Popolari, Del Giudice: al Comune di Avellino un nuovo progetto politico di centrosinistra

Il coordinatore provinciale dei Popolari riflette sulla necessità di mettere in campo, a tutti i livelli, una coalizione che sappia recuperare il ruolo della rappresentanza politica e costruire un'alternativa a Lega e M5S. "Alla crisi delle istituzioni e alle richieste di autonomia differenziata delle Regioni, bisogna rispondere con un nuovo protagonismo delle comunità locali".

Il palazzo degli uffici, sede della amministrazione comunale, vista da via San Leonardo

«Va ricostruita una coalizione di centrosinistra che sappia dare senso e contenuto ad un nuovo progetto politico ed amministrativo. Alla crisi delle istituzioni bisogna rispondere con un nuovo protagonismo delle comunità, più che con un’ipotesi di autonomia differenziata delle Regioni». A sostenerlo è Giuseppe Del Giudice, coordinatore provinciale dei Popolari.

Come si organizzeranno i Popolari per le prossime amministrative?

«Saremo presenti in quasi tutti i Comuni al voto, avendo una diffusa presenza istituzionale sul territorio. Dove ci sono sindaci uscenti saranno confermati. Il nostro obiettivo però è costruire un progetto politico. I primi cittadini dimostrano grande coraggio nell’impegnarsi oggi nella pubblica amministrazione, ma purtroppo alle Politiche non sono più in grado di determinare un voto di opinione nelle loro comunità locali. La consultazione del 4 marzo 2017 è stata, in questo senso, una cesura. Si rischia, quindi, al di là del dato amministrativo, di trasformare le elezioni in gestione del potere fine a se stessa».

Il coordinatore provinciale dell’Area Popolare, Giuseppe Del Giudice

Come se ne esce da questa situazione?

«E’ necessario ricostruire un’aggregazione politica alternativa alle destre, rappresentate dalla Lega e dal Movimento Cinque Stelle. Dopo l’esperienza del governo gialloverde, sta crescendo il senso di delusione nell’elettorato che sperava in un cambiamento ed invece non ha trovato riscontri. I grillini non sono riusciti ad andare oltre la protesta, dimostrandosi incapaci nel risolvere i problemi. Il voto in Abruzzo ci segnala una ripresa della coalizione di centrodestra, a trazione Lega. Dobbiamo quindi organizzare una coalizione di centrosinistra, in cui trovi spazio l’area popolare».

Forza Italia intende presentarsi alle europee sotto il simbolo del Ppe. Ritiene che possa esserci un’interlocuzione con gli ambienti moderati berlusconiani e del centrodestra, che non condividono il disegno della Lega? (Leggi l’articolo)

«Quello che stanno cercando di costruire non è affatto un polo popolare. Forza Italia è e resta il partito azienda di Berlusconi. La sua esperienza è alle origini del fenomeno populista che oggi dilaga in Italia, con la vittoria del 1994. Non possono, quindi, essere nostri interlocutori. Nel tempo Fi ha liquidato tutti i suoi alleati, da An all’Udc, che poi si è andato a vendere per qualche seggio in Parlamento».

Che cosa proponete?

«Dobbiamo lavorare ad un progetto politico che possa aprire una nuova prospettiva nel Paese e sui territori, con una presenza attiva dei cattolici. Da più parti giungono segnali di ripresa dell’impegno del mondo cattolico, sollecitati anche dalla stessa Chiesa».

E’ questo lo schema che proverete a mettere in campo ad Avellino?

«Le elezioni amministrative in città consentono di dare un’impronta più politica alla consultazione. Mentre altri, dopo aver vissuto esperienze nei partiti, rivestendo anche ruoli di gestione negli enti, si ripropongono indossando la casacca del civismo, noi riteniamo centrale il recupero della dimensione politica, nel rapporto con i cittadini e con la cosa pubblica. E’ necessario quindi un confronto con il Pd e con gli altri partiti, per costruire una strategia di rilancio del capoluogo».

Quali dovrebbero essere i tratti salienti del progetto?

«Bisogna coinvolgere tutte le intelligenze e le energie del territorio, a cominciare da chi in questi anni è stato messo nell’angolo dalla politica. Non possiamo assistere alle autocandidature che non tengono conto delle dinamiche della Città. Va costruito un nuovo spazio di confronto. Il mondo della cultura e le forze sociali debbono aiutarci a costruire un processo di governo della comunità locale. Il sistema istituzionale è in crisi e la stessa democrazia rappresentativa in difficoltà. Occorrono nuovi strumenti. Su questo tema siamo pronti a dire la nostra».

A cosa si riferisce?

«Abbiamo presentato in Regione un disegno di legge sulle imprese di comunità, a firma del nostro capogruppo Maria Ricchiuti. Una proposta per dare risposte non solo economiche e sociali al territorio, ma anche di recupero del ruolo della politica. L’11 marzo organizzeremo un’iniziativa pubblica ad Avellino, che poi sarà riproposta anche negli altri capoluoghi campani, per parlare di questo nuovo strumento. Il 27 febbraio, invece, a Napoli ci sarà un confronto tra Ciriaco De Mita ed il presidente della giunta regionale, Vincenzo De Luca, sulle autonomie e sul futuro delle Regioni».

Che ne pensa della cosiddetta autonomia differenziata proposta da alcune Regioni del Nord, Lombardia e Veneto, governate dalla Lega, e ripresa anche dall’Emilia Romagna?

«Le Regioni, così come erano state concepite, sono ormai fallite, perché in realtà non si sono attenute ai loro compiti statutari. Da enti di programmazione sono diventati centri di gestione, offuscando il ruolo delle amministrazioni locali. Si è quindi determinato un pretenzioso e presuntuoso “fai da te”, come il caso della Lombardia dimostra, in cui emerge la volontà di concentrazione dei poteri in un’unica istituzione. Un disegno al quale si è opposto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, intuendo che l’autonomismo differenziato rischia di sottrarre competenze ai Comuni, annullandone l’azione».

Come andrebbe gestita la situazione?

«Serve una razionalizzazione degli enti, che tenga conto delle esigenze dei cittadini e li riavvicini alla politica. I centri decisionali sono sempre più lontani. I destini di un territorio si determinano nelle istituzioni dell’Unione europea o nelle Regioni, senza che si abbia l’esatta percezione dei bisogni. Va quindi recuperato un protagonismo delle comunità e delle loro dirette rappresentanze».


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