“La monaca” di Simonetta Agnello Hornby

Ilde rampino recensisce per Nuova Irpinia la storia di una donna che vive in bilico fra la scelta di affidarsi alla religione e il desiderio di vivere nel mondo

“La monaca” di Simonetta Agnello Hornby. Conflitti e intrecci continui di vicende sociali e politici, con al centro il conflitto interiore di Agata, analizzato con estrema profondità e attenzione, in cui si rivelano le contraddizioni della ragazza, che avverte un profondo disagio personale, ma si appassiona fortemente anche alle vicende politiche del tempo e quindi ai moti rivoluzionari che animano l’Italia del 19° secolo. Determinante è l’incontro con il giovane James Garson, che le regala molti libri, facendo nascere in lei il desiderio e la speranza per un mondo migliore, caratterizzato da uguaglianza e rispetto tra le persone. La sua passione per la lettura è anche un modo per varcare i confini della sua solitudine: non potendo uscire di casa a causa della rigida educazione ricevuta, trascorre ore a leggere sul balcone e si dedica a lunghe “taliate” mattutine con Giacomo, il giovane di cui è innamorata, il cui sentimento viene apertamente osteggiato dalla famiglia, anche se egli ha intenzioni serie, ma sua madre le impone di lasciarlo, poiché non è in grado di mantenerla. L’ambiente sociale in cui è ambientata la vicenda è quello delle famiglie nobili che sperperano i loro averi, dei matrimoni combinati al tempo dei Borbone nella prima metà dell’800 a Messina e i riti della tradizione. Suggestiva è la descrizione particolareggiata della processione del 15 agosto, quella dell’Assunta, che vedeva sempre una grande partecipazione di gente, in cui venivano utilizzate delle “macchine” per trasportare la statua della Madonna, denominata “la Vara”.

In famiglia Agata risente molto del carattere austero e anaffettivo della madre, definita “la “marescialla”che influenza la sua vita, operando scelte, senza assolutamente tener conto dei desideri della ragazza, che si sente manovrata e non riesce a reagire, rifugiandosi nel mutismo e nell’indifferenza nei confronti di ciò che la circonda. La morte del padre la rende molto triste e struggente la descrizione del viaggio per mare da Messina a Napoli, che lei trascorre accanto alla salma del padre. L’arrivo a Napoli per un funerale degno di lui è solo un’illusione poiché ben presto dietro l’ospitalità offerta dalla famiglia del padre Agata avverte un senso di ostilità e di disprezzo per i “parenti poveri” o “i siciliani”, come li chiamavano. Il desiderio e il bisogno di rivalsa di sua  madre Gesuela si scontra con l’indifferenza dei parenti, ma la sua determinazione fa sì che riesca ad organizzare il matrimonio della figlia Anna Carolina con un giovane di famiglia molto agiata. Il profondo senso di solitudine di Agata la fa sentire esclusa, isolata, avvertiva il disprezzo di sua madre, che aveva persino messo in vendita i libri di suo padre che costituivano per lei un rifugio dal suo tormento interiore. L’unica persona che le è vicina è la zia badessa, che le regala una guantiera di dolci quando Gesuela le accenna al suo proposito di chiuderla in convento. La decisione lascia Agata senza parole e quando la fanciulla va in visita al monastero di San Giorgio Stilita, viene accolta con affetto, ma lei si rende subito conto che non potrà mai accettare quella scelta: nel convento avverte il senso arcano della religione, ma anche la familiarità della parentela di sangue con la badessa. Agata si sente bloccata tra le maglie strette delle regole, desidera divertirsi, ma sua madre frena le sue intemperanze con una frase gelida e densa di sarcasmo: ”Ringrazia le monache del favore che ti hanno fatto votandoti come compagna”. L’ingresso di Agata nel monastero rappresenta un momento molto difficile per lei, nonostante si immerga nella lettura di libri religiosi e monastici, per non pensare alla sua sorte, comincia a sentirsi perseguitata dalle altre suore e dalle converse, che la considerano privilegiata. Sua madre la abbandona in convento senza darle sue notizie, la sua sofferenza interiore la porta addirittura alle convulsioni, da cui poi guarisce e viene considerata miracolata, quasi una testimonianza del suo desiderio di farsi monaca. Agata si sente in balia degli eventi, isolata dal resto del mondo, sua madre le combina un matrimonio con un vecchio, ma Agata sceglie il convento e trascorre il periodo di educandato dedicandosi alla lettura e pensa all’amore mentre impasta il pane e i dolcini siciliani, antica tradizione delle monache. Nasce un rapporto pieno di affetto con la zia badessa, che le racconta la storia di suo padre, figura fondamentale per lei, che per anni era stato un donnaiolo e poi si era legato a sua madre Gesuela, quando lei aveva solo 13 anni. Agata ricordava la promessa che le aveva fatto suo padre: non l’avrebbe mai mandata in convento, come sua madre aveva fatto con le sue sorelle, perché ricordava il dolore del distacco che aveva provato. In convento Agata si appassiona alle piante officinali e diventa farmacista, ce la metteva tutta “per voler essere monaca”, ma pensava continuamente alla sua famiglia, aveva nostalgia delle sue sorelle, si sentiva confusa. James Garson le mandava libri da leggere e le aprivano nuove possibilità, avrebbe voluto conoscere il mondo e dubitava della sua vocazione. Il noviziato di Agata era caratterizzato dall’altalena tra l’accettazione dei valori della monacanza e l’irrefrenabile voglia di vivere nel mondo: Agata era consapevole che la professione solenne avrebbe rappresentato la fine della sua vita precedente. Assume il nome di donna Maria Ninfa, una delle quattro protettrici di Palermo, città di origine della sua famiglia. Il periodo in convento è caratterizzato da scandali e segreti ma anche da frequenti ingiustizie a cui Agata reagisce male. La morte della zia badessa e quella della cuciniera Brida da cui aveva imparato tanto acuiscono il suo senso di solitudine, ella viene trattata con distacco dalla nuova badessa e dal cardinale che le nega il premesso di trascorrere alcuni giorni a casa. Ormai la sua presenza desta troppi problemi, tentano persino di avvelenarla; il cardinale la allontana dal monastero e la trasferisce nel conservatorio di Smirne,  a Napoli, un luogo in cui venivano accolte le monache rifiutate da altri monasteri. Agata comprende che, malgrado i suoi sforzi, non sente di avere la vocazione, è legata al ricordo di James, vuole vivere i suoi sentimenti, viene messa in isolamento e rifiuta di mangiare. Infine fa finalmente la sua scelta di vita: fugge per incontrare James e si lascia tutto alle spalle, vivendo forse per la prima volta.

A cura di Ilde Rampino

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