombra del Palazzo si tessevano trame e si consumavano scontri. Di sicuro il voto del 18 dicembre sarà osservato con attenzione dalla Giunta di Palazzo Santa Lucia, che si dice pronta da tempo a collaborare sul tema dei servizi pubblici locali (a cominciare da rifiuti e acqua), sul terreno della programmazione dei fondi europei per lo sviluppo, quindi sulla riorganizzazione della sanità con la medicina territoriale. Si tratta di questioni complesse, difficilmente affrontabili senza la necessaria coesione.


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