La pasta fatta a mano di Anita Di Pietro: condivisione di saperi

La cuoca di Melito Irpino e ultima erede di quattro generazioni di cuoche, è tra le componenti dell'associazione culturale femminile "Officine Sperimentali" per tramandare e condividere valori e saperi ancestrali "faticosamente conquistati nel tempo e dispersi dalla corsa alla modernità"

La pasta fatta a mano di Anita Di Pietro è condivisione di saperi. Mani sporche di farina per raccontare storie di “pasta fatta a mano”. Su questo adagio di saperi ancestrali e riti antropologici la cuoca irpina Anita Di Pietro ha condotto il corso nell’ambito di Officine Sperimentali a Gagliano Aterno in provincia de L’Aquila. L’ultima rappresentante di ben quattro generazioni di cuoche a Melito Irpino, Anita Di Pietro è uno dei 40 pilastri che sorreggono l’associazione culturale nazionale che si occupa della condivisione dei saperi femminili. Volto noto dell’Antica Trattoria Di Pietro, segnalata sulle guide de L’espresso tra le migliori osterie d’Italia, offre il suo sapere ai partecipanti dei corsi di Officine Sperimentali e ne condivide lo spirito solidaristico. L’associazione di “donne custodi dei saperi femminili, per una trasmissione delle conoscenze e condivisione dei valori” è stata fondata da Daniela Di Bartolo, e adotta “la sorellanza” per costruire una trama al femminile di valorizzazione delle conoscenze.

Anita Di Pietro tiene corsi di pasta fatta a mano e cucina tradizionale in Italia e all’estero. Collabora stabilmente con la sua famiglia in cucina da otto anni e il suo obiettivo in Officine Sperimentali è quello di approfondire e divulgare le conoscenze della cucina e le sue evoluzioni storiche. Il suo sapere è tutto concentrato nelle mani e in pochi semplici ingredienti. “Io credo molto in una ricostruzione dell’assetto sociale, basato sulla condivisione e sulla solidarietà. Per questo mi impegno a tramandare sapere che si sono persi” spiega la cuoca irpina intenta a preparare gli scaldatelli per il laboratorio abruzzese.

“Il corso di pasta fatta a mano prevede che quello che prepariamo poi viene cucinato e mangiato. Prepariamo i cicatielli e una crostata salata a base di farine Senatore Cappelli molita a pietra, per lavorare sul grano antico” continua. “Porto con me i semi, così che tutti possono vederli e toccarli; mentre io spiego loro la famiglia dei graminacei e la differenza fra le farine comuni e quella molita a pietra. Poi c’è la lavorazione e infine il gusto”.

Gli alunni più appassionati dei corsi di pasta fatta a mano sono gli americani. “Sono in collegamento con New York, Washngton e San Francisco grazie all’associazione Autenthic Irpinia di Sarah Pompei. Ho tenuto diversi laboratori da me, mentre durante il lockdown tutti i corsi sono stati realizzati in streaming. C’è un grande interesse per la pasta italiana oltreoceano e non si tratta di persone che hanno legami con l’Italia. Al contrario, ci sono molti afroamericani incuriositi dal nostro modo di lavorare acqua e farina”.

La pasta fatta a mano di Anita Di Pietro è condivisione di saperi

Esportando i suoi saperi Anita Di Pietro esporta territorio, Irpinia. “Quando cucinavo a Berlino portavo dentro di me tutto quello che avevo imparato dalle donne di una volta. La cucina delle nostre nonne, semplice, dai tempi non troppo lunghi. Ho esportato il rito di ammassare la farina la domenica per preparare la pasta e la pane. Ma soprattutto il mio obiettivo era quello di ridare alla cucina tradizionale pari dignità della cucina stellata. Oggi ci hanno tolto tutte le conoscenze che sono state faticosamente acquisite nel tempo, sulla conoscenza del ciclo della natura. Studiamo ma non conosciamo niente” argomenta.

Il saper fare è lontano dal sapere nozionistico e teorico. E la cucina è il primo campo di sperimentazione su cui lavorare per recuperare quei valori. “Lavoro anche con i bambini e a loro insegno che è possibile vivere anche non comprando tutto. Il percorso di conoscenza prevede che ognuno possa avere tutte le informazioni utili a produrre da solo ciò di cui ha bisogno. Mi piacerebbe molto fare laboratori anche in Irpinia ma manca la cooperazione”.

Un altro problema che riscontra è la mancanza di personale disposta a lavorare con lei. “Le scuole professionali stanno creando dei veri mostri. Il sapere nozionistico è lontanissimo dalla pratica e si rivela controproducente. Questo modo di formare gli studenti irrigidisce e isola i gusti. La cucina invece è l’ambiente più inclusivo che possa essere: siamo in grado di rispondere alle esigenze dei vegani, dei vegetariani. Noi non andiamo mai in difficoltà perchè la nostra è una cucina semplice e c’è posto per tutti” conclude.


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