«La nuova Avellino è la città di Truman», nota di Maria Rusolo e Giovanni Bove

Documento del Gruppo Avellino Città Ideale sulla programmazione delle attività culturali nei grandi edifici storici restaurati dal Comune negli anni '90 e nel primo decennio del nuovo millennio: «Manca una vera programmazione, al di là di eventi episodici»

Il centro storico di Avellino visto dal parco urbano di Santo Spirito, attraversato dal Torrente Fenestrelle

Per Maria Rusolo e Giovanni Bove «la nuova Avellino è la città di Truman». Definiscono così il capoluogo «nel quale realtà e finzione si confondono lasciando davvero l’amaro in bocca». Nel documento diffuso a firma del gruppo «Avellino città ideale» esaminano in particolare «la gestione ed all’utilizzo delle strutture pubbliche», secondo gli scriventi portata avanti dall’Amministrazione comunale al di fuori di una visione concreta. «La gestione corretta e trasparente del patrimonio immobiliare si lega anche ad una certa idea di cultura che di esso dovrebbe farne strumento utile per la realizzazione di una visione», osservano. Di seguito la riflessione integrale contenuta nel documento, riassunto con una immagine: «La nuova Avellino è la città di Truman».


Avellino è la città di Truman: non bastano gli eventi, serve una programmazione pensata

di Maria RusoloGiovanni Bove | Avellino città ideale

Il simbolo della associazione Avellino Città Ideale

Quanto sta accadendo in queste ore in città assomiglia sempre di più alla fiera delle banalità, tra dirette social, brindisi, e decisioni prese senza reale confronto con le parti coinvolte, la nostra città vive in un perenne Truman Show, nel quale realtà e finzione si confondono lasciando davvero l’amaro in bocca. Quello che più colpisce, aldilà della sterile polemica, è che non si vede all’orizzonte una attenta programmazione politica che guardi al futuro e che comunichi ai cittadini quali saranno le sorti della comunità, che vive una sorta di eterna stasi ormai da troppo tempo.

Ci preme sottolineare ad esempio che con riferimento alla gestione ed all’utilizzo delle strutture pubbliche, troppe sono le vaghezze, le distrazioni e la non chiarezza. I cittadini hanno il diritto di sapere cosa accadrà delle scatole pubbliche che invadono la nostra città e che dove non sono assolutamente vuote, e prive di una chiara e precisa destinazione d’uso e di utilizzo, risultano sfregiate o assegnate senza una regolamentazione precisa che valuti con attenzione quello che in esse si voglia opportunamente realizzare. La gestione corretta e trasparente del patrimonio immobiliare si lega anche ad una certa idea di cultura che di esso dovrebbe farne strumento utile per la realizzazione di una visione, orientata all’arricchimento umano, sociale e civile. Un arricchimento che non è solo immateriale, ma che rappresenta il trampolino di lancio per una città più vitale ed attrattiva, nella quale la bellezza sia un elemento su cui investire per un futuro di crescita delle nuove generazioni. Non sono gli eventi tout court, o le presenze due volte l’anno a poter cambiare lo sguardo della città, ed a trasformare Avellino in un punto di riferimento per la Provincia e per la Campania intera; al contrario questo tipo di cultura dell’evento a gettone lascia dopo un poco l’amaro in bocca. Nessuna Critica distruttiva, ma la volontà di offrire una serie di spunti per un orizzonte più ampio ed inclusivo, ma che non può prescindere da elementi certi. Innanzitutto, al fine di evitare confusioni di ogni genere, e di lasciare in un angolo le belle energie che consentono a questa città di sopravvivere ancora, occorre una regolamentazione precisa nella concessione degli spazi.

L’ex cinema Eliseo di Avellino e la piazza ricavata durante il restauro dell’edificio monumentale progettato dall’architetto Del Debbio. Quest’area in precedenza ospitava un campo polivalente adattato per il tennis. Durante i giorni della liberazione i ragazzini di viale Italia imparavano qui a giocare a baseball dai soldati americani di stanza ad Avellino

La politica non deve impossessarsi degli stessi al solo scopo di piazzare qualcuno in un posto o in un altro, il merito, l’esperienza e le competenze devono essere l’unico vero discrimine. E se si pretende un Codice etico per gli appalti non si capisce perché non debba esserci un codice ed una regolamentazione precisa anche in materia di concessione e gestione delle strutture pubbliche. Criteri precisi per l’affidamento alle associazioni, che a questo punto devono non solo essere finalmente inserite in un Albo Comunale, ma che devono presentare un progetto culturalmente ed economicamente sostenibile. Non è l’ennesima provocazione che si pone in essere per il gusto di contrapporsi, ma una esigenza sentita, al cospetto di costruzioni che dovevano avere un alto respiro e che invece dimorano senza anima, immobili nello spazio, ma fuori dal tempo. Non è possibile rinviare e non possibile accettare che le decisioni vengano assunte in stanze chiuse senza un confronto. Si apra un tavolo con gli attori culturali della città, con tutti, nessuno escluso, e si cominci una costruzione di un Piano di impegni che abbia una visione a lungo termine, altrimenti, la città è destinata a morire, e non serviranno le lucine del Natale, o il cantante in Piazza a ferragosto a cambiare le cose.


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