Guerra dell’uva da vino a Candriano, solo metà raccolto richiesto dal mercato. Protestano i viticoltori

IL SINDACO DI TORELLA DEI LOMBARDI PROPONE UNA BORSA PERMANENTE DELL'UVA. Amado Delli Gatti chiede il riequilibrio dei rapporti fra produttori e grandi cantine che hanno monopolizzato il mercato altirpino. "Gli agricoltori pagano il prezzo più alto della battaglia commerciale innescata con il blocco delle vendite, ma la filiera va rivista"

Vigneti d'Irpinia

Guerra dell’uva da vino a Candriano, nell’areale al confine fra Castelfranci, Paternopoli e Torella dei Lombardi. I viticoltori buttano a terra il raccolto delle vigne, rinunciando alla metà della produzione vinicola del prossimo ottobre. Così è stato suggerito da quelle che il sindaco di Torella dei Lombardi Amado Delli Gatti definisce le “major” irpine che acquistano uve dall’areale ubicato al confine fra Castelfranci, Paternopoli e Torella. Produrre meno ma alzare la qualità dell’uva è l’obiettivo annunciato dalle grandi cantine, che hanno chiesto ai produttori di rinunciare alla metà del raccolto mantenendo invariato il prezzo delle uve. Così mentre incrementa la qualità del vino e lievita il prezzo dell’etichetta, i produttori vedono dimezzare i loro guadagni. La questione è stata sollevata da tanti piccoli produttori al presidente della commissione regionale all’agricoltura Maurizio Petracca, candidato alla prossima competizione elettorale. “La qualità del vino prodotto è ormai indiscussa, e le major del vino irpino hanno sottratto quote di mercato a compratori che arrivavano dalla Puglia e dal Salernitano, conquistando il monopolio, ma è necessario un tavolo istituzionale di contrattazione che tuteli gli interessi dei produttori” annuncia Delli Gatti.

Il Sindaco di Torella dei Lombardi, Delli Gatti

GUERRA DELL’UVA DA VINO A CANDRIANO, DOVE L’AREALE CONTINUA A CRESCERE. LE CIFRE. Quest’anno le “grandi cantine hanno consigliato la ‘potatura verde’ per non produrre più di 60 quintali per ettaro: questo significa che oltre la metà della produzione annuale verrà buttata a terra, e che il prezzo dell’uva prodotta resta invariato rispetto all’anno scorso”. Stando al disciplinare del Doc, l’areale di Candriano produce in media fra i 120 e i 130 quintali di uve e la riduzione della produzione obbliga i produttori ad adeguarsi al guadagno imposto. Pur avendo valutato la possibilità di vendere le uve ad altra major, l’ipotesi è naufragata. “I produttori già vivono tante difficoltà e hanno dovuto subire l’imposizione di chi compra. La sola contrada di San Vito a Torella lo scorso anno ha venduto 2mila e 200 quintali di uve alle major e l’areale del Candriano sta crescendo a dismisura di valore, tanto che diverse aziende stanno acquistando terreni per piantare i vigneti con investimenti ingenti. Anche se l’azienda ‘consiglia’ e non impone, non è possibile divincolarsi in quanto il produttore si rapporta con un unico compratore”.

Uve

LA PROPOSTA: UNA BORSA VALORI DELLE UVE. Sebbene la trattativa resti nelle mani di privati, l’amministrazione comunale propone l’allestimento di un borsa pubblica delle uve, per supportare tutti i piccoli produttori e riequilibrare i rapporti fra agricoltura e cantina di trasformazione. “Chiediamo l’attivazione di un tavolo di concertazione, composto da enti locali, Consorzio di Tutela e sigle sindacali in quanto l’agricoltura è uno dei comparti che assorbe più risorse del bilancio regionale e offre tante possibilità in tema di promozione e valorizzazione, da cui però i produttori sono esclusi” denuncia il sindaco. “Non si contesta il rapporto fra produttore e major, ma si chiede la possibilità di creare una borsa permanente che consenta la vendita delle uve anche ad altri compratori. I piccoli produttori in questo momento stanno pagando lo scotto della crisi commerciale innescata dalla pandemia, che ha visto tante cantine accumulare bottiglie di vino, a causa della chiusura dei ristoranti”. Ad oggi infatti, si preannuncia una battaglia sulle Docg, che a causa dell’invenduto, potrebbe abbattere il prezzo di vendita, oppure congelare le vendite fino al prossimo anno. “I piccoli produttori non hanno vie di scampo: per restare sul mercato sono costretti a vendere alle grandi aziende che detengono il monopolio del prodotto, sia sulla trasformazione che sulle vendite, azzerando di fatto le specificità territoriali e la tipicità delle produzioni. Per questo è necessario prevedere una diversificazione dei finanziamenti nella prossima agenda europea e pensare ad altre filiere che possano incrementare l’economia locale” conclude.


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