In Campania 72 morti sul lavoro nel 2020. Filca: la pandemia non ferma la strage

IL DOCUMENTO. I dati dell’Inail riferiscono 11 persone morte in provincia di Avellino e 5 infortuni mortali nel settore edile. Il sindacato: gli incidenti mortali si sono mantenuti quasi costanti anche registrando una flessione negativa sul numero degli infortuni

In Campania 72 morti sul lavoro sono state registrate nel 2020, riferisce la Filca Cisl, citando i dati dell’Inail. Nonostante la riduzione delle attività imposte dalle misure di contenimento sanitario, evidentemente la pandemia non ha fermato né ridimensionato la strage, osserva il sindacato. Di seguito il documento diffuso dalla Filca Cisl sul tragico bilancio dell’anno.


In Campania 72 morti sul lavoro nel 2020 nonostante l’emergenza sanitaria

La nota della Filca Cisl

Giovanni Lo Russo, responsabile della Filca Cisl Avellino

I dati dell’Inail riferiti all’anno 2020 riferiscono in Campania 72 decessi sul lavoro. 11 persone morte in provincia di Avellino e 5 infortuni mortali nel settore edile. Il dato paradossale è che pur in un anno con chiusura cantieri per emergenza Covid-19, gli incidenti mortali si sono mantenuti quasi costanti anche registrando una flessione negativa sul numero degli infortuni. Insomma, con una contrazione di lavoro nelle costruzioni, le morti sul lavoro non diminuiscono. Ma è bene rappresentare pure altri aspetti del covid-19. Da una sensazione sul territorio provinciale per visite in cantieri e addirittura per denunce esplicite di lavoratori, sembra che molti lavoratori siano “costretti” al lavoro straordinario, con forme di legalità grigie e assai discutibili. Se da un lato lo stato economico del lavoratore e di necessità è da motivo personale comprensibile per accettare un lavoro sottopagato, sicuramente sul lato della regolarità e della sicurezza si registrano i maggiori effetti collaterali: i protocolli covid in cantiere non sono rispettati per la gran parte e ancora tutti i presidi in generale tipici per l’antinfortunistica nel settore edile. È solo una maggiore declinazione, anche più complessa del discorso sulla cultura della sicurezza fatto. Il covid-19 sembra far aumentare lo stato precario dei lavoratori edili in provincia, in termini di lavoro “sfruttato” e di sicurezza non sufficiente. Dalle piccole e medie industrie che gravitano nel mondo delle costruzioni pervengono richieste di cassa integrazione per emergenza epidemiologica e nonostante i diversi incentivi e bonus che vengono erogati. Molti operai spesso lavorano senza che vengono osservati opportuni dispositivi di sicurezza, anche per covid, tanto individuali che collettivi. E accade di peggio anche come condotte aziendali antisindacali nei confronti dei lavoratori. Dal mobbing all’esplicita intimazione ai lavoratori di disdetta sindacale, quando la rappresentanza sindacale in fabbrica è presidio per la sicurezza attiva e passiva dei lavoratori. In molte aziende è preclusa la possibilità stessa ai lavoratori di associarsi al sindacato. In alcune realtà produttive sembra di ritornare all’anno zero dei diritti, della legalità ma soprattutto della dignità del lavoro e dei lavoratori. Da qui l’invito agli organi ispettivi al controllo documentale e di fatto, prima che accadano infortuni sul lavoro che, se non aperti e denunciati, attestano già una sicurezza mancata e di certo una mancata prevenzione. Il covid-19 non è la causa ma solo un pretesto per questa miseria culturale che produce evasione, mortificazione del lavoro e a volte la morte del lavoratore.


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