Luca Bianchi, Direttore della Svimez

Per Luca Bianchi il vero Piano Lavoro in Campania è la Zes. Ma va tagliata la burocrazia, con norme che realmente agevolino la condizioni dello sviluppo. Per il Direttore della Svimez su questo si rivelerà la vera classe dirigente. “Saranno le Istituzioni nazionali, regionali e locali in grado di garantire effettivamente questa opportunità?”, è il punto. Nell’intervista rilasciata a Nuova Irpinia Luca Bianchi sfida la classe dirigente a farsi avanti con le svelte e le soluzioni. Mentre l’Italia concentra nel Centronord gli investimenti in infrastrutture, gli investitori internazionali, dagli arabi ai cinesi in prima fila, sono pronti a creare posti di lavoro e sviluppo in industria e logistica con la Zes in Campania. Ma servono subito norme che riducano l’incidenza della burocrazia sulle procedure. Massicci apporti di capitali esteri nel sistema produttivo possono mettere in moto quel circolo virtuoso necessario a ridurre il vero gap del Sud con il Nord in Italia, quello che si allarga sempre più in tema di servizi. In questo contesto, riconosce alla Valle Ufita un potenziale ruolo propulsivo nell’economia dell’Irpinia, grazie ai rilevanti programmi infrastrutturali in corso. Luca Bianchi è un economista, esperto di sviluppo territoriale. Dal marzo del 2018 Luca Bianchi è il Direttore della Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno.

Palazzo Chigi, sede del Consiglio dei Ministri e della Presidenza

Luca Bianchi, la provincia di Avellino è caratterizzata da una massiccia deindustrializzazione, oltre al disimpegno degli imprenditori che sono arrivati nel post terremoto del 1980 attratti dagli incentivi statali, si aggiunge lo smantellamento della grande industria “nazionale”, come quello della Fiat. Svimez ha il polso di questo fenomeno? Si tratta di un andamento che viene addebitato alla crisi economica globale, oppure secondo lei ha delle motivazioni specifiche?

“La crisi ha colpito molto pesantemente l’industria del Sud, già poco presente nell’area e con un elevato grado di frammentazione, principale ostacolo al conseguimento di maggiori livelli di produttività e di competitività. La SVIMEZ ha verificato che persiste una scarsa localizzazione al Sud di medie imprese manifatturiere, ovvero, di quel segmento di struttura produttiva tipicamente più attivo nei processi di innovazione e di internazionalizzazione. Per di più, a tutt’oggi, l’industria meridionale non ha ancora recuperato la perdita di prodotto accusata durante la lunga recessione. I problemi a nostro avviso più gravi sono la riduzione progressiva degli investimenti pubblici, il cui declino non si è ancora arrestato, e la scelta di ritirarsi dalle politiche industriali, soprattutto al Sud. Proprio queste ultime dovrebbero contribuire al recupero delle gravi perdite di prodotto e di investimenti industriali subite negli anni 2007-2014 e favorire apprezzabili guadagni occupazionali, ponendosi con forza l’obiettivo di sviluppare l’industria in settori innovativi e rafforzare l’apparato esistente. Questo ragionamento vale per tutto il Mezzogiorno, ma anche per le singole realtà territoriali come quella irpina”.

Senza reddito, senza lavoro e senza futuro, i giovani ma anche intere famiglie sono costrette a fare le valigie e a trasferirsi al Nord, ma anche all’estero, nonostante il reddito di cittadinanza e altre misure di contrasto alla povertà aperte dai Piani di Zona Sociale. Come è spiegabile questo fenomeno?

“La SVIMEZ su questo fenomeno ha scritto fiumi di inchiostro. I giovani del Sud vanno a studiare al Nord proprio perché, in questo modo, si avvicinano al lavoro. Perciò, se vogliamo aggredire questo fenomeno, e mi ricollego a quanto le dicevo prima, dobbiamo investire nelle aree meridionali, per rafforzarne il contesto produttivo e fare in modo altresì che le competenze cresciute negli atenei possano diventare imprese. Peraltro vorrei sottolineare che siamo di fronte a una doppia discriminazione: chi se lo può permettere, manda i figli a studiare al Nord o all’estero, mentre le famiglie povere si arrangiano”.

Analisti di grido e politologi hanno legato la vittoria del Movimento 5 Stelle nel Mezzogiorno alle elezioni politiche del 2018 all’attivazione del reddito di cittadinanza, per confermare l’adagio del Sud assistenzialista. E’ così?

