L’Irpinia dalla ricostruzione alla Strategia Aree Interne in un percorso lungo 40 anni. Con “Storia di una ricostruzione. L’Irpinia dopo il terremoto” edito da Rubbettino, Stefano Ventura consegna una nuova pubblicazione del filone di studio sul sisma del 1980. Coordinatore dell’Osservatorio sul dopo sisma e autore di numerosi saggi e ricerche sul tema, in occasione del 40ennale Ventura sposta la lente di ingrandimento sulla ricostruzione. “Una analisi storica e politica, ma anche urbanistica ed economica, senza trascurare l’aspetto legato all’emergenza e al volontariato”. Nell’Irpinia di Ventura viene raccontata la costruzione della memoria, a partire dal 23 novembre, ma anche la commissione d’inchiesta parlamentare sui fondi pubblici. Un excursus analitico sulle leggi sulla ricostruzione, a partire dalla 219, per finire all’attualità. Il saggio si conclude con la Strategia Nazionale per le Aree Interne, che in Irpinia oggi include proprio l’area del cratere.

L’Irpinia di Ventura dalla ricostruzione alla Strategia Aree Interne

Infatti il vero elemento innovativo introdotto dalla letteratura consiste nell’analisi della gestione finanziaria: nel caso del post terremoto affidata alle contingenze e all’emergenza, e nel caso attuale decretata dalle capacità amministrative degli enti locali. “Avere avuto tanti finanziamenti nel corso di questi 40 anni ha creato competenze di lungo periodo fra dirigenti e amministratori” spiega Ventura. “Ma lo spopolamento attuale a cui è costretta l’Irpinia come area interna, e gli indici economici registrati, non ci confermano un particolare dinamismo. La Strategia Nazionale per le Aree Interne è una occasione interessante ma non ha esperito le possibilità messe in campo” denuncia. Segnala il mancato coinvolgimento dei cittadini nel processo di costruzione del campo sperimentale e delle attività produttive, “unitamente ad una classe dirigente poco coinvolgente non ha dato gli esiti sperati”.

L’Irpinia di Ventura dalla ricostruzione alla Strategia Aree Interne

La lente con cui si guarda all’Irpinia di Ventura – che è anche la sua terra d’origine – ha perso il coinvolgimento diretto. Oggi l’autore vive e lavora ad Arezzo e porta avanti i suoi studi sul Cratere con uno sguardo più distaccato. “Guardare le cose dal di fuori aiuta a vederle dall’esterno con maggiore obiettività, ma il coinvolgimento c’è sempre, così come il legame è sempre forte. Avere vissuto in prima persona il terremoto e la ricostruzione è stato un fattore importante durante la stesura del mio lavoro” sottolinea. Intanto, a 40 anni dal terremoto gli studi e le analisi prodotte convergono su due aspetti: gli errori commessi nella ricostruzione non sono addebitabili agli amministratori ma alla politica degli anni ’80. “La spesa pubblica a quell’epoca era fuori controllo e sono state fatte delle scelte: gli investimenti nelle aree industriali a discapito degli investimenti nella scuola”. In secondo luogo, le scelte urbanistiche sono state compiute da urbanisti estranei al contesto, “che hanno prodotto scelte infelici. La storia delle cooperative dopo il terremoto e le attività amministrative hanno dimostrato che gli sforzi per migliorare sono stati fatti” continua Ventura. A 40 anni dal terremoto però, stenta a venire fuori un distinguo che è stato sancito da quella data spartiacque: comunità e paese. “Non credo che i due sostantivi possano essere scissi, perchè auspico in un superamento del singolo campanile per costruire oltre, con un orizzonte più ampio. E’ necessario fare fronte comune e sugellare uno sforzo che possa costruire comunità al di là della definizione di paese. Lo spopolamento è un problema che riguarda tutto l’Appennino meridionale, e l’Irpinia può dimostrare di mettere in campo esperienze positive”. Intanto anche per Stefano Ventura, non si profila nessuna possibilità di ritorno a vivere nella sua terra d’origine. “Tornerei se ci fossero servizi adeguati. Se la Snai riuscisse a risolvere i problemi, altrimenti lo spopolamento continuerà a sarà inesorabile” conclude.


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