Franco Russo

«Siamo alle solite: c’è una corsa alle tessere, ma mancano verifiche serie. In questo modo il Pd perde credibilità ed allontana chi crede disinteressatamente al progetto politico. Per voltare pagina, c’è bisogno di coraggio». Franco Russo, già consigliere comunale di Avellino e segretario del circolo “Libertà è partecipazione”, non nasconde la propria amarezza per il clima pesante che si continua a respirare a Via Tagliamento, in vista del congresso nazionale del partito e delle prossime scadenze elettorali.

Pensa che il confronto interno, avviato con le convenzioni dei circoli, sia stato in qualche modo alterato?

«Si sono registrati episodi poco chiari, che avrebbero dovuto attirare l’attenzione di chi guida il partito e degli organismi deputati a controllare il corretto svolgimento dei passaggi congressuali. Ma così non è stato. I problemi però non nascono oggi».

In particolare, a cosa si riferisce?

«Per cominciare al dato del tesseramento. C’è un circolo in città, che da solo ha 1.100 iscritti, cioè un quarto dell’intero partito. Le tessere sono state riconfermate in pochi giorni e alla convenzione hanno partecipato oltre 600 persone. Fuori dalla sede in cui si è svolta l’assemblea si saranno viste code interminabili. Ma stranamente all’indirizzo comunicato al partito non c’era nulla. E’ stato infatti presentato un ricorso. Evidentemente però è caduto nel vuoto. La segreteria e la commissione per il congresso ritengono che vada bene così? Ad altri circoli, invece, sono stati creati incredibili problemi burocratici. Una disparità di trattamento». (Leggi l’articolo)

Che cosa chiede?

«Il rispetto delle regole da parte di tutti e maggiore trasparenza. I giochetti che vediamo ad ogni scadenza delicata, in cui sono in discussione gli equilibri interni al partito o le candidature, sono diventati noiosi, oltre che inaccettabili. Ma c’è di più».

Dica pure…

«C’è chi lavora contro il partito, senza che si levi una voce. Penso a chi pur essendo un iscritto ed un dirigente del Pd, continua a tenere un piede dentro ed uno fuori, in base alle convenienze del momento. Perché si consente tutto ciò? Si creano fronde che sostengono liste e candidati avversari, preparando il terreno alle sconfitte elettorali del Pd, come è successo alla Provincia. Ma nonostante ciò non si interviene».

Secondo lei perché gli organi dirigenti restano a guardare?

«Credo sia un problema di leadership, di convenienze, di mancanza di autonomia nelle scelte. Sono troppi i condizionamenti ed i vincoli. Anche chi riveste incarichi istituzionali di rilievo ed ha un ruolo riconosciuto nel partito, comunque, non prende posizione. Probabilmente perché si preferisce avere un partito debole, fragile, perché è più facilmente controllabile e manipolabile. Forse c’è persino il timore che crescano nuove figure, in grado di soppiantare chi ha una posizione consolidata».

In una simile condizione, che prospettive di ripresa ci sono?

«I risultati non arrivano per caso. E’ evidente che così non si può andare avanti. Ma ho qualche speranza per il futuro. Nicola Zingaretti può oggettivamente cambiare le cose. Innanzitutto perché ha un progetto credibile e poi perché conosce bene il partito, le sue potenzialità, i limiti, le criticità e dice chiaramente ciò che pensa. E’ una persona dai modi umili. Il contrario dell’uomo di potere. Ha insomma le carte in regola per diventare il segretario e avviare una fase di rinnovamento e di rilancio del partito. Ma ovviamente questo sarà un processo collettivo. Il partito lo si costruisce tutti insieme. Basta con i personalismi esasperati. Il renzismo è ormai archiviato».

Che cosa farà il Pd alle prossime amministrative in Città?

«Ora più che mai dobbiamo presentare una lista di partito. Non possiamo dare spazio a realtà civiche nate per opportunismo. L’orizzonte politico è e resta il centrosinistra. Le alleanze si determinano attraverso la condivisione del programma e della visione strategica, assumendo l’impegno ad agire con lealtà. Dobbiamo però aprirci alla società civile e scegliere un candidato sindaco autorevole».


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