La SVIMEZ è un’associazione indipendente che per sua storia e tradizione non interviene mai nel dibattito politico. Indubbiamente la promessa del Reddito di Cittadinanza ha favorito elettoralmente il partito che l’ha proposta, anche se poi, come proprio la SVIMEZ aveva messo in evidenza con grosso anticipo, l’erogazione di un sussidio parametrato a 780 euro individuali, come era stato sbandierato ai quattro venti, avrebbe richiesto uno stanziamento di circa 17 miliardi di euro per i 9 mesi del 2019 successivi all’entrata in vigore della misura ad aprile. Dai nostri conti il sussidio medio sarebbe stato compreso, invece, tra i 178 euro della famiglia con un componente e i 445 euro della famiglia di 4 componenti, fino a 490 euro di un nucleo con oltre 5 componenti. E alla fine, come si è potuto verificare, le cifre effettive di erogazione sono all’incirca queste”.

Vigneti dell’Istituto Agrario De Sanctis sulla Collina dei Cappuccini ad Avellino

Negli anni ’70 e ’80 il lavoro da operaio in fabbrica veniva considerata una ‘scalata sociale’ rispetto al lavoro nei campi da agricoltore, con un salario garantito a fine mese, orario di lavoro prestabilito, ferie e malattie pagate. Oggi la condizione operaia della provincia di Avellino si sostiene grazie agli ammortizzatori sociali, e sembra avere sgretolato la base solida del tessuto sociale. Il ritorno alla terra offrirebbe più certezze?

“Nel Rapporto che annualmente la SVIMEZ cura con l’ISMEA sull’agricoltura meridionale emerge che il settore primario al Sud ha registrato una performance migliore di quella del Centro-Nord, soprattutto grazie all’andamento nel comparto olivicolo e all’aumento delle esportazioni agricole. Purtroppo, però, al di là delle punte di eccellenza e di una parte di agricoltura professionale che innova e che è in grado di competere sui mercati internazionali, l’agricoltura meridionale continua a soffrire per i problemi strutturali di sempre, la cui soluzione richiede una visione sistemica e interventi che superino l’ottica settoriale. In ogni caso, nel 2017, gli occupati in agricoltura sono stati oltre 919 mila, di cui più di 522 mila nel Mezzogiorno, pari a circa il 57% del totale nazionale”.

Luca Bianchi, la provincia di Avellino soffre la marginalità di ‘area interna’ della Campania, con un alto indice di spopolamento e azzeramento dell’indice demografico. Svimez ha affrontato la questione? Ha elaborato delle strategie?

“Il tema dello spopolamento del Mezzogiorno, e segnatamente delle aree interne, è uno di quelli ai quali la SVIMEZ dedica costante attenzione. Entro il 2065, secondo l’ISTAT, la popolazione residente in Italia diminuirà di circa 6 milioni e mezzo, con una dinamica territoriale che penalizzerà sempre di più il Mezzogiorno, dove ad andarsene saranno in 5 milioni, soprattutto giovani in età da lavoro. E queste dinamiche demografiche in atto sono insostenibili e incompatibili con il mantenimento dell’attuale livello di vita della nostra società. La riduzione prevista della popolazione meridionale, in un contesto caratterizzato dall’invecchiamento della società nelle sue componenti di forze di lavoro, apparato imprenditoriale e complesso del sistema burocratico, perdita della capacità di accumulazione e della competitività del sistema, indurrà a una riduzione più che proporzionale del volume di reddito prodotto. E’ una tendenza che si può invertire solo se, come accennavo prima, si scommette seriamente sul Sud, aumento gli investimenti pubblici e creando nuove opportunità di occupazione per i giovani”.

Stretta di mano tra Xi Jinping
Segretario generale del Partito Comunista Cinese e il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella

Il riconoscimento delle Zone Economiche Speciali in Campania ha incluso diverse aree della provincia di Avellino, indicate come retroportuali al traffico commerciale di Salerno. Quali sono le aspettative della Svimez a tale proposito? Si tratta di una misura efficace?

