Islaam di Francesca Sassano

Ilde Rampino recensisce per Nuova Irpinia il libro di Francesca Sassano che narra la storia di due generazioni a confronto, una nonna e una nipote sul filo sospeso di interrogativi e paure, una ricerca per andare oltre i silenzi, mantenendo tuttavia il rispetto per la vita dell’altro

“Islaam” di Francesca Sassano. Un incontro tra due generazioni, una nonna e una nipote sul filo sospeso di interrogativi e paure, una ricerca per andare oltre i silenzi, mantenendo tuttavia il rispetto per la vita dell’altro. Due figure di donne che si incontrano in un momento topico della loro vita in cui si devono fare delle scelte in prospettiva di un cambiamento radicale. I ricordi sono la trama attraverso cui si crea questo rapporto speciale di due persone che non si conoscevano, ma che scoprono pian piano le proprie radici e un carico di sofferenze che le accomuna. Protagonista di questo libro, attraverso le cui pagine, l’autrice descrive con meravigliosa intensità, le fragilità e le debolezze dell’essere umano che si trova a fronteggiare qualcuno più forte che la pone in una condizione di sudditanza e di inferiorità, è la nonna, ormai novantenne, che si rende conto di vivere in un’età dove “ogni cosa è avanti e nulla, di quello che sta dietro non le appartiene più”. Attraverso frammenti di memoria, ella rivive la sua infanzia particolare, in cui era una bambina che si vestiva e condivideva i giochi da maschio, voleva ritagliarsi un ruolo che non le era concesso e spesso era stata costretta ad ingoiare le lacrime. La porta della morte ora non è più davanti a lei, è vicina e oggi la sua vita è un’altra cosa, vi sono i colori e a volte le sembra di voler acchiappare l’aria. Tutta la sua vita è stata segnata da una profonda solitudine interiore, che lei cercava di colmare attraverso l’amore per un uomo, ma pian piano si accorgeva che “per un attimo di volo c’era lo schianto per terra”, per un attimo di felicità vi era un susseguirsi di dolore. In quei momenti soffriva per la mancanza di parole, tuttavia, col passare degli anni aveva cominciato a cercarle nei libri che leggeva. Il suo bisogno di un’illusione d’amore spesso l’aveva spesso condotta sul “ciglio dell’inferno”, il proprio smisurato senso di libertà era stato poi imbrigliato nella dipendenza da qualcuno che aveva un modo sottile di controllarla. La vita la mette improvvisamente di fronte a un’esperienza simile vissuta dalla nipote e lei rivive tutto nella sua mente, creando tra le loro due esistenze un ponte di sofferenza ma anche di possibile salvezza. Le  immagini forti che scorrono come un film davanti ai suoi occhi, quelle che aveva “scelto di dimenticare perché certe cose non si possono raccontare”, come l’odore dell’erba legato a una sua esperienza traumatica, avevano prodotto in lei un grande vuoto, finchè il suo cuore era stato riscaldato da un altro sentimento. La nonna fa leggere alla giovane Islaam le sue “lettere mute” in cui cercava di uscire da quella gabbia di violenza e successiva falsa gentilezza. Le tracce del tempo risuonano sul selciato della vita e lei era consapevole che gli ultimi pensieri sono quelli che ti accompagnano oltre la porta ed  non voleva abbandonare la sua casa, poiché “in assenza di parole sono le cose note che ti danno il buongiorno”, cercava in se stessa quella calma che fuori non esisteva e aveva bisogno di essere pienamente a contatto con la sua vita fino alla fine. I suoi ricordi non sono più frammentati e acquistano un nuovo significato, la fanno tornare alla sua infanzia e al momento in cui aveva dovuto affrontare una “ rottura dell’equilibrio” a causa della malattia del fratello e “la sua bella vita di carta si era sporcata”, ricorda il difficile rapporto con sua madre, anche a causa delle loro differenze caratteriali e quanto tutto ciò la facesse sentire a disagio.

Avrebbe voluto riempire ogni frattura della sua anima con un amore, ma questo sentimento che lei cercava disperatamente si era rivelato un “filo sottile come seta stretto al collo” e risuonavano nella sua mente, le urla e la sensazione del respiro che si ferma. Si sentiva incapace di esprimere le sue emozioni, era sopraffatta dalla vergogna e allora si richiudeva in se stessa e affidava allo scritto la sua sofferenza. Aveva deciso di amare per libera scelta e sceglie di scrivere ad Islaam una fiaba per farle comprendere come fosse amata, in quel momento così difficile per lei, le lascia una sorta di eredità del cuore, attraverso le parole della sua storia. Le rughe del tempo che passa la fanno vivere con la consapevolezza che tutto un giorno muterà, anche sua nipote partirà presto, ma lei non vuole trattenerla, perché non si possono tarpare le ali al futuro e le ricorda il vero significato del suo nome : l’aggiunta di quella “a” che trasforma il termine “Islam” – argomento del testo che sua madre Paula stava scrivendo, mentre era in attesa della sua bambina – e gli dà una nuova valenza : non più “Sottomessa” ma aperta a nuove prospettive. Alla fine la narratrice diventa Islaam, è avvenuto un passaggio e la ragazza, leggendo la lettera di sua nonna, in cui immagina che “una piccola voce attendeva un suono”, comprende che quel richiamo la conduce verso la libertà di essere se stessa e di amare senza soffrire più.

A cura di Ilde Rampino 

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