L’Autostazione di Avellino è in un ‘non luogo’ urbano da trasformare

PER UN CENTRO DI AGGREGAZIONE NEL CUORE INVOLUTO DELLA CITTÀ. La riflessione di Domenico Romeo, architetto per anni impegnato negli uffici tecnici comunali

L’Autostazione di Avellino è in un ‘non luogo’ urbano da trasformare, per rendere compiuto ed equilibrato un ambito cittadino privo di forma compiuta. La riflessione è di Domenico Romeo, architetto per anni impegnato negli uffici tecnici comunali. Di seguito il testo.

L’Autostazione di Avellino è in un ‘non luogo’ urbano da trasformare

RIFLESSIONI PER LA TRASFORMAZIONE DI UN NON-LUOGO URBANO AD UN CENTRO DI AGGREGAZIONE

di Domenico Romeo | Architetto

Da pochi mesi è stata finalmente aperta l’autostazione della città di Avellino, un edificio polifunzionale destinato principalmente ad essere lo stazionamento dei mezzi di trasporto pubblico su ruote che collegano il capoluogo irpino con il resto della regione: paesi dell’Irpinia e centri urbani regionali di rilievo come Napoli, Benevento, Afragola. L’attesa è durata davvero tanto se si pensa che l’opera immaginata nel piano regolatore generale dall’arch. M. Petrignani negli anni settanta, ha atteso oltre quaranta anni di gestazione per vedere finalmente la luce.
Un’opera che per la sua importanza è destinata a cambiare l’assetto del capoluogo irpino e addirittura le abitudini dei cittadini della provincia che se ne avvalgono, eppure sembra che la questione non sia argomento di interesse pubblico, anzi l’evento ha finito con il cadere nel mezzo della città come un astro caduto dal cielo in un’epoca priva di satelliti.
Di recente l’apertura di uno spazio per la ristorazione realizzato all’interno della struttura, legato ad un noto marchio internazionale, ha finito con il mettere in evidenza, anche per i meno attenti alle dinamiche urbanistiche e paesaggistiche del territorio, le evidenti contraddizioni che questo grande complesso, dall’importanza strategica, si porta con sé. In effetti sono apparse ancora più evidenti quelle criticità non risolte in fase di progettazione, e ancora meno approfondite in fase di realizzazione, che hanno a che fare con l’accessibilità mobile e pedonale al complesso, la definizione degli spazi per l’attesa. Ancora meno integrato appare l’inserimento del complesso nello spazio cittadino, al punto tale da rendere le due parti: spazio cittadino e complesso autostazione, due entità estranee e in qualche modo in conflitto.
In mezzo a questo caos urbano i luoghi della convivialità si mescolano con i luoghi dell’attesa degli autobus cittadini, le aree destinate alla circolazione dei mezzi pubblici sono completamente invase dagli autoveicoli privati, l’assenza di un’adeguata cartellonistica impedisce di trovare con facilità le destinazioni da raggiungere. L’esito di questa condizione è un perenne conflitto tra i diversi soggetti che a vario titolo fruiscono del bene: il viaggiatore, l’autista dei mezzi pubblici, l’accompagnatore del viaggiatore, il ragazzino che vorrebbe passare qualche ora di relax al noto punto di distribuzione. L’incolumità del cittadino che intende frequentare la struttura è messa seriamente a rischio. A ciò si aggiunga che ogni indicazione per un parcheggio a servizio della struttura deve essere ricercato con gran cura prima di essere individuato.
Se il complesso è destinato ad implementare la presenza dei luoghi di aggregazione è facile immaginare che il caos sia destinato inevitabilmente ad aumentare.
L’aspetto, tuttavia, più desolante del complesso si manifesta all’uscita pedonale dell’edificio, quando sul lato sud dell’autostazione si presenta un non-luogo urbano, tipico di una periferia post-industriale ormai dismessa da decenni. Questa immagine di evidente caos urbano si manifesta al visitatore-viaggiatore che per curiosità-necessità si trova a passare per Avellino come difatti la prima vera immagine della città, eppure questo nuovo centro urbano dovrebbe avere la capacità di suscitare ben altre impressioni. L’importanza dello status del complesso urbano è tale che dovrebbe essere il primo punto all’ordine del giorno di un’amministrazione cittadina attenta, soprattutto quando la stessa è molto impegnata a rilanciare l’immagine della città, mentre l’assenza di almeno una pattuglia di vigili urbani restituisce il grado di considerazione che il luogo presenta nelle dinamiche cittadine.
Eppure, sarebbe necessario, in questa fase, fare ogni sforzo per qualificare questo nuovo centro urbano e connetterlo in maniera adeguata con la vicina via Colombo, cercando di incentivare e orientare la trasformazione dei lotti limotrofi attraverso i meccanismi più sofisticati e moderni dell’urbanistica e della pianificazione territoriale contemporanea. L’obiettivo prioritario dell’amministrazione dei prossimi anni dovrebbe essere quello di riqualificare interi isolati e creare le condizioni per offrire alla città di Avellino nuovi centri di aggregazione, moderni e funzionali, nonché migliorare la qualità dei servizi che rappresenta per le città del Mezzogiorno d’Italia la vera sfida su cui ogni amministratore dovrebbe misurarsi per evitare di far continuare a perdere alle proprie città, come purtroppo sistematicamente accade, fasce importanti di popolazione che preferiscono andare a vivere altrove.

Un’Avellino possibile

IL DISEGNO. Si riporta con questo schizzo, non solo un omaggio ad un grande architetto italiano, il prof. Aldo Rossi, che più di altri ha approfondito il tema della valorizzazione della città attraverso i suoi archetipi, capaci di essere il punto di congiunzione tra moderno e post-moderno, creando attraverso la perfezione delle geometrie un sofisticato punto di incontro tra innovazione e tradizione, ma anche un potenziale punto di partenza per una riflessione a tutto tondo che può essere fatta sulle trasformazioni possibili future della città di Avellino e soprattutto sugli obiettivi che tale intendimenti puntano a soddisfare.


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