“Le Zone Economiche Speciali si stanno finalmente cominciando a istituire nel Sud grazie proprio all’impegno della SVIMEZ che da tempo si è battuta per sollecitarne il varo. Quella campana è stata la prima e oggi, a quel che ne sappiamo, è già a buon punto. Una delegazione di imprenditori e dirigenti della ZES si è recata recentemente negli Emirati Arabi, e c’erano anche alcuni importanti industriali irpini, e a fine ottobre andrà in Cina. L’obiettivo è attrarre investimenti esteri in queste aree, dove si possono godere condizioni di maggior favore sotto il profilo fiscale. La richiesta che giunge da quanti sarebbero interessati a dirottare capitali stranieri nella ZES è sempre la stessa: sburocratizzazione, garanzia cioè che in tempi rapidi si possa procedere con un investimento. Qui è il vero punto interrogativo: saranno le Istituzioni nazionali, regionali e locali in grado di garantirlo effettivamente?”

La grave carenza di opere infrastrutturali rappresenta la grande criticità della provincia, che attende il completamento della Strada a Scorrimento Veloce Contursi- Lioni- Grottaminarda, e l’alta capacità ferroviaria Napoli Bari, tali da costruire un nodo strategico naturale sul territorio, catalizzatore di persone e traffici commerciali. Saranno sufficienti a ribaltare la piramide? Il processo dovrà essere sostenuto dalla politica? In che modo?

“Negli anni più recenti gli investimenti infrastrutturali nel Mezzogiorno, risultano pari a meno di un quinto del totale nazionale, negli anni ‘70 erano quasi la metà. Appare preoccupante la contrazione della spesa pubblica corrente nel periodo 2008-2017, -7,1% nel Mezzogiorno, mentre è cresciuta dello 0,5% nel resto del Paese. La SVIMEZ sottolinea questi divari infrastrutturali e come la spesa per le opere pubbliche abbia avuto ricadute negative sulla mancata attuazione della perequazione infrastrutturale. Secondo noi, solo la rapida attivazione della clausola del 34% potrebbe invertire il trend. Per quel che riguarda specificamente l’Irpinia, a quanto ci risulta è previsto un sistema di strade e opere di urbanizzazione che integreranno la stazione ferroviaria Hirpinia a Grottaminarda e alla Valle Ufita. Un accordo di programma tra i Comuni interessati, Rfi e Regione Campania dovrebbe consentire a breve di canalizzare le risorse disponibili e avviare gli investimenti. A Grottaminarda Comune e Regione Campania hanno definito un accordo in tre punti sulle opere infrastrutturali connesse alla costruenda stazione ferroviaria dell’Alta Capacità, sull’Autostazione dell’Air e sulla strada Lioni Grottaminarda. I fondi occorrenti dovranno essere ripartiti tra Ferrovie dello Stato (circa 15 milioni di euro) e Regione Campania attraverso la programmazione 2020 facendo già tutti gli atti preliminari nel 2019. Sorgerà a Grottaminarda, accanto alla stazione ferroviaria dell’Alta Capacità Hirpinia, anche la piattaforma industriale logistica, collegata anche ad autostrada e Ufita, ma soprattutto ad Ariano Irpino. la proposta, prevede: la realizzazione nell’area limitrofa alla Ferrovia della Piattaforma- Stazione Logistica; la realizzazione di tre bretelle per il trasporto su gomma di merce e persone, una diretta al congiungimento della variante di Ariano per collegare i paesi dell’arianese, la seconda per collegare le aree industriali di Valle Ufita, Frigento, Sturno e Castel Baronia, la terza di ampliamento della strada comunale di Grottaminarda via Tratturo; il potenziamento della strada ex SS 91 congiungente il bivio di Sturno-Frigento; infine una strada di categoria “C” per collegare la Stazione con l’uscita dell’autostrada, il raccordo della realizzanda super strada Lioni-Grottaminarda e il terminal Air. La presenza massiccia di infrastrutture (Ferrovia, Strada a scorrimento veloce Lioni-Grottaminarda, variante esterna di Grotta già realizzata), aumenta la possibilità che imprenditori italiani ed europei possano investire sul territorio, il che auspicabilmente significa maggior crescita occupazionale e quindi opportunità per i tanti senza lavoro del territorio”.

La stazione dell’Alta capacità Hirpinia, sul confine tra Ariano Irpino e Grottaminarda

Poi ci sono i servizi: scuole, trasporti e sanità, che rappresentano un elevato potenziale inespresso della provincia, che stentano ad essere considerati come business core per imprese culturali e indotto. Chi dovrebbe sollecitare interventi e politiche innovative rispetto a questi comparti?

