Bianchi (Svimez): al Sud non bastano i fondi, deve saper spenderli

"L'EFFICACIA DEL RECOVERY FUND NON SI MISURA CON IL RIPARTO. SERVONO STRATEGIA E AZIONE". Il Direttore della Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno ospite del primo incontro promosso dai vescovi delle Aree interne della Campania. I dati sullo spopolamento: 250mila abitanti in fuga dai piccoli Comuni soprattutto al Sud

Ospite del Forum dei Vescovi, l’economista Luca Bianchi ha lanciato un monito sulla qualità della spesa nel Mezzogiorno. Il Direttore della Svimez (Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) ha spiegato che al Sud italiano non basterà avere i fondi, se non saprà spenderli adeguatamente per creare sviluppo e crescita, correggendo gli elementi strutturali del suo gap con il resto del Paese e l’Europa. Mentre si attende con il nuovo prossimo governo la riprogrammazione delle risorse europee straordinarie, il Recovery Plan, ha ribadito la centralità che la questione delle Aree Interne riveste nel problema più generale del rilancio meridionale. La Svimez considera questo un tema decisivo per la tenuta economica e sociale in Italia. Il progressivo spopolamento, soprattutto nel Mezzogiorno, è per  l’associazione un problema di fondo. Luca Bianchi in occasione del primo incontro promosso dal Forum dei Vescovi ha argomentato sulla necessità di investire su un modello di sviluppo sostenibile che prenda in considerazione non solo l’ambiente ma anche l’aspetto sociale.

Luca Bianchi, economista, Direttore della Svimez

“L’abbandono delle aree interne ha un effetto potenzialmente molto forte, perchè determina abbandono e dissesto idrogeologico, oltre che perdita di identità culturale del Paese” ha spiegato. “Da un lato è importante difendere la Strategia Nazionale delle Aree Interne, ma non ci possiamo rassegnare alla condizione di ‘specie in via d’estinzione’ per chi abita le aree interne. Bisogna migliorare l’attuazione della strategia, ma inserire il concetto di una migliore distribuzione della popolazione, con investimenti su attività e servizi, per realizzare una economia più sostenibile. Questo determinerà il Piano del Recovery Fund, e il concetto della sostenibilità non è solo ambientale, ma è sociale e dei processi di sviluppo. Lo spopolamento delle aree interne ha aumentato le disuguaglianze. All’interno di questa forbice, la disuguaglianza è di reddito in primo luogo, ma emerge anche fra territori”. Per Bianchi la pandemia e l’emergenza sanitaria hanno stravolto il paradigma della vivibilità, aprendo scenari inediti per le aree interne, che stanno recuperando terreno sulla qualità della vita. “Il nuovo modello di sviluppo dopo la pandemia deve essere la sostenibilità sociale, per proporre un cambio di passo. Il rapporto fra aree periferiche e urbane può modificarsi. Non esiste solo la grande agglomerazione urbana per realizzare le proprie ambizioni, perchè in realtà anche quelle aree presentano problemi. Abbiamo scoperto che si può lavorare a distanza, e lo smart working e il south working, hanno dimostrato che i meridionali sono tornati al Sud nelle aree di origine. Questo ha generato un impatto positivo sulla produttività, ha migliorato la qualità della vita dei lavoratori, e ne ha beneficiato la comunità nel suo complesso. Bisogna ricominciare a partecipare alla comunità, lavorare nel terzo settore, riappropriarsi dei processi politici” ha spiegato.

