“Le vite nascoste dei colori” di Laura Imai Messina

“Le vite nascoste dei colori” di Laura Imai Messina. Il dono particolare di Mio è quello di penetrare nel colore intimo di ogni persona, percependo i suoi sentimenti e la vita interiore e segreta, riuscendo anche a capire se fosse felice: il suo mistero si era rivelato sin dai suoi primi giorni di vita, quando scomparve improvvisamente dal letto su cui sua madre Kaneko l’aveva posata e fu ritrovata solo molto tempo dopo, mentre dormiva tranquillamente, nascosta tra le pieghe delle lenzuola. A quattro anni Mio non parlava ancora, sua madre le regalava caramelle in cambio di nuove parole, ma quando cominciò ad emettere i primi suoni, delineava le particolarità di ogni colore e se si trovava in difficoltà, esprimeva il suo disagio, e “precipitava nel bianco”, nella scomparsa di ogni colore, si perdeva in uno svenimento improvviso, come se volesse annullarsi per proteggere ciò che considerava importante: la capacità di percepire l’anima del mondo e degli altri. L’eccezionale sensibilità al colore di Mio rendeva i suoi occhi in grado di individuare milioni di colori più degli altri, portava sempre con sé un taccuino di stoffa su cui annotare le sensazioni del colore che si riferiva a qualsiasi persona che incontrasse. La sua vita si svolgeva  tra i kimono da sposa e i tessuti dell’atelier della sua famiglia, si aggirava, già da bambina tra il tripudio di colori e il fruscio delle stoffe. Suo padre Yosuke era molto diverso, sapeva riparare le cose anche se le sue mani erano sporche di tintura, tozze rispetto alle loro, che maneggiavano stoffe e disegni, finchè un giorno egli lasciò la sua officina e cominciò ad apprendere l’arte della tintura. Mio era molto legata a lui, ma talvolta provava un certo risentimento nei suoi confronti, perché non prendeva mai le sue parti, né la difendeva. Il padre aveva vissuto un periodo difficile, in cui si ubriacava, perché era convinto che sua moglie non lo amasse, era come se volesse “sovrapporre il dolore fisico a quello interiore”e diceva sempre a Mio di non lasciarsi prendere dall’ossessione perché era pericolosa. Kaneko, la madre di Mio, non riusciva ad amare suo marito Yosuke che, al contrario viveva esclusivamente per lei e  cominciò a provare una passione e un forte legame di amore nei confronti di un altro uomo, Takenori: aspettavano un figlio ma lei decise di tornare con il marito, che sarebbe stato “il padre migliore del mondo”.

L’esistenza di Mio viene turbata profondamente dall’incontro con Aoi, un giovane che lavora nell’agenzia funebre di suo padre con la sorella Sayaka e lo zio materno: egli aveva trascorso ore in quel luogo, sin da piccolo, ne aveva osservato i riti, ma soprattutto,  attraverso gli insegnamenti di suo padre, aveva compreso l’importanza dei “Rimasti”, i parenti del defunto che egli doveva aiutare ad essere pronti a separarsi da lui senza rabbia, dialogando con loro con serenità. Aoi ricordava che un giorno suo padre aveva deciso di comprare un orto e aveva trasmesso ad Aoi l’importanza dei semi e della  necessità di aspettare perché tutto accadesse, mentre sua madre gli aveva insegnato a riuscire a cogliere la felicità nelle piccole cose. Aoi contatta Mio per rendere la camera ardente un luogo più confortevole, avvertono subito una sintonia tra loro e decidono di andare a mangiare insieme una tenpura: è il loro primo momento di condivisione.  Aoi comincia a pensare sempre a lei, ne è attratto, ma sa di custodire un segreto, che nessuno ha mai rivelato: sa che suo zio è il padre della ragazza. Takenori gli aveva raccontato la storia del suo grande amore per Kaneko e aveva detto a Aoi di cercare Mio solo dopo la sua morte. La rivelazione sconvolge la ragazza che, tuttavia, dopo la tragedia della scomparsa della sua famiglia, aveva saputo di avere un padre ,ma aveva sempre rifiutato di conoscerlo, perchè l’idea che Yosuke non fosse il suo vero padre era talmente dolorosa che sarebbe stata un’offesa, doveva difenderne la memoria, perché egli l’aveva sempre amata.

Aoi aveva aspettato, perché Mio si sentisse pronta: lei aveva paura di affrontare il dolore e eliminava il pensiero delle cose che la facevano soffrire. Un giorno, improvvisamente “affrontò l’amore privato di sua madre”, leggendo le lettere, conservate in una busta, che Aoi le aveva dato, in cui Kaneko parlava del suo amore per lui, senza nominarlo, definendolo “il labirinto dai mille ingressi in cui si perdeva”. Attraverso le sue parole, Mio scopre una donna appassionata e infantile, molto diversa da quella che aveva conosciuto e le faceva male l’idea di non essere riuscita a capirla: “come madre continuava ad essere complicato accettarla, come donna iniziava a capirla”. Il sentimento che unisce i due giovani è molto forte e Aoi le propone un’esperienza particolare: la vestizione col kimono di una persona anziana che non aveva potuto farlo in vita. E’ una profonda emozione per Mio che si avvicina a quel corpo inerte e utilizza gli strumenti che sua madre le aveva lasciato per realizzare il suo ultimo desiderio e, assistendo al suo funerale, rivive in sé i ricordi della propria famiglia. Mio si rende conto della profondità dei sentimenti di Aoi nei suoi confronti e del senso di pace che le ha donato, riannodando i fili del suo passato: un giorno, per caso, trova le lettere del suo vero padre, nascoste in una scatola su cui sua madre aveva scritto: “Per Mio quando sarò morta”, un ultimo regalo che lei accoglie con gioia e profonda emozione.

A cura di Ilde Rampino

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