“Questo è un capitolo molto delicato sul quale la SVIMEZ ha effettuato numerosi studi e riflessioni. Quando parliamo di Diritti di Cittadinanza ci riferiamo a quegli interventi che rimuovano elementi fondamentali che sono alla base della povertà, non solo economica e sociale, ma anche educativa, e, soprattutto, minorile. La verità è che la qualità dei servizi di accompagnamento e sociali nel Mezzogiorno è una drammatica emergenza su cui intervenire, che non può essere risolta esclusivamente con un sussidio di carattere monetario, quale il Reddito di Cittadinanza, pur utile, sia chiaro, ma non sufficiente. E’ sotto gli occhi di tutti il progressivo indebolimento delle infrastrutture sociali nel Mezzogiorno. Prendiamo il caso, eclatante, della sanità: ci sono stati, è vero, progressi che hanno consentito a molte Regioni di uscire fuori dalla griglia degli inadempienti in termini di livelli essenziali di assistenza, ma è altresì evidente che il Sud parte sempre dai livelli più bassi. La ripresa delle migrazioni sanitarie da Sud verso Nord non è altro che la fotografia di questo rincorsa perenne. E che dire dei tassi di scolarizzazione? Dopo la crisi si è inceppato il percorso di riduzione di convergenza delle due aree del Paese nella scolarizzazione complessiva: due dati per tutti. Primo, l’offerta di asili nido e di servizi per l’infanzia per i bambini da 0 a 2 anni registra un divario dal 5% del Mezzogiorno al 17-18% al Centro-Nord. Ciò incide sul tasso di occupazione femminile, ma anche sulla qualità delle competenze acquisite dai ragazzi successivamente. Secondo, il tempo pieno nelle scuole primarie: abbiamo ancora livelli, in alcune regioni del Mezzogiorno, di quota di studenti cui viene offerta una frequenza a tempo pieno che è appena del 7% in Sicilia, contro una media di oltre il 45%, in alcune regioni del Centro-Nord, anche oltre il 50%”.

La digitalizzazione dei processi industriali appare inarrestabile in ogni settore, dalla fabbrica alla pubblica amministrazione

Quanto potrebbe migliorare la qualità della vita se si orientassero gli investimenti nella digitalizzazione dei servizi e nell’adeguamento delle infrastrutture digitali?

“Tantissimo. Il Mezzogiorno ha bisogno di tante cose, ma anzitutto, di fondate prospettive di lavoro per i suoi giovani e in particolare per i giovani talenti con elevati livelli formativi. Questa è la priorità assoluta per una nuova speranza e un futuro, ridando fiducia all’università, oltre che ai giovani e alle loro famiglie. I laureati oggi sono l’emblema della nuova emigrazione, che sta privando il Sud di una delle principali risorse strategiche, provocando un pesante danno sociale ed economico, destinato a incidere a lungo in modo determinante sulle sue possibilità di riscatto. L’industria cui guardare è l’industria dell’era della conoscenza, fondata sul capitale immateriale, costituito dal capitale umano (talenti) e dal capitale intellettuale (idee innovative). E’ questa l’espressione emblematica del modello di capitalismo imprenditoriale, alimentato da startup e PMI innovative, che è a base della nuova industria con rilevanti forze innovatrici. Questo modello si sta affermando in campo internazionale, assicurando un elevata capacità di crescita dell’economia e dell’occupazione ai Paesi più dinamici, con il sostegno di investitori internazionali. E’ ciò che più serve oggi al nostro Mezzogiorno”.

Luca Bianchi, economista, Direttore della Svimez

L’Irpinia è un realtà territoriale connotata da importanti risorse storiche, artistiche e monumentali, con una particolare attitudine al settore dell’agroalimentare, del tessile, dell’artigianato che però stentano a legarsi e a caratterizzare l’offerta turistica competitiva alla fascia costiera. Dove è necessario intervenire?

“Come spesso accade anche in altri settori, anche nel campo dell’arte, della cultura e del turismo si registra un preoccupante divario tra Nord e Sud. Se, infatti, le Regioni del Nord e del Centro registrano livelli di spesa molto più elevati della media, al Sud accade invece l’opposto. Infatti, ai 155 euro mensili pro capite spesi al Nord, ne corrispondono 137,9 al Centro e neppure 92 al Sud. Eppure, investimenti integrati in cultura e innovazione al Sud potrebbero determinare, se si raggiungesse la stessa quota presente nelle regioni del Centro-Nord, una crescita dell’occupazione di circa 200 mila unità, di cui circa 90 mila laureati. Ecco perché dobbiamo ricostruire una politica nazionale che colmi questi divari”.


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