Il libro della grammatica interiore di David Grossman

Il libro di David Grossman racconta una vicenda intensa e appassionante, il cui stile di scrittura è incalzante e quasi del tutto privo di punteggiatura per mostrare l'irruenza dei pensieri e delle azioni del protagonista

Recensione di Ilde Rampino

Una vicenda intensa e appassionante, il cui stile di scrittura è incalzante e quasi del tutto privo di punteggiatura per mostrare l’irruenza dei pensieri e delle azioni del protagonista. Aaron è un bambino particolare, che ha delle capacità diverse dagli altri, egli si sentiva “egli stesso un errore”, riesce a sentire il tempo e le vicende che avvengono intorno a lui, come attraverso una lente di ingrandimento. Avverte profondamente la difficoltà di crescere e di diventare adulti e osserva i suoi coetanei, immaginando gli adulti che saranno, creando un “frangersi dell’anima attraverso le immagini che riesce a vedere dietro la vita delle persone”.
L’infanzia di Aaron, a dodici anni è come se si fosse cristallizzata in un punto evanescente, non riesce a crescere e la sua statura molto bassa ne fa la vittima degli scherzi, a volte anche velati da minacce, dei suoi compagni di classe, che lo escludono, perchè non è in grado di giocare come loro. Egli si è costruito una propria realtà, in cui percepisce un mondo fatto di immagini, di formule, di strani giochetti, di carte a cui da un volto o corpi immaginari. Il momento della sua crescita, il ”bar mitzwah” è avvertito come uno scopo, una sorta di preparazione per un cambiamento, che in fondo non ci sarà, ma che porrà in essere tutti gli elementi di tradizione, come le “pulizie di fino” che coinvolgeranno le donne di casa: sua madre, sua sorella e la nonna. Queste figure sono tratteggiate in modo molto accurato dall’autore, viste attraverso la lente particolare di Aaron. Il contrasto tra la mamma e la nonna, il prendersi cura in modo ossessivo, inframmezzato da momenti di vergogna, di rifiuto e di abbandono. La figura di questa nonna, che ha alle spalle una giovinezza spregiudicata, di cui vorrebbe mettere al corrente i suoi nipoti e rivelare i suoi segreti, ma ne è impedita dalla nuora, che poi la manderà via; questa “ nonna bambina”, a cui Aaron è molto legato, anche perchè la sente simile a lui, che vaga in un suo mondo immaginario. Tutti la disprezzano, ma Aaron è il solo che realmente si prende cura di lei, che va in ospedale a trovarla e fa giochi di magia e alla fine la nonna gli lascia in eredità “un filo dorato “ che rappresenta forse il legame tra i fili spezzati del loro mondo.
Aaron inizia ad avere pulsioni sessuali e in un primo tempo il suo sentimento di ammirazione per Edna, la loro vicina di casa, ha qualcosa di immaginifico: spesso entrava a casa sua e toccava le sue cose, come per prendere in un certo senso possesso del suo mondo che non conosce. E sarà proprio quella donna che creerà una frattura insanabile nella loro famiglia. Le mani di suo padre Moshe, un “gigante” che curano da sempre l’albero di fico nel cortile del loro condominio e stringono la madre in abbracci che Aaron considera peccaminosi, cominciano ad abbattere i muri della casa di Edna, rompendo gli equilibri, e mostrando alla donna il suo corpo accaldato nella fatica del lavoro. La madre del ragazzo, che si era sempre presa cura del marito, procurandogli un nuovo lavoro e facendolo rinunciare al panificio che tanto amava, nasconde a tutti la propria umiliazione, che solo il figlio avverte profondamente. Sintomatica è l’immagine del muro abbattuto, mentre allo sguardo della madre di Aaron appare il quadro “Guernica”, simbolo di una distruzione insensata, ma inevitabile. Quelle stesse mani del padre si rivelano diverse, riacquistando dolcezza e amore quando Aaron si innamora improvvisamente di Yaeli e gli chiede di preparare una torta che rappresenti la sua immagine. Non riesce a vivere pienamente il sentimento nuovo e profondo che prova per lei, che aveva trasformato tutto ciò che era prima, cominciando a guarire dal suo sentirsi diverso. Si confida con l’amico del cuore, Ghideon, che inizia un rapporto strano con lei, fatto di litigate e di brusche rappacificazioni, ma poi partono insieme. E Aaron si sente come se ”le parole dentro di lui fossero diventate nella sua solitudine, così interiori, in una grammatica tortuosa”. Egli ripercorre i luoghi in cui avevano vissuto il loro rapporto, scappa cercandola, anche se sa che non la troverà, vorrebbe dimenticare se stesso per cinque minuti. La folla che balla gli rimanda il ricordo di lei e della sua leggerezza, non trova requie al suo dolore, aspettando sempre una risposta da Ghideon, che forse non arriverà mai.

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