Pd, Ermini liquidatore
da Genova ad Avellino

Primarie e segretario, le spine dei Democratici Il cammino accidentato
del commissario di Renzi in Irpinia, ora aspirante candidato

Ospite del Consiglio dell’ordine forense capitolino, nel corso del confronto tra i rappresentanti degli schieramenti opposti sui programmi elettorali, nei giorni scorsi ha difeso a Roma le riforme in materia di giustizia, chiedendo un voto per salvarne l’operatività nei prossimi anni. Sui giornali ha espresso rammarico per la scelta dell’amico Matteo Renzi, che ha rimunciato ad autoproclamarsi candidato unico alla premiership. Ma da alcuni giorni i problemi del deputato David Ermini sono altri e di minor rilievo nazionale. Deve combattere contro il probabile addio al collegio nel Mugello, in favore di uno degli alleati, il Vice Ministro socialista Riccardo Nencini. Una circostanza non del tutto scomoda, visto che il premio di consolazione sarebbe un posto blindato nel proporzionale.

La torre dell’orologio, simbolo medievale della città di Avellino

Il problema è che la candidatura per lui potrebbe arrivare proprio in quell’Irpinia dove fioccano critiche diffuse contro il suo operato da commissario provinciale del partito, annunci di ricorsi contro i congressi di circolo, accuse di irresponsabilità e superficialità nella gestione di tesseramento, congresso e organizzazione della sua squadra, ma anche nemmeno troppo velate insinuazioni sul dopo voto. Tra queste, in molti leggono nelle sue estemporanee scelte, provvedimenti e decisioni un ventaglio di azioni ponderate e coordinate, dirette a spianare la strada di piazza del Popolo ad uno dei tanti aspiranti a fare il sindaco al posto di Paolo Foti. Il risultato è che sale il malcontento tra amministratori locali, dirigenti di partito e sostenitori. Il clima non è dei migliori, mentre cresce il pessimismo sul futuro del partito in un territorio fino ad ora amico. Una sensazione nota a questo delegato della segreteria nazionale in epoca recente. Il responsabile del settore giustizia del Pd è stato commissario del partito in Liguria dal 31 luglio 2015 al 18 marzo dello scorso anno, contribuendo da maggior dirigente politico alle sconfitte storiche senza precedenti del centrosinistra alle regionali del 31 maggio 2015 e lo scorso anno al Comune di Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, maturata dopo poche settimane dal suo avvicendamento con l’eletto segretario Vito Vattuone.

Uno scorcio di Boccadasse, quartiere storico di Genova

È uscito di scena dopo aver portato il Pd ligure al minimo storico, giusto in tempo per sottrarsi alle interviste post voto, ma non alle responsabilità che gli sono derivate per l’avanzata della Destra in tutti i capoluoghi di un territorio fino ad allora considerato rosso, un fatto senza precedenti. Premesse allarmanti per gli esponenti locali di quello che fino ad ora è stato il primo partito della città. Lontano dalla gente, ma persino da via Tagliamento, la struttura commissariale dei Dem non appare in questo momento in grado di motivare quella mobilitazione che una campagna elettorale per le amministrative in un capoluogo richiederebbe, né di poter garantire serenità e agibilità allo svolgimento di primarie all’altezza del compito. Eppure, “si continuano ad ordinare canzoni al pianista sul ponte del Titanic che affonda”, ripetono in questi giorni alcuni giovani militanti cittadini, citando la frase famosa di un film celebre in altri tempi, alludendo alla soavitá con la quale il partito è lasciato in balia degli eventi, con buona pace dei livelli istituzionali nazionali.

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