SERVIZI PUBBLICI E LAVORO. I dati del rapporto Svimez sullo spopolamento, rivelano che 250mila abitanti sono andati persi nei Comuni al di sotto dei 5mila abitanti. il saldo negativo riguarda i Comuni montani e collinari, per la gran parte nel Mezzogiorno. “Come intervenire: il tema è l’offerta dei servizi pubblici, insieme alla debolezza del sistema produttivo e la carenza dell’offerta di lavoro.  L’indebolimento dell’offerta dei servizi pubblici è iniziata dal 2008, ma gli effetti sono emersi in maniera rilevante dove le comunità erano più deboli. Bisogna restituire ospedali, scuole, e diritti di cittadinanza, devono essere raggiungibili in maniera rapida. Non parliamo soltanto  di emigrazione per trovare lavoro: ma in queste aree si è persa la speranza di trovarsi in un luogo in cui avere delle opportunità. La nascita delle start up e delle piccole imprese è possibile dove c’è l’offerta servizi pubblici essenziali, e dove c’è mobilità. La Snai è una politica placed based da difendere, ma non vorrei che fosse un circolo delle aree interne del Paese che si confrontano per condividere problemi.” osserva. Per Luca Bianchi le aree interne devono connettersi con medi e gradi centri dei territori, quindi l’obiettivo deve essere quello di accompagnare interventi con coerenza delle politiche. “Questo richiama le regioni, con politiche sulla mobilità, per creare relazioni. Le regioni attente nella fase di definizione delle aree interne non sono state altrettanto efficienti per costruire interventi su capacità di connettersi. Bisogna rafforzare le scuole secondarie superiori, con profili di alta capacità e collegarle al territorio, creare hub di  innovazione e competenze che creano valore sui territori, connesse alle specializzazioni produttive. C’è molto da fare, ma abbiamo delle grandi opportunità: la partenza dell’agenda 2021-2027 e il Piano Next Generation”.

L’ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE. Alzare i tassi competenza, per il vice direttore di Svimez significa soprattutto investire sulle università. “Il tema della formazione è centrale, dagli asili nido alle università, dove servono risorse aggiuntive e meccanismi diversi per garantire la permanenza dei presidi di formazione. Serve un investimento sulla formazione tecnica: abbiamo buchi neri della formazione nel Mezzogiorno, con una quota di istituti tecnici bassa e poco qualificata. Basta guardare all’esperienza di altre regioni con gli Its, dove la formazione è tarata sulla base delle potenzialità delle imprese sul territorio. Ma il Mezzogiorno non è un deserto industriale: esiste una tradizione del manifatturiero, in Campania l’agroalimentare, l’aerospaziale, la meccanica; dove rafforzare l’offerta della formazione tecnica, e trovare una sua localizzazione impattante. Le università sono decisive, ma alcune politiche degli ultimi 10 anni hanno privilegiato sistemi universitari del centro nord, con la ripartizione del fondo università, che ha legato i finanziamenti al tasso di occupazione dei laureati”.

LA CLASSE DIRIGENTE. Altro tema dolente affrontato da Bianchi è quello del ruolo guida di un processo di riorganizzazione. “La classe dirigente del Mezzogiorno deve essere disposta a superare il particolarismo. L’aggregazione dei Comuni è fondamentale, mentre sui rifiuti, acqua, energia c’è resistenza a condividere progetti e questo può essere un vincolo. Anche sui progetti potenzialmente attivabili sui fondi europei, ci vuole capacità di progettazione con luoghi di assistenza tecnica ai Comuni. Si tratta di un meccanismo culturale che deve superare l’ottica eccessivamente localistica che si traduce in difficoltà attuative”, continua. Il riferimento è stato netto al congelamento degli impianti di trattamento per i rifiuti, per la mancanza di accordi tra Comuni e l’incapacità di assumersi delle responsabilità.

OLTRE IL RIPARTO, VISIONE E AZIONE. Svimez è fra i fautori della regola del 34% dei fondi del Recovery a cui sommare la quota aggiuntiva, “ma il Sud rischia di vincere la battaglia degli stanziamenti e perdere la battaglia della spesa. Se non lavoriamo per creare le condizioni perdiamo. Non scadiamo nella battaglia rivendicazionista senza porre argomenti giusti per chiedere diritti uguali per tutti. Dobbiamo dimostrare di avere capacità, competenze e cambiare modo di fare del Sud che è poco attento alle realizzazioni.


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